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Mandato ad impugnare: la Cassazione e la Riforma

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11499/2024, ha confermato l’inammissibilità di un appello presentato senza lo specifico mandato ad impugnare richiesto dalla Riforma Cartabia per l’imputato giudicato in assenza. La Corte ha ribadito che tale requisito, che impone il rilascio del mandato dopo la sentenza, è finalizzato a garantire la partecipazione consapevole dell’imputato al processo, rendendo l’impugnazione una scelta personale e ponderata.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: La Cassazione Conferma la Stretta della Riforma Cartabia

La recente ordinanza della Corte di Cassazione ha gettato nuova luce su un aspetto cruciale della Riforma Cartabia: i requisiti per l’appello nei processi celebrati in assenza dell’imputato. La decisione sottolinea la necessità di uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza, a pena di inammissibilità. Questa pronuncia consolida un nuovo orientamento volto a garantire una partecipazione più consapevole e volontaria dell’imputato alle fasi successive del giudizio.

Il Caso: Un Appello Dichiarato Inammissibile

La vicenda trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Salerno per un reato contravvenzionale. Il processo di primo grado si era svolto in assenza dell’imputato. Successivamente, il suo difensore aveva proposto appello contro la sentenza di condanna.

La Corte di Appello di Salerno, tuttavia, ha dichiarato l’impugnazione inammissibile. Il motivo? La mancanza di un requisito formale introdotto dalla Riforma Cartabia: l’atto di appello non era accompagnato da uno specifico mandato rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza, né conteneva la dichiarazione o l’elezione di domicilio, come richiesto dall’art. 581, commi 1-ter e 1-quater del codice di procedura penale.

Contro questa decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo un’erronea applicazione della legge processuale.

Il Mandato ad Impugnare e la Riforma Cartabia

Il cuore della questione risiede nelle modifiche apportate dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (la c.d. Riforma Cartabia). L’art. 581, comma 1-quater c.p.p. stabilisce chiaramente che, nel caso di imputato processato in assenza, l’atto di impugnazione del difensore deve essere corredato, a pena di inammissibilità, da un mandato ad impugnare specifico. Questo mandato deve possedere due caratteristiche fondamentali:

1. Essere rilasciato dopo la pronuncia della sentenza: non è sufficiente il mandato generale conferito all’inizio del processo.
2. Contenere la dichiarazione o l’elezione di domicilio: ai fini delle notificazioni per il successivo grado di giudizio.

La logica di questa norma è quella di assicurare che l’impugnazione non sia una scelta quasi automatica del difensore, ma una decisione ponderata e personale dell’imputato, che dimostra così il suo interesse a proseguire nella contesa giudiziaria.

La Decisione della Corte di Cassazione: Le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato che l’intero sistema processuale delineato dalla Riforma Cartabia è permeato dall’esigenza di garantire una partecipazione “consapevole e volontaria” dell’imputato.

Secondo la Corte, l’impugnazione deve essere l’espressione di un interesse personale e attuale dell’imputato a contestare la sentenza, non una mera iniziativa del legale. Il requisito del mandato ad impugnare post-sentenza serve proprio a verificare questa volontà effettiva.

La Cassazione ha inoltre respinto le questioni di legittimità costituzionale, richiamando un precedente orientamento (Sez. 4, n. 43718/2023). La norma non è stata ritenuta manifestamente irragionevole, ma una scelta legislativa legittima, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da una reale e ponderata opzione della parte. L’ordinamento, d’altronde, prevede già correttivi come l’ampliamento dei termini per impugnare e l’istituto della restituzione nel termine per bilanciare questo rigore formale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Imputati e Difensori

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma del rigore procedurale introdotto dalla Riforma Cartabia. Per i difensori, diventa fondamentale, dopo una sentenza emessa in assenza del proprio assistito, contattarlo tempestivamente per ottenere uno specifico mandato ad impugnare, assicurandosi che sia datato posteriormente alla sentenza e che contenga l’elezione di domicilio. Per gli imputati, emerge la necessità di mantenere un contatto attivo con il proprio legale anche dopo la conclusione del primo grado, poiché la loro volontà di appellare deve essere manifestata in modo esplicito e formale. In assenza di questo adempimento, il diritto di impugnazione viene irrimediabilmente perso, con conseguente definitività della condanna e pagamento delle spese processuali.

Dopo un processo svoltosi in assenza, l’avvocato può appellare la sentenza autonomamente?
No. Secondo l’art. 581, comma 1-quater del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia, il difensore deve depositare, a pena di inammissibilità, uno specifico mandato ad impugnare che l’imputato deve rilasciare dopo la pronuncia della sentenza.

Qual è la finalità del mandato ad impugnare specifico richiesto dalla Riforma Cartabia?
La finalità è garantire che l’impugnazione sia espressione di una partecipazione consapevole, volontaria e personale dell’imputato al processo, e non una scelta quasi automatica del difensore. Si vuole verificare l’effettivo interesse dell’imputato a contestare la decisione.

Cosa accade se l’appello viene presentato senza il mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, la corte non può esaminare il merito della questione, la sentenza di primo grado diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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