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Mandato ad impugnare: la Cassazione conferma le regole

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 929/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato. L’appello era stato precedentemente dichiarato inammissibile per mancanza del nuovo e specifico mandato ad impugnare, introdotto dalla Riforma Cartabia per i processi in assenza. La Corte ha stabilito che questa norma è pienamente legittima dal punto di vista costituzionale e non lede il diritto di difesa, poiché il sistema prevede altri rimedi per tutelare chi non ha avuto effettiva conoscenza del processo.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: La Cassazione Conferma la Legittimità delle Nuove Regole

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 929 del 2024, ha affrontato una questione centrale introdotta dalla Riforma Cartabia: la necessità di un mandato ad impugnare specifico per l’imputato giudicato in assenza. La Corte ha rigettato le censure di incostituzionalità, confermando la piena validità della norma e chiarendo la sua funzione nel sistema processuale penale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una decisione della Corte di Appello di Torino, che aveva dichiarato inammissibile l’appello presentato da un imputato avverso una sentenza di primo grado. Il motivo dell’inammissibilità era puramente formale: la mancata presentazione di uno specifico mandato a impugnare, rilasciato dall’imputato al suo difensore dopo la pronuncia della sentenza. Questo requisito è stato introdotto dal D.Lgs. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia) all’articolo 581 del codice di procedura penale.

L’imputato, ritenendo questa nuova norma una violazione dei suoi diritti fondamentali, ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che tale requisito limitasse ingiustamente il diritto di difesa e violasse i principi del giusto processo sanciti dalla Costituzione (artt. 3, 24, 27 e 111).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla difesa come manifestamente infondate, confermando così la decisione della Corte di Appello. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le motivazioni: perché il mandato ad impugnare è legittimo

La Corte di Cassazione ha sviluppato un’articolata motivazione per spiegare perché la nuova normativa sia compatibile con i principi costituzionali. L’analisi dei giudici si è concentrata su due aspetti principali.

Il primo riguarda la ratio della norma. L’obbligo di un mandato specifico, rilasciato dopo la condanna, ha un chiaro intento deflattivo. Il suo scopo è assicurare che l’impugnazione sia una scelta consapevole dell’imputato, che è stato effettivamente messo a conoscenza dell’esistenza di una sentenza di condanna a suo carico. In questo modo, si evita che le impugnazioni vengano proposte in automatico dal difensore, magari all’insaputa dell’assistito, congestionando il sistema giudiziario.

Il secondo aspetto, cruciale, è che questa limitazione formale non lascia l’imputato privo di tutele. La Corte ha sottolineato che il legislatore ha bilanciato l’introduzione di questa causa di inammissibilità con il potenziamento di altri rimedi processuali. L’imputato che possa provare di non aver avuto conoscenza del processo per cause a lui non imputabili ha a disposizione diversi strumenti per far valere i propri diritti, tra cui:

* La restituzione nel termine: Un istituto che permette di essere riammessi a esercitare un diritto quando non è stato possibile farlo per caso fortuito o forza maggiore.
* Le nuove ipotesi di nullità: La riforma ha introdotto specifiche nullità da far valere in appello o in Cassazione.
* La rescissione del giudicato: Un rimedio straordinario per l’imputato assente che non ha avuto effettiva conoscenza del procedimento.

La Corte ha quindi concluso che il legislatore ha operato un bilanciamento ragionevole tra l’esigenza di efficienza del processo e la garanzia del diritto di difesa.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai chiaro: le nuove regole formali per le impugnazioni, in particolare il mandato ad impugnare per l’imputato assente, sono legittime e devono essere scrupolosamente osservate. Per i difensori, ciò significa che, in caso di processo in assenza, è fondamentale contattare il proprio assistito dopo la sentenza per ottenere il mandato specifico, a pena di inammissibilità dell’impugnazione. Per gli imputati, la sentenza ribadisce l’importanza di mantenere i contatti con il proprio legale e di essere informati sull’esito del processo. Sebbene il sistema offra tutele per chi è incolpevolmente ignaro, l’onere di attivarsi per esercitare i propri diritti rimane un pilastro del nostro ordinamento processuale.

È obbligatorio un mandato specifico per impugnare una sentenza emessa in assenza?
Sì, secondo l’art. 581, commi 1-ter e 1-quater del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia, l’atto di impugnazione per un imputato giudicato in assenza deve essere accompagnato, a pena di inammissibilità, da uno specifico mandato rilasciato dopo la pronuncia della sentenza.

La richiesta del mandato ad impugnare viola il diritto di difesa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questa norma non viola il diritto di difesa né altri principi costituzionali. Il legislatore ha il potere di stabilire i requisiti di forma per gli atti processuali e, in questo caso, ha bilanciato il requisito con altri rimedi (come la restituzione nel termine o la rescissione del giudicato) che tutelano l’imputato che non abbia avuto incolpevolmente conoscenza del processo.

Cosa può fare un imputato se non era a conoscenza del processo e della condanna?
Il sistema processuale prevede diversi rimedi. L’imputato che fornisce la prova di non aver avuto conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione senza sua colpa può chiedere la restituzione nel termine. Inoltre, esistono istituti come la rescissione del giudicato, specificamente pensati per l’ipotesi di erronea dichiarazione di assenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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