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Mandato ad impugnare: domicilio e inammissibilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15904/2025, ha confermato l’inammissibilità di un appello a causa di un mandato ad impugnare difettoso. Il caso riguardava un imputato condannato per bancarotta fraudolenta e giudicato in assenza. Il mandato presentato dal difensore non conteneva la necessaria elezione di domicilio, un requisito formale previsto a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. La Corte ha ribadito che, per l’imputato assente, tale dichiarazione deve essere specifica e contestuale all’impugnazione, respingendo il ricorso.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: perché l’elezione di domicilio è cruciale

Nel processo penale, la forma è sostanza. Un dettaglio apparentemente minore può determinare il destino di un’impugnazione, come dimostra la recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 5 Penale, n. 15904 del 2025. La pronuncia ribadisce l’importanza dei requisiti formali del mandato ad impugnare, specialmente nei casi in cui l’imputato sia stato giudicato in assenza. La mancanza della dichiarazione o elezione di domicilio all’interno del mandato ha portato alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello, confermando una linea giurisprudenziale rigorosa a tutela delle corrette procedure.

I Fatti del Caso

Un imputato veniva condannato dal Tribunale di Catania per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. Il suo difensore presentava appello avverso la sentenza di primo grado. Tuttavia, la Corte di Appello di Catania dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione risiedeva in un vizio formale: all’atto di appello era allegato un mandato ad impugnare che, pur essendo specifico, non conteneva la necessaria dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell’imputato, un requisito previsto dall’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale.

Contro questa ordinanza, il difensore proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo un’errata interpretazione della norma. A suo avviso, la disposizione applicabile avrebbe dovuto essere il comma 1-ter dello stesso articolo, e che, in ogni caso, l’elezione di domicilio risultava già dagli atti del procedimento di primo grado.

La Disciplina del mandato ad impugnare per l’imputato assente

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo un’importante chiarificazione sul quadro normativo introdotto dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022). La sentenza distingue nettamente due situazioni:

1. Processo in presenza (art. 581, co. 1-ter c.p.p.): Per le impugnazioni delle parti private, era richiesta una dichiarazione o elezione di domicilio. Questa norma ha generato contrasti interpretativi, poi risolti dalle Sezioni Unite.
2. Processo in assenza (art. 581, co. 1-quater c.p.p.): Nel caso di imputato giudicato in assenza, la legge imponeva che il difensore (di fiducia o d’ufficio) depositasse, a pena di inammissibilità, uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la sentenza, contenente la dichiarazione o elezione di domicilio per la notifica del decreto di citazione a giudizio in appello.

La Corte ha precisato che il caso in esame ricadeva inequivocabilmente nella seconda ipotesi, poiché l’imputato era stato giudicato “assente”.

Le Motivazioni della Sentenza

Il fulcro della decisione della Cassazione risiede nell’applicazione del principio tempus regit actum. L’appello era stato proposto prima del 25 agosto 2024, data di entrata in vigore delle modifiche apportate dalla L. 114/2024. Pertanto, la norma applicabile era il testo dell’art. 581, comma 1-quater, c.p.p. nella sua versione originaria post-Cartabia.

Questa norma, secondo la Corte, è testualmente chiara e non ha mai generato i contrasti interpretativi sorti per il comma 1-ter. Essa impone un doppio requisito per l’imputato assente:

* Un mandato specifico, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza da impugnare.
* La contestuale dichiarazione o elezione di domicilio all’interno dello stesso mandato.

Nel caso specifico, il mandato allegato all’appello lasciava in bianco la sezione relativa all’elezione di domicilio. Di conseguenza, mancava un requisito essenziale previsto dalla legge a pena di inammissibilità. La giurisprudenza di legittimità, citata nella sentenza, è unanime nel ritenere che questi adempimenti debbano essere successivi alla sentenza e contestuali all’impugnazione.

La Corte ha quindi concluso che la declaratoria di inammissibilità pronunciata dalla Corte d’appello era corretta, poiché il mandato, pur presente, era formalmente incompleto.

Le Conclusioni

Questa sentenza sottolinea l’importanza cruciale del rispetto dei requisiti formali nell’atto di impugnazione. Per i difensori, è fondamentale prestare la massima attenzione nella redazione del mandato ad impugnare per un imputato assente, assicurandosi che contenga non solo la volontà di impugnare, ma anche una chiara ed esplicita elezione di domicilio successiva alla sentenza. L’omissione di questo elemento, come dimostra il caso, non è una mera irregolarità, ma un vizio insanabile che preclude l’accesso al giudizio di merito, con gravi conseguenze per i diritti della difesa.

Quali sono i requisiti formali del mandato ad impugnare per un imputato assente secondo la norma applicata nel caso di specie?
Secondo l’art. 581, comma 1-quater c.p.p. (nel testo vigente prima del 25 agosto 2024), il mandato per l’imputato assente deve essere specifico, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e, a pena di inammissibilità, deve contenere la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

Perché l’elezione di domicilio effettuata nel corso del primo grado di giudizio non è stata considerata sufficiente?
La sentenza chiarisce che la norma richiede una dichiarazione o elezione di domicilio successiva alla sentenza e contestuale all’impugnazione. Pertanto, un’elezione di domicilio effettuata in una fase precedente del procedimento non è idonea a soddisfare il requisito specifico previsto per l’atto di appello dell’imputato assente.

Quale principio giuridico ha utilizzato la Corte per individuare la legge applicabile all’appello?
La Corte ha applicato il principio del tempus regit actum (il tempo regola l’atto). Poiché l’atto di appello è stato depositato prima dell’entrata in vigore delle modifiche legislative di agosto 2024, la sua validità deve essere valutata sulla base delle norme procedurali in vigore in quel preciso momento, a prescindere da eventuali cambiamenti normativi successivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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