Il Mandato ad Impugnare post-Riforma Cartabia: la Cassazione fa chiarezza
La recente Riforma Cartabia ha introdotto significative novità nella procedura penale, una delle quali riguarda il mandato ad impugnare per l’imputato giudicato in assenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12810/2024) ha confermato la piena legittimità di queste nuove disposizioni, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che ne contestava la costituzionalità. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un soggetto, a seguito di una condanna da parte della Corte d’Appello di Brescia, proponeva ricorso per cassazione. Il punto centrale del suo ricorso non riguardava il merito della condanna, ma una questione procedurale cruciale: la legittimità costituzionale delle nuove norme che disciplinano l’appello per l’imputato assente. In particolare, il ricorrente contestava l’obbligo, introdotto dalla Riforma Cartabia, di depositare un mandato specifico per impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, insieme a una dichiarazione o elezione di domicilio. A suo avviso, tali requisiti violavano diversi principi costituzionali e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
La Questione del Mandato ad Impugnare dopo la Riforma
La Riforma Cartabia, con il D.Lgs. n. 150/2022, ha modificato l’articolo 581 del codice di procedura penale, introducendo i commi 1-ter e 1-quater. Queste nuove disposizioni stabiliscono che, in caso di imputato assente, l’atto di impugnazione del difensore debba essere accompagnato, a pena di inammissibilità, da una dichiarazione o elezione di domicilio e da uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dall’imputato successivamente alla sentenza da impugnare. L’obiettivo del legislatore è chiaro: assicurarsi che l’imputato sia effettivamente a conoscenza della sentenza e che la decisione di impugnarla sia una sua scelta personale, consapevole e attuale, e non un’iniziativa automatica del legale.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile e la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata. Le motivazioni si basano su un precedente e consolidato orientamento della stessa Corte (in particolare, la sentenza n. 43718 del 2023).
Secondo i giudici, i nuovi requisiti non rappresentano una violazione dei diritti di difesa, ma una scelta legislativa non irragionevole. La norma mira a limitare le impugnazioni che non derivano da una ‘opzione ponderata e personale della parte’. In altre parole, si vuole evitare che vengano presentati appelli ‘d’ufficio’ dal difensore, senza un reale e attuale coinvolgimento dell’interessato. La Corte sottolinea che il sistema prevede dei correttivi per bilanciare questo rigore, come l’ampliamento dei termini per impugnare e l’estensione dell’istituto della restituzione nel termine, a tutela dell’imputato che non abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento.
Le Conclusioni: Impatto pratico per l’imputato e il difensore
La decisione della Cassazione consolida un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: la partecipazione attiva e consapevole dell’imputato, anche se assente, è un requisito essenziale per l’esercizio del diritto di impugnazione. Per i difensori, ciò significa che non è più sufficiente il mandato ricevuto all’inizio del procedimento; è necessario acquisire un nuovo e specifico mandato dal proprio assistito dopo ogni sentenza di condanna che si intende appellare. Per gli imputati, la sentenza ribadisce l’importanza di mantenere un contatto attivo con il proprio legale, poiché la loro volontà espressa post-sentenza è ora una condizione indispensabile per poter contestare una decisione sfavorevole. In assenza di questi adempimenti, il diritto di impugnazione non potrà essere validamente esercitato e l’appello sarà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È costituzionalmente legittima la norma della Riforma Cartabia che richiede un mandato ad impugnare specifico per l’imputato assente?
Sì, secondo la Corte di Cassazione la norma è legittima. Si tratta di una scelta legislativa non manifestamente irragionevole, finalizzata a garantire che l’impugnazione sia una decisione ponderata e personale dell’imputato. Di conseguenza, la questione di legittimità costituzionale è stata ritenuta manifestamente infondata.
Perché la legge ora richiede questo mandato specifico dopo la sentenza?
La legge lo richiede per assicurarsi che l’imputato, soprattutto se assente durante il processo, sia a conoscenza della sentenza e che la decisione di impugnarla sia una sua scelta attuale e consapevole. L’obiettivo è limitare le impugnazioni che non derivano da una volontà diretta e personale della parte, ma da un’iniziativa del difensore.
Cosa succede se l’atto di appello non è accompagnato dal mandato ad impugnare specifico e dalla dichiarazione di domicilio dell’imputato assente?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Questo significa che il giudice non esaminerà il merito dell’impugnazione. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12810 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12810 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NOCERA INFERIORE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, è generico nella formulazione della questione di legittimità costituzionale delle norme sul mandato ad impugnare in caso di assenza dell’imputato introdotte con la cosiddetta riforma Cartabia;
che, in ogni caso, la questione è già stata risolta da questa Corte con argomenti condivisi dal Collegio, secondo cui è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., introdotti dagli artt. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e dell’art. comma 3, del medesimo d.lgs., per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost. e art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell’appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, unitamente all’atto di appello, sia depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio, ai della notificazione dell’atto di citazione, e lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi “in limine impugnationis” ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine. (Sez. 4 – , Sentenza n. 43718 del 11/10/2023 Ud. (dep. 30/10/2023 ) Rv. 285324 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 12 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presi ente