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Mandato ad impugnare: appello inammissibile se manca

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8067/2024, ha confermato l’inammissibilità di un appello penale a causa del mancato deposito del mandato ad impugnare specifico, come richiesto dalla Riforma Cartabia. Il difensore aveva omesso per svista di allegare la procura speciale all’atto, pur avendola menzionata. La Corte ha rigettato il ricorso, escludendo l’incostituzionalità della norma e sottolineando che il deposito contestuale del mandato è un requisito indispensabile, la cui mancanza non può essere sanata.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad impugnare: l’errore che costa il secondo grado di giudizio

Con la recente Riforma Cartabia, le formalità processuali nel giudizio penale hanno assunto un’importanza ancora più cruciale. Un esempio lampante è l’obbligo di depositare un mandato ad impugnare specifico insieme all’atto di appello. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8067/2024) ribadisce la rigidità di questo requisito, chiarendo che una semplice svista del difensore può precludere definitivamente all’imputato l’accesso al secondo grado di giudizio.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una decisione della Corte d’Appello, che aveva dichiarato inammissibile un appello presentato dal difensore di un imputato. La ragione? L’avvocato non aveva allegato all’atto di impugnazione lo specifico mandato ad impugnare rilasciato dal suo assistito dopo la sentenza di primo grado, come prescritto dall’art. 581-quater del codice di procedura penale. Il legale, pur avendo menzionato l’esistenza della procura in calce all’atto, aveva omesso materialmente di depositarla. Contro questa decisione, il difensore ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali.

I motivi del ricorso: incostituzionalità e mera svista

Il ricorrente ha sostenuto, in primo luogo, l’incostituzionalità della norma per violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e del diritto di difesa (art. 24 Cost.). A suo dire, applicare questa nuova regola ai processi già in corso al momento dell’entrata in vigore della riforma creerebbe una disparità di trattamento ingiustificata. In secondo luogo, ha affermato che si era trattato di una semplice disattenzione: il mandato ad impugnare era stato regolarmente conferito dall’imputato e la sua mancata allegazione era frutto di una mera svista che non avrebbe dovuto pregiudicare il diritto del suo assistito a un secondo grado di giudizio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione: il rigore formale prevale

La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, confermando la decisione di inammissibilità.

Sul primo punto, i giudici hanno dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. La norma che richiede il deposito dello specifico mandato ad impugnare è una scelta legislativa ragionevole. Il suo scopo è quello di garantire che l’impugnazione sia frutto di una decisione ‘ponderata e personale’ dell’imputato, e non un’iniziativa automatica del difensore. Inoltre, l’applicazione della nuova regola alle impugnazioni presentate dopo la sua entrata in vigore rispetta pienamente il principio del tempus regit actum (la legge applicabile è quella vigente al momento del compimento dell’atto).

Sul secondo punto, relativo alla ‘mera svista’, la Corte è stata altrettanto netta. L’articolo 581-quater c.p.p. stabilisce che lo specifico mandato ‘è depositato’ con l’atto di impugnazione. L’uso della preposizione ‘con’ indica un requisito di contestualità che non ammette deroghe. Non è sufficiente che il mandato esista o che sia menzionato nell’atto; esso deve essere materialmente depositato insieme all’impugnazione. La disattenzione del difensore, pertanto, non può sanare il mancato rispetto di un requisito previsto dalla legge a pena di inammissibilità.

Le conclusioni: nessuna tolleranza per gli errori procedurali

La sentenza in commento lancia un messaggio inequivocabile: le nuove formalità introdotte dalla Riforma Cartabia per le impugnazioni penali devono essere osservate con il massimo rigore. La mancanza del mandato ad impugnare specifico, depositato contestualmente all’atto di appello, costituisce una causa di inammissibilità insanabile. La Corte di Cassazione chiarisce che non c’è spazio per tollerare sviste o dimenticanze da parte del difensore, poiché le conseguenze ricadono direttamente sul diritto dell’imputato a far valere le proprie ragioni in un successivo grado di giudizio. Questo precedente sottolinea l’accresciuta responsabilità dei professionisti legali nell’adattarsi alle nuove e più stringenti regole procedurali.

È incostituzionale la norma che impone di depositare un mandato ad impugnare specifico per l’appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la norma non è incostituzionale. Si tratta di una scelta legislativa ragionevole finalizzata a garantire che l’impugnazione derivi da una decisione consapevole e personale dell’imputato, limitando così le impugnazioni non ponderate.

Cosa succede se il difensore si dimentica di allegare il mandato ad impugnare all’atto di appello?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Secondo la Corte, la legge richiede espressamente che il mandato sia depositato ‘con’ l’atto di impugnazione, stabilendo un requisito di contestualità. La semplice esistenza del mandato o la sua menzione nell’atto non sono sufficienti a soddisfare questo requisito.

Le nuove regole sul mandato ad impugnare si applicano anche ai procedimenti iniziati prima della loro entrata in vigore?
Sì. In base al principio tempus regit actum, le nuove disposizioni si applicano a tutte le impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto legislativo, a prescindere da quando sia iniziato il procedimento di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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