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Mandato ad impugnare: appello inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi presentati da due imputati per tentato furto. La decisione si fonda sulla mancanza dello specifico mandato ad impugnare, introdotto dalla Riforma Cartabia, che deve essere rilasciato dall’imputato assente al proprio difensore dopo la pronuncia della sentenza, confermando l’applicabilità di tale requisito anche per il giudizio di legittimità.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: La Cassazione Conferma l’Inammissibilità del Ricorso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: la necessità di uno specifico mandato ad impugnare per il difensore che presenta ricorso per conto di un imputato assente. Questa pronuncia chiarisce come la mancanza di tale atto renda l’impugnazione inammissibile, anche nel giudizio di legittimità, sottolineando l’importanza della partecipazione ‘consapevole’ dell’imputato al processo.

I Fatti Processuali

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello nei confronti di due individui per il reato di tentato furto in concorso. La pena stabilita era di cinque mesi e dieci giorni di reclusione, oltre a una multa.

Avverso la sentenza di secondo grado, il difensore degli imputati, che erano stati giudicati in assenza, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando violazioni di legge e vizi di motivazione. Tuttavia, il ricorso è stato presentato senza allegare un elemento cruciale richiesto dalla nuova normativa.

L’Impatto della Riforma Cartabia sul Mandato ad Impugnare

Il punto centrale della decisione della Suprema Corte è l’applicazione dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, introdotto dal D.Lgs. n. 150/2022 (la cosiddetta “Riforma Cartabia”). Questa norma stabilisce che, nel caso di un imputato giudicato in assenza, l’atto di impugnazione presentato dal difensore deve essere accompagnato, a pena di inammissibilità, da uno specifico mandato ad impugnare. Tale mandato deve essere rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e deve contenere la dichiarazione o l’elezione di domicilio da parte dell’imputato.

Lo scopo di questa previsione è garantire che la decisione di impugnare una sentenza non sia una scelta quasi automatica del difensore, ma un’espressione della volontà personale e consapevole dell’imputato, il quale deve essere a conoscenza dell’esito del processo.

La Decisione della Corte: il mandato ad impugnare è sempre necessario

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. Nel caso di specie, il difensore aveva depositato gli atti di ricorso nel gennaio 2023 per conto degli imputati, che erano liberi e assenti, senza però unire lo specifico mandato rilasciato dopo la sentenza impugnata.

Gli Ermellini hanno confermato un orientamento ormai consolidato: la causa di inammissibilità si applica anche al ricorso per Cassazione. Sebbene la norma menzioni la “citazione a giudizio”, tipica dei processi di merito, la sua ratio si estende pienamente al giudizio di legittimità. L’intero sistema processuale delineato dalla Riforma Cartabia, infatti, è permeato dall’esigenza di assicurare una partecipazione consapevole e volontaria dell’imputato a ogni fase del procedimento, inclusa quella dell’impugnazione.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla volontà del legislatore di selezionare le impugnazioni e di assicurare che esse provengano da un effettivo interesse dell’imputato. L’impugnazione deve essere una scelta ponderata di chi ha subito la condanna, non un’iniziativa quasi d’ufficio del legale. La Corte ha precisato che questo onere non lede i diritti di difesa, poiché l’imputato che dimostri di non aver avuto colpevolmente conoscenza del processo ha a disposizione specifici rimedi restitutori per essere reintegrato nelle facoltà processuali che non ha potuto esercitare.

L’obiettivo è duplice: da un lato, salvaguardare i diritti dell’imputato, garantendone la consapevolezza; dall’altro, semplificare l’attività giudiziaria, evitando la trattazione di ricorsi presentati senza un reale interesse della parte.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante monito per la difesa tecnica. Dopo la Riforma Cartabia, in caso di imputato assente, non è più sufficiente il mandato difensivo generale per presentare un’impugnazione. È indispensabile procurarsi un nuovo e specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la sentenza, che attesti la volontà dell’assistito di proseguire il giudizio. In mancanza, il ricorso sarà inevitabilmente dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

Cosa richiede la Riforma Cartabia per impugnare una sentenza in caso di imputato assente?
Richiede che il difensore depositi, insieme all’atto di impugnazione, uno specifico mandato ad impugnare. Questo mandato deve essere rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza e deve contenere la dichiarazione o l’elezione di domicilio.

Questo requisito del mandato specifico si applica anche ai ricorsi in Corte di Cassazione?
Sì. La Corte di Cassazione, con questa ordinanza e altre precedenti, ha stabilito che la necessità dello specifico mandato ad impugnare si applica anche al ricorso per Cassazione, nonostante il dato letterale della norma faccia riferimento alla “citazione a giudizio”.

Qual è la conseguenza se il difensore presenta un ricorso per un imputato assente senza questo specifico mandato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta che la Corte non esamina il merito dell’impugnazione e la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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