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Mandato ad impugnare: appello inammissibile

La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per l’assenza di un specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza. L’ordinanza chiarisce l’applicazione dell’art. 581 c.p.p., introdotto dalla Riforma Cartabia, anche al giudizio di legittimità per garantire la partecipazione consapevole dell’imputato assente al processo.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Mandato ad Impugnare Post-Sentenza: Un Requisito Essenziale della Riforma Cartabia

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: l’obbligatorietà di uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dall’imputato al proprio difensore dopo la pronuncia della sentenza, pena l’inammissibilità del ricorso. Questa decisione sottolinea la volontà del legislatore di assicurare una partecipazione sempre più consapevole e volontaria dell’imputato alle fasi cruciali del processo penale, inclusa quella dell’impugnazione.

I Fatti del Caso: Dall’Accordo in Appello al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che, su richiesta concorde delle parti, aveva applicato a un imputato una pena per un reato legato agli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990). Successivamente, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte territoriale avesse omesso di valutare la possibile esistenza di cause di proscioglimento secondo l’art. 129 del codice di procedura penale.

Tuttavia, il ricorso è stato presentato per un imputato che era stato dichiarato ‘assente per rinunzia’ e si trovava agli arresti domiciliari per altra causa, senza che venisse depositato uno specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la data della sentenza di appello.

La Questione Giuridica: Il Ruolo del Mandato ad Impugnare per l’Imputato Assente

Il nodo centrale della questione è l’applicazione dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia. Tale norma stabilisce che, nel caso di un imputato giudicato in assenza, l’atto di impugnazione del difensore deve essere accompagnato, a pena di inammissibilità, da un mandato specifico rilasciato dopo la sentenza. Questo documento deve anche contenere la dichiarazione o l’elezione di domicilio per le notificazioni.

La difesa sosteneva implicitamente che tale norma, menzionando la ‘citazione a giudizio’, fosse applicabile solo ai giudizi di merito e non al ricorso per Cassazione. La Suprema Corte ha dovuto quindi chiarire la portata e la ratio di questa nuova disposizione.

La Decisione della Corte: l’Applicazione del Mandato ad Impugnare alla Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno affermato con chiarezza che la causa di inammissibilità prevista dall’art. 581 c.p.p. si estende pienamente anche al giudizio di legittimità. Sebbene il testo normativo faccia riferimento alla ‘citazione a giudizio’, formalmente propria del processo di merito, la sua collocazione sistematica nel libro dedicato alle impugnazioni in generale e la sua finalità ne impongono un’applicazione estensiva.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che l’intero impianto della Riforma Cartabia è permeato dall’esigenza di garantire una partecipazione ‘consapevole e volontaria’ dell’imputato. L’impugnazione non deve essere una scelta quasi automatica del difensore, ma l’espressione di un ‘personale interesse’ dell’imputato a contestare la decisione. Questo requisito serve a selezionare le impugnazioni, semplificando l’attività giudiziaria e garantendo che solo i ricorsi genuinamente voluti dall’interessato arrivino al vaglio della Corte.

Secondo la Cassazione, questo onere non lede i diritti costituzionali, poiché l’imputato che dimostri di essere stato assente per mancata conoscenza incolpevole del processo ha a disposizione altri rimedi per essere reintegrato nelle sue facoltà processuali. Nel caso di specie, mancando tale specifico mandato post-sentenza, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Le conclusioni

La pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale ormai chiaro: il mandato ad impugnare, rilasciato dopo la sentenza, è un requisito formale imprescindibile per l’imputato assente che intenda contestare una decisione, anche in Cassazione. Gli avvocati difensori devono prestare massima attenzione a questo adempimento per evitare che le impugnazioni dei loro assistiti vengano respinte per motivi procedurali, senza nemmeno essere esaminate nel merito. La decisione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende.

La nuova regola sul mandato ad impugnare specifico si applica anche ai ricorsi per Cassazione?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che la causa di inammissibilità prevista dall’art. 581, comma 1-quater c.p.p., si applica anche al ricorso per Cassazione per garantire che l’impugnazione sia espressione di un interesse personale e consapevole dell’imputato assente.

Perché il legislatore ha introdotto l’obbligo di un mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza?
L’intenzione è quella di garantire una partecipazione consapevole e volontaria dell’imputato al processo, assicurando che l’impugnazione sia una sua scelta personale e non un’azione quasi automatica del difensore, anche nell’ottica di semplificare l’attività giudiziaria.

Cosa succede se il difensore presenta ricorso per un imputato assente senza questo specifico mandato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, l’impugnazione non viene esaminata nel merito e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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