Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45874 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 45874 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in Senegal il 08/01/1993 avverso la sentenza del 23/05/2024 della Corte d’appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 23 maggio 2024 la Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della decisione del primo giudice, riconosciute le attenuanti generiche, rideterminava la pena inflitta a NOME COGNOME in cinque mesi di reclusione e trecento euro di multa per i reati previsti dagli artt. 474 e 648 del codice penale.
Nell’interesse dell’imputato, rispetto al quale si è proceduto in assenza, ha proposto ricorso il difensore d’ufficio Avv. NOME COGNOME privo dello specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza di appello, denunciando con tre motivi violazione di legge e vizio della motivazione.
In via preliminare, però, vista la mancanza di tale mandato, il difensore ha chiesto che venga dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen., secondo il quale, nel testo vigente all’epoca di presentazione del ricorso, nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, andava depositato con l’atto d’impugnazione del difensore, a pena d’inammissibilità, «specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio».
Pur trattandosi di una udienza fissata ex art. 610, comma 5 -bis cod. proc. pen., in data 14 ottobre 2024 è pervenuta memoria del difensore con la quale è stato chiesto l’accoglimento del ricorso anche per motivi diversi da quelli enunciati nell’atto d’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto presentato dal difensore di ufficio di un imputato assente, privo dello specifico mandato ad impugnare, richiesto a pena d’inammissibilità dall’art. 581, comma 1 -quater, del codice di rito.
L’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, prevedeva che «Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio».
A seguito della modifica dell’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen, ad opera della legge 9 agosto 2024, n. 114, la necessità di uno specifico mandato ad impugnare è stato mantenuto solo nel caso dell’impugnazione proposta dal difensore di ufficio dell’imputato per il quale si sia proceduto in assenza,
In ragione della disposizione transitoria di cui all’art. 89, comma 3, del citato decreto, la nuova norma è applicabile alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto stesso (30 dicembre 2022), essendo irrilevante che la dichiarazione di assenza sia avvenuta prima o dopo l’entrata in vigore della riforma.
Nel caso in esame NOME COGNOME fu dichiarato assente in primo grado e il giudizio di appello si svolse senza trattazione orale.
Si deve ritenere, pertanto, che anche nel giudizio di secondo grado, celebratosi con trattazione cartolare, l’imputato fu giudicato in assenza, considerato che, secondo quanto disposto dal comma 1 dello stesso articolo 89, «quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell’imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti» (in questo senso v. Sez. 2, n. 4800 del 15/01/2024, Stan, non mass. sul punto).
Con numerose pronunce questa Corte ha affermato che l’asserito contrasto dell’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen. con i principi costituzionali poggia su una indimostrata restrizione della facoltà d’impugnazione che deriverebbe dal chiedere all’imputato, assente per sua scelta al processo che lo ha riguardato, di cui pure era stato posto a conoscenza, di indicare un domicilio che renda più agevole il processo di notificazione dell’atto d’impugnazione e, soprattutto, di rinnovare la propria volontà di proseguire in un ulteriore grado di giudizio, con possibili conseguenze negative per lui, quanto meno sotto il profilo della possibile condanna a ulteriori spese.
L’onere richiesto all’appellante non è irragionevole rispetto all’esigenza di consentirgli la certa conoscenza della celebrazione del processo di appello e, dunque, la possibilità di parteciparvi con piena consapevolezza.
Ricordato che nella sentenza n. 34 del 26 febbraio 2020 la Corte costituzionale ha «ribadito che la garanzia del doppio grado di giurisdizione non fruisce, di per sé, di riconoscimento costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 274 e n. 242 del 2009, n. 298 del 2008, n. 26 del 2007, n. 288 del 1997, n. 280 del 1995; ordinanze n. 316 del 2002 e n. 421 del 2001)», si è affermato che l’art.
581, comma 1-quater, e l’art. 581, comma 1-ter, del codice di rito «non prevedono affatto un restringimento della facoltà di impugnazione, bensì perseguono il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di regiudicande nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo» (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324 – 01).
Dette norme, «non comportando una limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma regolando le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà spettante al suo difensore, non si pongono direttamente in contrasto né con il principio costituzionale della inviolabilità del diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost., né con il correl principio della presunzione di non colpevolezza operante fino al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, di cui all’art. 27, secondo comma Cost.; né, in quanto tali, toccano il diritto costituzionale ad impugnare (peraltro, solo con il ricorso per cassazione e per violazione di legge) ogni sentenza, riconosciuto dall’art. 111, settimo comma, Cost. Deve, perciò, escludersi, che tali nuove disposizioni producano un ingiustificato ovvero un “non ragionevolmente giustificato” squilibrio nei rapporti tra le parti necessarie del processo penale, cioè l’imputato e il rappresentante della pubblica accusa» (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900 – 01).
Inoltre, «le disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cit. si pongono in stretta correlazione con la nuova disciplina del processo in assenza, tesa a ridurre il rischio di celebrare processi a carico di imputati involontariamente inconsapevoli, assicurando, d’altro canto, il diretto coinvolgimento dell’imputato, ora chiamato a rilasciare uno specifico mandato al difensore per impugnare, mandato che rappresenta un indice ulteriore di conoscenza certa della pendenza del processo. E sempre in correlazione al più ampio ambito di applicazione delle regole del giudizio in absentía, è stata anche modificata la disciplina della rescissione del giudicato, rapportandola alla prova della mancanza di conoscenza della pendenza del processo che può essere ora riferita anche soltanto al giudizio di appello» (Sez. 6, n. 6264 del 10/01/2024, COGNOME, Rv. 285984 – 01).
Questi principi sono stati richiamati anche da ultimo in numerose pronunce di legittimità, che hanno ribadito la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità proposta (fra le tante cfr. Sez. 1, n. 34720 del 28/06/2024, COGNOME; Sez. 6, n. 34052 del 27/06/2024, COGNOME; Sez. 3, n. 32762
dell’11/06/2024, Fan; Sez. 4, n. 32963 del 22/05/2024, Leo; Sez. 2, n. 25422 del 03/05/2024, El Mach).
A seguito della ricordata modifica dell’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen, ad opera della legge 9 agosto 2024, n. 114, a seguito della quale la necessità di uno specifico mandato ad impugnare è stato mantenuto solo nel caso dell’impugnazione proposta dal difensore di ufficio dell’imputato per il quale si sia proceduto in assenza, risulta ancora più evidente la infondatezza della questione di costituzionalità proposta dal ricorrente.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22/10/2024.