Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20378 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20378 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FOGGIA il 25/07/1990
avverso la sentenza del 29/04/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico M . COGNOME em, in persona del Sostitu COGNOME ocuratore NOME COGNOME che ha con so chiedendo
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 29/4/2024, la Corte di appello di Lecce ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da COGNOME NOME COGNOME assente nel corso del giudizio, avverso la sentenza del Tribunale di quella stessa città, sul presupposto che il difensore non avesse allegato specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e la dichiarazione o elezione di domicilio. Nella ordinanza richiamata i giudici hanno ritenuto integrata la violazione delle disposizioni di cui all’art. 581, comma 1-ter e quater cod. proc. pen., come introdotti dall’art. 33 lett. d) del d.lgs 150/2022.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando i seguenti motivi di ricorso.
Erronea applicazione degli artt. 581, 571, 438, 420 e 546 cod. proc. pen.
L’ordinanza gravata, lamenta la difesa, è meritevole di essere annullata con ogni conseguenza di legge, perché frutto di travisamento dei documenti e degli atti presenti nel fascicolo.
Come si evince dalla documentazione allegata al ricorso, costituita dalla stampa della PEC datata 20/12/2023, unitamente all’atto d’impugnazione era stata trasmessa al Tribunale di Lecce apposita procura speciale per appellare la sentenza n. 4076/2023 del 12/12/2023.
I messaggi di ricevuta della consegna all’indirizzo di posta del Tribunale di Lecce attestano il pervenimento presso l’ufficio di destinazione dell’impugnazione e dell’atto contenente la procura ad impugnare e l’elezione di domicilio dell’imputato.
I documenti allegati dimostrano, dunque, come il gravame interposto fosse stato regolarmente accompagnato dagli atti richiesti dalle norme che si assumono violate.
Alla stregua di tanto, risulterebbe evidente l’errore in cui è incorsa la Corte di appello di Lecce nel dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione, dovendo ritenersi che l’addetto alla cancelleria non abbia scaricato ed allegato al fascicolo, come avrebbe dovuto, l’intera documentazione spedita.
II) Violazione degli artt. 581, 571, 438, 420 e 546 cod. proc. pen.
L’ordinanza gravata appare meritevole di essere annullata anche sotto altro profilo. La Corte d’appello ha trascurato di considerare che il giudizio si è svolto nelle forme del rito abbreviato, il quale presuppone che il difensore sia munito di procura speciale. In base ai principi stabiliti in sede di legittimità, nei giudi
speciali introdotti da una richiesta avanzata dall’imputato a mezzo di rilascio di procura speciale, non può essere messa in dubbio la conoscibilità del processo da parte dell’imputato, in quanto rappresentato dal difensore, investito dei poteri conferitigli a mezzo di procura speciale.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta depositata in data 15/2/2025, ha concluso per l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata / con trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Lecce per la celebrazione del giudizio di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
Giova ricordare che, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. nella previsione antecedente alla sua abrogazione, era previsto che: “Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.
La norma, introdotta dal d.lgs n.150 del 2022, era ispirata ad un principio di responsabilizzazione dell’imputato, titolare del diritto all’impugnazione, imponendo un onere di collaborazione finalizzato ad assicurare la regolarità della notifica del decreto di citazione a giudizio, onde garantire una spedita celebrazione del giudizio di appello ed un esercizio consapevole dell’impugnazione da parte del titolare del diritto.
Come è noto, a seguito di recente intervento legislativo (legge 9 agosto 2024, n.114, in vigore dal 25 agosto 2024), è stato abrogato il comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen.
Con riguardo, GLYPH invece, al successivo comma GLYPH 1-quater, GLYPH relativo all’impugnazione proposta dall’imputato assente, la previsione secondo la quale “con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”, è stata mantenuta ferma solo nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta da un difensore d’ufficio.
La recente legge, però, non ha previsto alcuna norma transitoria per disciplinare il regime delle impugnazioni proposte prima dell’entrata in vigore delle modifiche.
Sul tema sono recentemente intervenute le Sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 13808 del 24/10/2025, le cui motivazioni sono state depositate in data 8/4/2025), le quali hanno puntualizzato che:”La disciplina contenuta
nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024″. Il principio, enunciato con riferimento all’abrogato art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., è chiaramente estensibile alla previsione di cui all’art. 581, comma 1-quater codice di rito, il cui testo, come detto sopra, è stato modificato dalla legge n. 114/2024. Nella motivazione della sentenza citata si legge che, attenendo la modifica normativa alle modalità di presentazione dell’impugnazione e non alla facoltà di proporre impugnazione, la corretta applicazione del principio sancito dall’art. 11 delle preleggi esclude che per determinare la disciplina applicabile possa aversi riguardo al momento decisorio, dovendo, al contrario, aversi riguardo al momento dell’impugnazione.
Pertanto, la disciplina introdotta dalla c.d. legge Cartabia si applica a tutte le impugnazioni proposte fino al 24 agosto 2024.
Nel caso di specie, come si evince dall’esame degli atti, l’appello è stato proposto in data 20/12/2023 avverso la sentenza del Tribunale pronunciata il 12/12/2023, e si è proceduto nel giudizio di primo grado in assenza dell’imputato (si veda anche quanto si dirà nel successivo paragrafo 3).
Trattandosi di impugnazione proposta successivamente alla entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia, ricadente sotto la previsione dì cui all’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., la Corte di appello ha correttamente ritenuto che si dovesse applicare la disciplina introdotta con il decreto legislativo n. 150/2022.
Nel dare seguito all’orientamento espresso da questa Corte in plurime pronunce, aderente al testo di legge, ha sostenuto che lo specifico mandato ad impugnare e la dichiarazione o elezione di domicilio dovessero essere successivi alla sentenza impugnata .
Il provvedimento impugnato, pertanto, non è meritevole di essere censurato: dalla lettura degli atti allegati al ricorso risulta come il mandato ad
impugnare e l’elezione di domicilio – contenuti in un documento unico datato
3/5/2021, recante il titolo “Nomina a difensore di fiducia e conferimento procura speciale” – siano anteriori alla sentenza di primo grado.
3. Quanto al secondo motivo di ricorso, non ignora il collegio il principio di diritto secondo cui la richiesta di giudizio abbreviato, mediante il rilascio di
procura speciale, integri un caso di presenza ex lege
dell’imputato nel giudizio
(cfr., ex multis, Sez. 2 n. 13714 del 08/03/2024, Rv. 286208, così massimata:
“In tema di appello avverso sentenza emessa in esito a giudizio abbreviato, non trova applicazione il disposto di cui all’art. 581, comma
1-quater, cod. proc.
pen., che prescrive uno specifico mandato a impugnare con riguardo all’imputato giudicato in assenza, nel caso in cui la definizione con rito alternativo sia stata
richiesta dal difensore munito di procura speciale, posto che, in tale eventualità, non sussistono dubbi sulla conoscenza del procedimento da parte dell’imputato,
dovendo lo stesso ritenersi presente ex art. 420, comma 2-ter, cod. proc. pen.”).
Tuttavia, il richiamato principio di diritto non può trovare applicazione nel caso in esame. Dalla consultazione degli atti, infatti, non risulta che il giudizio sia stato definito nelle forme del rito abbreviato su richiesta del difensore munito di procura speciale. Risulta invece che il difensore abbia concordato con il P.M. d’udienza l’acquisizione al fascicolo dibattimentale di tutti gli atti d’indagine contenuti nel fascicolo dell’Accusa. Si tratta, all’evidenza, di situazioni ben diverse, non suscettibili di equiparazione.
Consegue alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
In Roma, così deciso il 15 aprile 2025
Il Presidente