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Mandato ad impugnare: appello inammissibile

La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una decisione di inammissibilità di un appello. L’appello era stato presentato per un imputato assente senza allegare lo specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza di primo grado, come richiesto dalla Riforma Cartabia. La Corte ha chiarito che tale requisito formale era indispensabile per gli appelli proposti prima delle modifiche legislative di agosto 2024, anche se la difesa sosteneva di averlo inviato e che non fosse necessario in caso di rito speciale.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: la Cassazione e la Disciplina della Riforma Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la cruciale importanza del mandato ad impugnare specifico per l’imputato assente, secondo le norme introdotte dalla Riforma Cartabia. La pronuncia chiarisce l’applicazione temporale della disciplina e sottolinea come l’omissione di questo adempimento formale conduca inesorabilmente alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, senza possibilità di sanatorie. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione fondamentale per la procedura penale.

Il Caso: Appello Dichiarato Inammissibile

Il caso trae origine da una decisione della Corte di appello che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione presentata dal difensore di un imputato, assente durante il processo di primo grado. La ragione dell’inammissibilità risiedeva nella mancata allegazione di due documenti fondamentali richiesti dall’art. 581, commi 1-ter e 1-quater del codice di procedura penale (nella versione introdotta dalla Riforma Cartabia): lo specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, e la dichiarazione o elezione di domicilio.

La difesa aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo un duplice errore da parte della Corte territoriale. In primo luogo, un travisamento dei fatti, asserendo che la procura speciale era stata regolarmente trasmessa via PEC insieme all’atto di appello e che, probabilmente, un errore della cancelleria ne aveva impedito l’inserimento nel fascicolo. In secondo luogo, una violazione di legge, argomentando che il processo si era svolto con un rito che presupponeva una procura speciale (come il rito abbreviato), rendendo superfluo un ulteriore mandato.

L’Importanza del Mandato ad Impugnare Post-Riforma

La Riforma Cartabia ha introdotto requisiti più stringenti per l’impugnazione da parte dell’imputato assente. L’obiettivo del legislatore era quello di responsabilizzare l’imputato, garantendo che la decisione di appellare una sentenza fosse una scelta consapevole e non un automatismo del difensore. Per questo, la norma (art. 581, comma 1-quater c.p.p.) imponeva che, a pena di inammissibilità, il difensore depositasse uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la sentenza, insieme a una dichiarazione di domicilio per le notificazioni del giudizio d’appello.

Sebbene una legge successiva (L. n. 114/2024) abbia mitigato questi requisiti, la Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: la disciplina applicabile è quella vigente al momento della proposizione dell’impugnazione. Poiché l’appello in questione era stato depositato nel dicembre 2023, ricadeva pienamente sotto l’egida delle più rigide norme della Riforma Cartabia.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della decisione della Corte di appello. Il ragionamento dei giudici si è sviluppato attraverso tre punti cardine.

L’Applicazione Temporale della Norma

I giudici hanno richiamato il principio tempus regit actum, secondo cui gli atti processuali sono regolati dalla legge in vigore nel momento in cui vengono compiuti. Le modifiche normative introdotte nell’agosto 2024 non potevano avere effetto retroattivo su un appello proposto mesi prima. Di conseguenza, la disciplina introdotta dalla Riforma Cartabia era l’unica applicabile al caso di specie. La Corte ha sottolineato che, fino al 24 agosto 2024, la presentazione del mandato specifico e successivo alla sentenza era un requisito non derogabile.

La Necessità del Mandato Specifico e Successivo alla Sentenza

La Cassazione ha ribadito l’orientamento consolidato secondo cui il mandato ad impugnare e la dichiarazione di domicilio devono essere necessariamente successivi alla sentenza impugnata. Questo requisito formale non è un mero cavillo burocratico, ma l’espressione della “necessaria e consapevole volontà dell’imputato” di procedere con l’impugnazione. Una procura rilasciata prima della sentenza non può dimostrare che l’imputato abbia effettivamente compreso l’esito del primo grado e deciso consapevolmente di contestarlo.

L’Irrilevanza del Presunto Rito Speciale

La Corte ha smontato anche l’argomentazione difensiva relativa allo svolgimento del processo con un rito speciale. Dalla consultazione degli atti, non è emerso che il giudizio si fosse definito con rito abbreviato su richiesta dell’imputato. Risultava invece un semplice accordo tra difesa e accusa per l’acquisizione degli atti d’indagine, una situazione proceduralmente molto diversa. Pertanto, non vi era alcuna procura speciale preesistente che potesse, secondo la tesi difensiva, supplire alla mancanza del mandato specifico post-sentenza.

Le Conclusioni della Suprema Corte

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando l’inammissibilità dell’appello. La sentenza cristallizza un principio fondamentale: per le impugnazioni proposte sotto il vigore della Riforma Cartabia (e prima delle modifiche del 2024), la mancanza del mandato specifico, rilasciato dopo la sentenza di primo grado dall’imputato assente, costituisce una causa di inammissibilità insanabile. Questa decisione serve da monito sull’importanza del rispetto rigoroso dei requisiti formali, posti a garanzia della consapevole partecipazione dell’imputato al processo penale.

Per un appello proposto dopo la Riforma Cartabia (ma prima delle modifiche del 2024) da un imputato assente, era necessario un mandato ad impugnare specifico?
Sì. La sentenza afferma che, per le impugnazioni proposte nel periodo di vigenza della Riforma Cartabia prima delle modifiche del 2024, il difensore dell’imputato assente doveva depositare, a pena di inammissibilità, uno specifico mandato ad impugnare.

Il mandato ad impugnare doveva essere rilasciato prima o dopo la sentenza di primo grado?
Doveva essere obbligatoriamente rilasciato dopo la pronuncia della sentenza impugnata. La Corte chiarisce che questo requisito è essenziale per dimostrare la “necessaria e consapevole volontà dell’imputato” di contestare la decisione del giudice.

La partecipazione al processo tramite un rito speciale esonerava dall’obbligo di depositare lo specifico mandato ad impugnare?
No. Nel caso di specie, la Corte ha verificato che il processo non si era svolto nelle forme del rito abbreviato su richiesta dell’imputato. Pertanto, l’argomento è stato respinto, confermando che l’obbligo di depositare il mandato specifico sussisteva pienamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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