Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16936 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16936 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOMECUI 05DCRSM) nato il 23/03/1996
avverso l’ordinanza del 26/02/2024 della CORTE di APPELLO di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato genera NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, con restituzione degli atti alla Corte d’Appello di Venezia p l’ulteriore corso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa, inaudita altera parte, in data 26 febbraio 2024 la Corte d’Appello di Venezia dichiarava inammissibile l’appello proposto nell’interesse dell’imputato NOME COGNOME avverso la sentenza emessa in data 1 luglio 2023 dal Tribunale di Padova, osservando che il difensore dell’imputat risultava privo dello specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente all’emissione della sentenza di primo grado e contenente l’elezione di domicil da parte dell’imputato, ciò che imponeva l’applicazione della sanzion dell’inammissibilità prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando u unico motivo di doglianza, con il quale deduceva mancanza di motivazione, non avendo la Corte territoriale argomentato in merito all’elezione di domicil effettuata dall’imputato nel corso del giudizio di primo grado e al fatto, ded con l’atto di gravame, che l’imputato non aveva potuto partecipare al giudizio secondo grado in quanto espulso dal territorio dello Stato.
Rassegnava, in particolare, che l’imputato aveva ricevuto il decreto citazione a giudizio mentre si trovava in stato di detenzione; successivamente lo stesso aveva nominato un difensore di fiducia e aveva eletto domicilio, in vista della scarcerazione, presso lo studio del difen nominato; che il 15 giugno 2023, a seguito di scarcerazione, lo COGNOME era sta espulso dal territorio dello Stato e rimpatriato in Tunisia; che a c dell’espulsione lo stesso non aveva partecipato all’udienza del 14 luglio 202 nel corso della quale il Tribunale di Padova aveva emesso ordinanza di declaratoria dell’assenza dell’imputato, ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. nonostante quest’ultimo non avesse espressamente rinunciato a comparire, non essendo stato presente all’udienza per cause indipendenti dalla sua volontà; c lo stesso imputato non aveva potuto conferire uno specifico mandato ad impugnare la sentenza di primo grado in quanto, a causa dell’espulsione, si er trovato nell’impossibilità di intrattenere contatti con il proprio difensore.
La difesa chiedeva inoltre che venisse sollevata questione di legittimi costituzionale degli artt. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 24, 27, 111 e 117 Cost., 6 e 7 Cedu, considerato ch disciplina prevista dai suddetti commi del citato art. 581 non era idonea assicurare un corretto equilibrio fra il principio dell’inviolabilità del di difesa e le esigenze dell’ordinamento relative ad una celere definizione d processo penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e pertanto deve essere rigettato.
Occorre precisare, in via preliminare, che la questione posta dal ricorso di ordine processuale, sicché questa Corte è giudice dei presupposti del decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionam
esibito dal Giudice a quo per giustificarla. La Corte di cassazione, infatt presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione offerta nel provvedimento impugnato e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche correttamente giustificata o giustificata solo a posteriori (cfr., Sez. 5, n. del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636; Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 255515; Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME, Rv. 221322). Per addivenire a questo risultato, alla Corte di cassazione è riconosciuto il ru di Giudice «anche del fatto», che, per risolvere la questione in rito, può e d accedere all’esame dei relativi atti processuali, viceversa precluso quando tratti di vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (cfr., Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, COGNOME, Rv. 255304).
La declaratoria di inammissibilità dell’appello fonda sulla mancat allegazione dello specifico mandato ad impugnare e dell’elezione di domicilio dell’imputato assente in primo grado richiesta dall’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen.
3.1. Ebbene, tenuto conto di quanto sostenuto nel ricorso – cioè che mancherebbe il presupposto essenziale per l’applicazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., considerato che la dichiarazione di assenza dell’imputato, avvenuta all’udienza del 14 luglio 2023, sarebbe viziata per fatto che la mancata presenza dell’imputato non era stata dettata da una su scelta consapevole bensì dal fatto che in data 15 giugno 2023 lo stesso er stato espulso dal territorio dello Stato e rimpatriato in Tunisia – de osservarsi che, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimit non costituisce legittimo impedimento dell’imputato straniero l’avvenuta espulsione del medesimo dal territorio dello Stato, atteso che l’art. 17 d.lgs luglio 1998 n. 286 gli conferisce la facoltà di rientrare temporaneamente i Italia per l’esercizio del diritto di difesa (v., in ta Sez. 6, n. 15739 del 28/02/2018, Daja, Rv. 272774; v. anche, con riferimento alla facoltà di impugnare, Sez. 5, n. 21200 del 20/12/2016, dep. 2017 COGNOME, Rv. 269922, secondo cui, in tema di impugnazioni, l’espulsione non costituisce un impedimento legittimo ed assoluto, nè una causa di forza maggiore, ostativa all’esercizio dei diritti di difesa e che impedisca di prop
impugnazione, poichè la facoltà di impugnare può esercitarsi anche mediante deposito dell’atto presso un agente consolare all’estero oppure spedendo l’at con raccomandata, ai sensi degli artt. 582 e 583 cod. proc. pen.).
3.2. La consultazione degli atti ha, poi, confermato quanto si leg nell’ordinanza impugnata, cioè che mancavano sia il mandato ad impugnare che la dichiarazione o elezione di domicilio.
Se ne deve dedurre che la declaratoria di inammissibilità dell’appello ogg impugnata è avvenuta nel rispetto della normativa applicabile ratione temporis, prima delle modifiche legate alla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal agosto 2024, che ha ristretto l’obbligo di cui all’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. al solo imputato – giudicato in assenza – difeso di ufficio. La disciplina anteriore alla legge n. 114/2024, infatti, esigeva sempre, a pena inammissibilità, per l’imputato giudicato in assenza, il deposito con l’att impugnazione di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronunzia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicili dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Circa la perdurante applicabilità del testo appena ricordato anche al caso un imputato giudicato sì in assenza, ma difeso di fiducia, un’indicazione indubbio rilievo esegetico può essere tratta dalla recente decisione delle Sezi Unite di questa Corte del 24 ottobre 2024 (ric. COGNOME) sulla previsione di all’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen.
Tale decisione – benché concernente norma diversa da quella che deve trovare applicazione per COGNOME – si rivela, infatti, utile sia per escludere c modifiche normative successive al deposito dell’appello dichiarato inammissibile siano rilevanti nella specie, sia per verificare l’attuale rilevanza dell’altr di inammissibilità dell’appello, cioè la mancanza della dichiarazione o elezione domicilio pure richieste dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.
Le Sezioni Unite COGNOME si sono pronunziate sulle seguenti questioni controverse:
«Se ai fini della perdurante applicazione della disciplina contenuta nell’a 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – si debba avere riguardo alla data della sentenza impugnata ovvero alla data di presentazione dell’impugnazione;
Se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’at di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezi di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art
comma 1-ter, cod. pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fin indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezi domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo».
Riguardo ai quesiti predetti, le Sezioni Unite COGNOME, sulla base dell’informazione provvisoria resa (n. 15/2024), si è espressa nei termini seguito precisati: «La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024. La previsione ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazion contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione».
Dalla detta sentenza si ricava, dunque, che: la novella ex art. 2, lett. o), L. 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – che ha abrogato il comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen. – non si applica alle impugnazioni, come quella sub iudice, presentate prima della sua entrata in vigore; ai fini dell’ammissibilità di un’impugnazione rientrante nel regime ante novella, non è sufficiente che in atti vi sia una precedente dichiarazione o elezione di domicil ma è necessario che l’atto di impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla su collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione.
In particolare, quanto a quest’ultimo aspetto, il Collegio ha rilevato come pronuncia delle Sezioni Unite e, precisamente, dell’utilizzo della congiunzione “e”, non possa avere altro significato che quello secondo cui, ai f dell’osservanza della disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. ed in mancanza di una nuova elezione di domicilio rilasciata all’atto del presentazione dell’impugnazione e sottoscritta dall’imputato, possa anche essere sufficiente il richiamo espresso ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio all’interno dell’impugnativa, ma sempre che lo stess impugnante precisi altresì la sua collocazione nel fascicolo processuale (Sez. n. 140 del 19/11/2024, dep. 2025, COGNOME, non mass.).
Dalle indicazioni esegetiche ricavabili dall’informazione provvisoria delle Sezioni Unite, quanto alla posizione di COGNOME, può dunque affermarsi che:
è corretto fare riferimento al testo dell’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen. vigente al momento della presentazione dell’appello, posto che le modifiche successive, che hanno riservato alla posizione del solo imputato difeso di ufficio l’onere dell’allegazione dello specifico mandato ad impugnare non si applicano al caso sub iudice;
resta altresì ferma, quale condizione di ammissibilità dell’impugnazione dell’imputato assente, l’allegazione anche di una dichiarazione o elezione domicilio rilasciata dopo la pronunzia della sentenza impugnata;
quand’anche non si ritenesse necessario che la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato assente sia rilasciata dopo la sentenza impugnata, comunque sarebbe necessario un richiamo espresso ad una precedente elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale.
Ebbene, nel caso dell’odierno ricorrente, difettano le condizioni anzidett perché manca non solo lo specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza di primo grado, ma anche la dichiarazione o elezione di domicilio ovvero, pur essendo indicata un’elezione di domicilio nell’appello, non precisato in quale occasione tale elezione sia stata rilasciata e dove essa po essere reperita all’interno del fascicolo processuale.
La parte eccepisce anche l’illegittimità costituzionale degli artt. 58 commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 24, 27, 111 e 117 Cost., 6 e 7 Cedu, considerato che la disciplina prevista dai suddetti commi del citato art. 581 non era idonea ad assicurare un corretto equilibrio fr principio dell’inviolabilità del diritto di difesa e le esigenze dell’ordinam relative ad una celere definizione del processo penale.
Ebbene, tale doglianza è inammissibile perché la questione di legittimità costituzionale in parola risulta manifestamente infondata, come già affermato da Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900 e da Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324. In tal senso, si è affermato che i commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non si pongono in contrasto con gli artt. 24, e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenz
dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere d impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al s difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità diritto dì difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino al definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (nello stesso sostanzi senso si pone la sentenza NOME COGNOME, secondo cui gli artt. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 1 e dell’art. 89, comma 3, del medesimo d.lgs., non si pongono in contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost. e art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a p di inammissibilità dell’appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto assenza dell’imputato, unitamente all’atto di appello, sia depositata dichiarazione o l’elezione di domicilio, ai fini della notificazione dell’at citazione, e lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, essendosi in presenza di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi “in limine impugnationis” ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine).
In particolare, alle conclusioni di cui sopra, la sentenza COGNOME è giunta ricordando che la volontà del legislatore del d.lgs. n. 150 del 2022 è st dichiaratamente quella di ridurre il rischio di nullità della notificazione decreto contenente la vocatio in iudicium e, nel contempo, di scongiurare la possibilità che, all’esito del giudizio di impugnazione, l’imputato assente pos dolersi di non essere stato messo concretamente a conoscenza della esistenza dello stesso giudizio e così ottenere la restituzione nel termine per impugnar ovvero la rescissione del giudicato che eventualmente si sia formato.
Come rilevato dalla sentenza COGNOME (Sez. 5, n. 140/2025), due osservazioni, tra le altre, appaiono cruciali nell’escludere una frizione dell 581, comma 1-quater cod. proc. pen. con l’art. 24, comma 2, Cost.
Una prima riflessione di entrambe le sentenze, centrale nel senso di escludere la violazione delle prerogative difensive – e nel senso di ritenere l non irragionevolezza della scelta legislativa di introdurre le condizioni ammissibilità di cui all’art. 581, comma 1-quater codice di rito – fonda sulla
funzione di riequilibrio data dalla modifica contestualmente apportata dall riforma alla disciplina del computo del termine per impugnare (maggiorato di
quindici giorni per il difensore dell’imputato assente ex
comma
1-bis dell’art.
585 del codice di rito) e dall’introduzione di un’ipotesi, rinnovata presupposti, di restituzione nel termine di cui all’art. 175, comma 2.1, c
proc. pen. (quando l’imputato, benché correttamente dichiarato assente, provi di non avere avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non
avere avuto la possibilità di impugnare nei termini senza sua colpa).
COGNOME è
Un’altra considerazione cruciale che si coglie nella sentenza quella
che concerne l’impatto della norma sulla facoltà impugnatoria della parte, che non ne esce intaccata.
Per giungere a questa conclusione, pur consapevole dell’esegesi che vede una sorta di “parallelismo” tra la facoltà di impugnazione spettante all’imputat
COGNOME e quella riconosciuta al suo difensore, la sentenza
ha escluso che se ne possa trarre la conseguenza che si tratti due distinti poteri spettanti ciascu
differenti “soggetti” del processo; ciò in quanto «il potere di impugnazion resta, infatti, personale ed unico, nel senso che dello stesso è titolare i imputato in quanto parte necessaria del processo, mentre il legislatore pu disciplinare altre possibili forme di manifestazione di quel poter riconoscendone ad altri soggetti la facoltà di esercizio, come accade appunto per il difensore in ragione di una forma di rappresentanza legale».
Di qui – conclude la sentenza Giambra il ridimensionamento delle preoccupazioni circa la tenuta costituzionale della disposizione, che non intacc il potere di impugnazione dell’imputato ma che, anzi, in definitiva lo potenzi assicurando che la facoltà di esercizio attribuita al difensore trovi la concretizzazione solo nella consapevolezza dell’assistito.
Il ricorso va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16/01/2025