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Mandato a impugnare post sentenza: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per mancanza di un specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la sentenza di primo grado, come richiesto dalla Riforma Cartabia per l’imputato assente. La sentenza sottolinea la necessità di una volontà consapevole dell’imputato di procedere con l’appello.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato a Impugnare Post-Sentenza: Requisito Essenziale per l’Imputato Assente

Con la sentenza n. 12456 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su una delle novità più significative introdotte dalla Riforma Cartabia: l’obbligo di un mandato a impugnare specifico, rilasciato dopo la sentenza, per l’imputato giudicato in assenza. Questa decisione ribadisce la rigidità del nuovo requisito, volto a garantire che l’impugnazione sia espressione di una volontà attuale e consapevole dell’interessato, e non un mero automatismo difensivo. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso: un Appello Respinto in Partenza

Il caso ha origine da un’ordinanza della Corte d’Appello di Bologna, che dichiarava inammissibile l’appello proposto nell’interesse di un imputato condannato in primo grado all’esito di un procedimento in assenza. La ragione della declaratoria di inammissibilità era puramente procedurale: il difensore non aveva depositato, unitamente all’atto di appello, uno specifico mandato a impugnare rilasciato dal suo assistito dopo la pronuncia della sentenza di condanna.

Il difensore, nel successivo ricorso per cassazione, sosteneva di aver fatto riferimento a una nomina già presente agli atti, depositata prima della sentenza, e di aver indicato il domicilio dell’imputato. Lamentava inoltre l’impossibilità di ottenere un nuovo mandato nel ristretto termine previsto, a causa di problemi di salute dell’assistito.

La Nuova Disciplina del Mandato a Impugnare nella Riforma Cartabia

Il cuore della questione risiede nell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022). Questa norma stabilisce che, quando si impugna una sentenza emessa nei confronti di un imputato assente, l’atto di appello deve essere accompagnato, a pena di inammissibilità, da due elementi fondamentali:

1. Uno specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza.
2. La dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

Questa disposizione si applica a tutte le impugnazioni contro sentenze emesse dopo il 30 dicembre 2022.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile anche il ricorso, ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, fornendo una chiara interpretazione della norma. I giudici hanno spiegato che la ratio della nuova disposizione è duplice. Da un lato, si vuole garantire la valida notificazione del decreto di citazione per il giudizio d’appello, evitando ritardi. Dall’altro, e in modo ancora più significativo, si intende assicurare che l’impugnazione sia frutto di una scelta ponderata e personale dell’imputato, il quale deve avere effettiva contezza della sentenza di condanna.

L’obbligo di un mandato a impugnare posteriore alla sentenza serve proprio a questo: a verificare che l’imputato, informato dell’esito del processo, rinnovi la sua volontà di procedere con un ulteriore grado di giudizio. Questo evita gli “automatismi difensivi”, ossia appelli presentati per prassi dal legale ma non sorretti da un reale e attuale interesse del condannato.

La Corte ha inoltre respinto l’argomentazione relativa ai problemi di salute, osservando che l’imputato non aveva presentato alcuna istanza di restituzione nel termine, strumento processuale previsto proprio per simili impedimenti.

Le Conclusioni della Corte

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: per l’imputato assente, l’appello non è più un atto che il difensore può compiere sulla base di un mandato generico e precedente. È necessario un nuovo e specifico conferimento di potere, successivo alla sentenza, che attesti la consapevolezza e la volontà dell’imputato di proseguire la battaglia legale. La mancanza di questo requisito formale, considerato non irragionevole dal legislatore, comporta la sanzione più grave: l’inammissibilità dell’impugnazione. La pronuncia consolida un’interpretazione rigorosa della norma, ponendo l’accento sulla responsabilità dell’imputato assente di manifestare attivamente il proprio interesse a contestare la condanna.

Dopo la Riforma Cartabia, cosa deve fare l’imputato giudicato in assenza per presentare appello?
Deve rilasciare al proprio difensore uno specifico mandato a impugnare, datato successivamente alla pronuncia della sentenza di primo grado. Tale mandato deve contenere anche la dichiarazione o l’elezione di domicilio per le notifiche del giudizio d’appello.

È valido un mandato a impugnare rilasciato prima della sentenza che si intende appellare?
No. Per l’imputato giudicato in assenza, la Corte di Cassazione ha chiarito che un mandato antecedente alla sentenza, anche se già depositato agli atti, non è sufficiente. La legge richiede espressamente un atto successivo alla pronuncia, a pena di inammissibilità dell’appello.

Qual è lo scopo del requisito di un nuovo e specifico mandato a impugnare?
Lo scopo è garantire che l’imputato abbia effettiva conoscenza della sentenza di condanna e che la decisione di impugnare sia una sua scelta personale, attuale e ponderata. Ciò serve a evitare la presentazione di appelli ‘automatici’ da parte del difensore, assicurando che solo le impugnazioni sorrette da un reale interesse del condannato procedano al grado successivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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