Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27469 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27469 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 26/06/2025
R.G.N. 15424/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Nigeria il 26/08/1989
avverso l’ordinanza del 04/04/2025 del Tribunale di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1-bis, cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 04/04/2025 il Tribunale di Firenze, in funzione di riesame, rigettava gli appelli proposti avverso le ordinanze del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Prato del 09/07/2024, che aveva sostituito nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere, con quella del divieto di dimora nelle Province di Prato, Pistoia e Firenze, del 11/11/2024, che aveva aggravato la misura in atto con quella del divieto d dimora nella Regione Toscana e della Corte di appello di Firenze del 03/12/2024, che, in aggravamento di tale ultima misura cautelare, applicava la custodia cautelare in carcere.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 143 e 180 cod. proc. pen., perchØ l’ordinanza di aggravamento della Corte di appello di Firenze del 03/12/2024 non Ł stata tradotta nella lingua conosciuta dall’imputato, con conseguente nullità. Rileva, in particolare, che, pur avendo la Corte di merito disposto la traduzione del provvedimento in inglese, lingua conosciuta dal ricorrente, ad oggi detta traduzione non Ł stata effettuata; che era noto ab origine che l’imputato non parla e non comprende la lingua italiana; che non esistevano ragioni di urgenza che rendevano indifferibile l’esecuzione dell’ordinanza per il tempo ragionevole occorrente per la traduzione, tenuto conto che trattasi di un provvedimento dal contenuto elementare limitato a sole due pagine e che l’inglese non Ł una lingua rara, per cui non vi sono difficoltà a reperire un interprete; che erra il Tribunale del riesame, quando afferma che l’eccezione di nullità avrebbe dovuto essere proposta innanzi al giudice di prime cure e solo in seconda battuta innanzi al giudice dell’impugnazione cautelare; che, invero, nessuna norma impone all’imputato di far valere la nullità di cui all’art. 143 cod. proc. pen. in relazione all’ordinanza cautelare prima innanzi allo stesso giudice che l’ha emessa e solo dopo innanzi al Tribunale del riesame; che trattasi di un vizio genetico del provvedimento fatto valere tempestivamente dalla difesa in sede di impugnazione; che l’imputato, non avendo conoscenza del contenuto del
provvedimento, non ha potuto difendersi.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 274, lett. c) e 275, comma 1, cod. proc. pen., nonchØ carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, con riferimento alle due ordinanze del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Prato del 09/07/2024 e del 11/11/2024. Evidenzia che il Tribunale del riesame ha aderito acriticamente alla motivazione delle due ordinanze impugnate, senza tener conto delle doglianze difensive; che entrambe le ordinanze del Giudice dell’udienza preliminare avevano posto a fondamento della misura cautelare la necessità di sradicare il ricorrente dagli ambienti delinquenziali nei quali Ł stato ritenuto fosse inserito, senza considerare che tale circostanza (cioŁ, l’inserimento dell’imputato nei circuiti criminali pratesi) non emerge dagli atti, posto che il COGNOME ha sempre delinquito da solo e che non Ł mai stato controllato insieme a pregiudicati; che anche l’assunto secondo il quale il ricorrente non ha legami leciti con il territorio pratese Ł destituito di fondamento, sol che si consideri che l’imputato Ł seguito sia dall’associazione Giorgio La Pira di Prato, che dalla locale Caritas, come emerge dalla documentazione prodotta dalla Difesa.
Ritiene, dunque, il difensore che, tenuto conto che il COGNOME Ł soggetto ben conosciuto dalle Forze dell’Ordine di Prato, misura idonea a scongiurare il pericolo di recidiva sarebbe stata quella dell’obbligo di dimora in Prato, accompagnata dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., con riferimento al travisamento del fatto in punto di sussistenza delle esigenze cautelari. Osserva che il Tribunale del riesame ha desunto il pericolo attuale e concreto di reiterazione di condotte criminose omogenee solo dal titolo di reato per cui si procede, senza un concreto riferimento al fatto concreto e addirittura travisando le risultanze emergenti dagli atti; che, invero, il Musa aveva reagito, minacciando la persona offesa con il coltello, solo dopo che quest’ultima lo aveva colpito con una bottiglia di vetro e non con una bottiglietta, come ha affermato il Tribunale del riesame; che, in secondo luogo, il provvedimento impugnato valorizza, quale ulteriore sintomo della pericolosità dell’imputato, le trasgressioni delle misure cautelari non custodiali; che, rispetto a tale valutazione, qualora venissero ritenuti sussistenti i vizi genetici delle due ordinanze del Giudice dell’udienza preliminare, applicative dei divieti di dimora, detti provvedimenti diverrebbero illegittimi ex tunc, rendendo irrilevanti le suddette violazioni, anche i fini del giudizio sulla personalità del Musa.
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 275, commi 1 e 3, cod. proc. pen., nonchØ illogicità e contraddittorietà della motivazione, con riferimento al giudizio di inadeguatezza di misure non custodiali a fronteggiare il pericolo di recidiva. Rappresenta che Ł illogico e contraddittorio sostenere che le due misure richieste dalla difesa comporterebbero un’ampia libertà di movimento, posto che le prime due misure del divieto di dimora applicate consentivano al ricorrente una libertà di locomozione maggiore, rispetto all’obbligo di dimora in un territorio circoscritto; che, in secondo luogo, altrettanto contraddittoria Ł l’affermazione secondo cui solo la misura intramuraria sarebbe in grado di fronteggiare il pericolo di reiterazione di ulteriori reati, tenuto conto che il COGNOME per cinque mesi ha continuato a gravitare nel territorio pratese, peraltro, senza commettere reati; che, infine, ancora illogico, a giustificazione della custodia cautelare in carcere, Ł l’assunto per cui si tratta di soggetto irregolare sul territorio dello Stato e senza fissa dimora, situazione questa che sussisteva anche all’atto dell’applicazione delle due misure non custodiali e che, in assenza di una lecita occupazione, il ricorrente trarrebbe dall’attività illecita i mezzi per il sostentamento, circostanza questa smentita dal fatto che – come si Ł detto – il Musa Ł seguito dalla Caritas e dall’associazione Giorgio La Pira.
2.5. In data 11/06/2025 Ł pervenuta memoria scritta, in cui si ribadisce il contenuto dei motivi di ricorso, evidenziando, in relazione al primo, che la giurisprudenza implicitamente richiamata dal
Procuratore generale Ł stata male interpretata e che, in ogni caso, violi la Direttiva 2010/64/UE del 20/10/2010 e, perciò, anche l’art. 117, comma 1, Cost. Rileva, in particolare, che costituisce un assurdo logico affermare, da un lato, che la nullità derivante dall’omessa traduzione del provvedimento non sussiste, se l’imputato non allega il pregiudizio subito al diritto di difesa e, dall’altro, che l’esercizio della facoltà alla quale la traduzione Ł funzionale, ossia, nel caso di specie, la proposizione dell’appello ex art. 310 c.p.p., sana la nullità medesima.
Sotto il secondo profilo, osserva che, a mente dell’art. 3 della Direttiva 2010/64/UE, la traduzione degli atti fondamentali del procedimento penale Ł il presupposto per l’attuazione e la garanzia del processo equo e per assicurare che l’indagato o l’imputato siano in grado di esercitare i diritti di difesa; che la direttiva 2010/64/UE vuole assicurare le condizioni per cui l’indagato o l’imputato siano in grado di esercitare i diritti difesa garantendo, così, anche l’equità del procedimento; che, in sostanza, l’assistenza di un interprete deve permettere all’accusato di prendere conoscenza delle accuse formulate contro di lui e di difendersi, in particolare, presentando la sua versione dei fatti al Tribunale; che, se l’imputato non esercita i diritti conseguenti ad un atto, non lo impugna, non fornisce la propria versione dei fatti, Ł una sua scelta, ma lo stesso, grazie alla traduzione degli atti fondamentali, Ł stato posto nelle condizioni di poterli esercitare; che le decisioni che limitano la libertà personale sono sempre atti fondamentali, che devono essere sempre tradotte e la traduzione deve essere tempestiva; che, dunque, non deve esser fornita alcuna prova del pregiudizio all’esercizio di un diritto di difesa, perchØ la Direttiva 2010/64/UE ragiona in termini di possibilità, di chance di far valere i propri diritti, che evidentemente Ł persa se la traduzione Ł omessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile per le ragioni che seguono.
1.1. Il primo motivo Ł manifestamente infondato.
Osserva il Collegio che la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che, in materia di misure cautelari personali, l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, Ł affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen.; che, ove, invece, non sia già emerso che l’indagato alloglotta non conosca la lingua italiana, l’ordinanza di custodia cautelare non tradotta emessa nei suoi confronti Ł valida fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, che comporta l’obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine, la cui violazione determina la nullità dell’intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compresa l’ordinanza di custodia cautelare (Sez. U, n. 15069 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286356 – 01).
Il fondamento sistematico della necessità di una traduzione chiara, completa e celere del titolo cautelare Ł stato ravvisato nel combinato disposto di cui agli artt. 24, comma 2, Cost. e 6, par. 3, lett. a), CEDU, atteso che il provvedimento che dispone una misura cautelare personale produce i suoi effetti tipici immediatamente, incidendo direttamente sulla libertà personale dello straniero che non conosce la lingua italiana.
A parere del Collegio, evidenti ragioni di analogia in bonam partem, considerata l’identica incidenza sulla libertà personale dell’interessato, impongono di ricomprendere sotto l’àmbito di operatività di tale regola anche i provvedimenti che – come quello impugnato – aggravano la misura cautelare, posto che hanno sensibili ricadute sulla libertà personale (Sez. 2, n. 14657 del 07/03/2024, COGNOME NOME COGNOME, Rv. 286310 – 01).
Trattasi di una nullità generale a regime intermedio, che deriva dal combinato disposto di cui agli artt. 143 e 292 cod. proc. pen., che deve «essere eccepita con l’impugnazione dell’ordinanza applicativa dinanzi al tribunale del riesame, restando altrimenti preclusa la sua deducibilità e la sua rilevabilità» (Sez. 1, n. 1262 del 20/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276482 – 01; in senso conforme, si vedano Sez. 3, n. 41786 del 26/10/2021, COGNOME, Rv. 282460 – 01; Sez. 1, n. 1072 del 20/11/2019, dep. 2020, NOME, Rv. 278069 – 01).
Nel caso di specie, la questione della omessa traduzione dell’ordinanza di aggravamento non Ł
stata proposta con i motivi di appello, ma solo con una memoria del 03/04/2025, circostanza questa non contestata dal difensore con il presente ricorso, per cui risulta sanata. Invero, in tema di appello cautelare, la cognizione del giudice, per la natura devolutiva del gravame, Ł circoscritta entro il limite dei motivi dedotti dall’appellante, oltre che di quanto deciso con il provvedimento gravato, sicchØ non possono proporsi motivi nuovi rispetto a quelli avanzati nell’istanza sottoposta al giudice di prime cure, nØ al giudice “ad quem” Ł attribuito il potere di estendere la propria cognizione “ex officio” a questioni non esaminate dal giudice “a quo”, salvo che si tratti di nullità assolute, rilevabili anche d’ufficio in ogni stato e grado. Tale non Ł – come si Ł sopra evidenziato – la nullità derivante dall’omessa traduzione dell’ordinanza di aggravamento della misura cautelare.
1.2. Con riferimento agli altri motivi di ricorso, che – per essere tutti relativi alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla scelta della misura – possono essere trattati congiuntamente, occorre premettere che la giurisprudenza di legittimità Ł ormai consolidata nel ritenere che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame, in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza e – per quel che qui interessa all’esistenza ed al grado dei pericula libertatis, consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio cautelare ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828 – 01) e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01). In altri termini, la ricostruzione del fatto e le questioni relative all’intensità delle esigenze cautelari sono rilevabili in cassazione soltanto se si traducono nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, con la conseguenza che il controllo di legittimità non concerne nØ la ricostruzione dei fatti, nØ l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori: sono, dunque, inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, atteso che trattasi di censure non riconducibili alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge (Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sez. 7, ord. n. 12406 del 19/2/2015, MiccichŁ, Rv. 262948 – 01; Sez. Feriale, n. 47748 del 11/8/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01). Dunque, nel momento del controllo della motivazione, non si deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, nØ si deve condividerne la giustificazione, dovendosi, invece, limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perchØ Ł estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (Sez. U, n. 12 del 31/5/2000, COGNOME, Rv. 216260 01; Sez. U, n. 47289 del 24.9.2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01).
1.3. Orbene, ritiene il Collegio che le circostanze di fatto prospettate dal ricorrente siano state adeguatamente valutate dal Tribunale del riesame con motivazione congrua e immune da vizi logici, per cui il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla scelta della misura, lungi dal costituire una critica argomentata al provvedimento impugnato, si risolvono nella pedissequa e sterile reiterazione delle medesime doglianze già avanzate al giudice dell’impugnazione cautelare.
Ed invero, il provvedimento impugnato ha valorizzato innanzitutto la personalità fortemente trasgressiva del Musa e la sua assoluta indifferenza ai moniti dall’Autorità Giudiziaria, che ha desunto i) dalle modalità della condotta criminosa, puntualmente descritta, ii) dalle plurime violazioni di entrambe le misure cautelari non custodiali, iii) dai numerosi precedenti penali e giudiziari da cui risulta gravato, anche per fatti specifici; ha ritenuto, dunque, necessario allontanare l’imputato dall’ambiente nel quale era maturata la condotta criminosa, sì da sradicarlo da luoghi a lui familiari, che avrebbero potuto agevolarlo nella commissione di ulteriori reati, potendone sfruttare la conoscenza; ha evidenziato, inoltre, come i plurimi precedenti penali e di polizia dovessero far presumere non solo che le precedenti condanne non hanno sortito alcun effetto deterrente rispetto alla commissione di ulteriori reati, sia che il ricorrente tragga dalla attività illecita i mezzi per il suo sostentamento, come il presente procedimento dimostra; ha, infine, sottolineato come i provvedimenti impugnati hanno applicato misure cautelari sempre piø afflittive in maniera del tutto graduale, fino a giungere alla misura cautelare estrema, avendo preso atto delle continue trasgressioni degli obblighi connessi alle misure via via piø afflittive.
Ebbene, rispetto alla trama motivazionale del provvedimento impugnato, che si sviluppa in maniera piana, esaustiva e convincente, tutti e tre i motivi reiterano – come si Ł evidenziato – le stesse doglianze mosse in sede di riesame, senza argomentare criticamente in ordine ad eventuali illogicità del percorso argomentativo seguito nel provvedimento impugnato, per cui, sotto questo aspetto, sono anche aspecifici.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 26/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME