Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14537 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14537 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Albania il 26/02/1986
avverso la ordinanza del 16/12/2024 della Corte di appello di Firenze udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1-bis, cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza del 16/12/2024 la Corte di appello di Firenze respingeva la richiesta di rescissione del giudicato e di rimessione nei termini per impugnare, proposta da NOME COGNOME avente ad oggetto la sentenza n. 110/2017 del Tribunale di Pistoia del 06/02/2017, irrevocabile in data 18/11/2017.
Il COGNOME a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad unico articolato motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 629-bis e 156 cod. proc. pen. Evidenzia che in data 28/08/2015 l’odierno ricorrente, detenuto per altra causa, riceveva la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari a mani proprie e che in tale sede nominava difensore di fiducia l’avv. NOME
Mandarano del foro di Prato, eleggendo domicilio presso il suo studio; che le successive notifiche e, in particolare, quella del decreto di citazione a giudizio, nonostante lo stato di detenzione dell’imputato, venivano effettuate via pec al difensore domiciliatario; che una siffatta nullità non è stata eccepita dal difensore, che non ha neppure partecipato al processo, tanto che nelle due udienze nelle quali è stato celebrato il giudizio di appello è stato nominato un difensore di ufficio ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen.; che tal circostanze di fatto depongono nel senso della mancanza di rapporto professionale tra il difensore e l’assistito; che, dunque, vi è la prova dell incolpevole mancata conoscenza del processo da parte del COGNOME, che avrebbe dovuto ricevere le notifiche ai sensi dell’art. 156 cod. proc. pen., in modo da essere messo in condizione di poter partecipare al processo.
Il ricorso è inammissibile per essere manifestamente infondato l’unico motivo cui è affidato.
Rileva, invero, il Collegio che l’istanza di rescissione avanzata alla Corte di appello si fondava su un presupposto del tutto errato e fuorviante e cioè che l’imputato fosse difeso di ufficio dall’avv. NOME COGNOME circostanza questa reiteratamente ribadita nella richiesta, al fine di sostenere la mancata conoscenza del processo da parte del COGNOME, per non aver mai aver mai avuto contatti con il difensore di ufficio.
Risulta, invece, dagli atti che l’odierno ricorrente il 28/8/2015, dopo aver ricevuto in data 26/8/2015 la notifica a mani proprie dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari del presente procedimento, aveva nominato l’avv. COGNOME difensore di fiducia e aveva contestualmente eletto domicilio presso il suo studio professionale, dove regolarmente venivano effettuate le successive notifiche. In proposito, deve evidenziarsi che sussiste colpa nella mancata conoscenza della celebrazione del processo, preclusiva del ricorso al rimedio di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen., quando l’indagato o l’imputato, dopo aver nominato un difensore di fiducia in un procedimento penale, non si attiva autonomamente per mantenere con lo stesso i contatti periodici essenziali per essere informato dello sviluppo di tale procedimento (Sez. 3, n. 15124 del 28/03/2024, Z., Rv. 286146 – 01).
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 14 marzo 2025.