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Maltrattamento animali: no alla tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di maltrattamento animali a carico di una persona che deteneva un cane in condizioni di grave sofferenza: legato con un guinzaglio corto, senza acqua e in uno spazio angusto e sporco. La Corte ha stabilito che la grave sofferenza inflitta all’animale è incompatibile con l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, dichiarando inammissibile il ricorso.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Maltrattamento animali: quando la sofferenza esclude la non punibilità

Il tema del maltrattamento animali è sempre più al centro del dibattito giuridico e sociale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiarificazione sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ (art. 131-bis c.p.) in questi casi. La Suprema Corte ha stabilito un principio netto: quando la sofferenza inflitta all’animale è grave, non c’è spazio per considerare il fatto come ‘tenue’ e, di conseguenza, per escludere la punizione.

Il caso in esame

I fatti alla base della decisione riguardano la condanna di una persona per aver detenuto il proprio cane meticcio in condizioni del tutto incompatibili con la sua natura e produttive di gravi sofferenze. L’animale era stato trovato legato con un guinzaglio talmente corto da impedirgli quasi ogni movimento, senza acqua a disposizione, assetato e affamato. Era costretto a vivere in uno spazio angusto, sporco di urina e feci, per molte ore e senza alcuna assistenza. A seguito di questa prolungata condizione, il cane aveva anche iniziato a zoppicare.

Il Tribunale di primo grado aveva condannato l’imputata al pagamento di un’ammenda di 5.000 euro. Contro questa decisione, la difesa aveva proposto ricorso in Cassazione, basandosi su tre motivi principali: il mancato proscioglimento per particolare tenuità del fatto, il diniego delle attenuanti generiche e la presunta eccessività della pena.

La decisione della Cassazione sul maltrattamento animali

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile.

I Giudici hanno smontato la tesi difensiva secondo cui si sarebbe trattato di un episodio isolato e di una responsabilità meramente colposa. Al contrario, le prove raccolte, incluse le testimonianze, hanno dimostrato una condizione di sofferenza acuta e consapevole.

La Corte ha sottolineato che la gravità della sofferenza patita dall’animale è un elemento che, di per sé, è ‘intrinsecamente incompatibile’ con il concetto di ‘particolare tenuità del fatto’. In altre parole, non si può definire lieve un comportamento che causa un dolore significativo a un essere vivente.

Le motivazioni della Corte

La motivazione della sentenza è chiara e diretta. La Corte ha spiegato che la prospettazione difensiva, che tentava di minimizzare l’accaduto come un singolo episodio di negligenza, tralasciava gli elementi più gravi emersi durante il processo: la sete, la fame, la sporcizia e la menomazione fisica (la zoppia) causata dalla posizione innaturale. Questi elementi, nel loro complesso, delineano un quadro di sofferenza che non può essere liquidato come irrilevante.

Inoltre, è stato respinto l’argomento relativo al diniego delle attenuanti generiche. La difesa aveva fatto leva sull’incensuratezza della persona e sull’occasionalità del fatto. Tuttavia, la Corte ha valorizzato un altro elemento: la consapevolezza del pregiudizio che l’animale avrebbe subito. Secondo quanto accertato, la proprietaria aveva affidato il cane a un’altra persona pur essendo pienamente cosciente delle conseguenze negative che ne sarebbero derivate.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza la tutela giuridica degli animali e invia un messaggio inequivocabile: il maltrattamento animali che provoca gravi sofferenze non sarà tollerato né considerato un reato minore. La decisione della Cassazione stabilisce un importante precedente, chiarendo che la valutazione della ‘tenuità del fatto’ deve tenere conto in modo primario del grado di sofferenza inflitta. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle Ammende a carico della ricorrente suggella la serietà con cui l’ordinamento giuridico intende affrontare e punire questi comportamenti.

Quando il maltrattamento di animali può essere considerato un fatto di ‘particolare tenuità’ non punibile?
Secondo la sentenza, non può mai essere considerato di ‘particolare tenuità’ quando è accertata una grave sofferenza dell’animale, poiché tale condizione è intrinsecamente incompatibile con la lievità del fatto richiesta dalla norma (art. 131-bis c.p.).

Quali elementi ha considerato la Corte per confermare la condanna per maltrattamento animali?
La Corte ha basato la sua decisione sulle condizioni concrete in cui versava l’animale: era legato con un guinzaglio cortissimo, privato di acqua, affamato, viveva in uno spazio angusto e sporco di deiezioni, e aveva sviluppato una zoppia a causa della posizione scorretta tenuta per lungo tempo.

Perché il ricorso dell’imputata è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate sono state ritenute manifestamente infondate e inconsistenti. La difesa tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa non permessa in sede di Cassazione, e la Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata logica, coerente e priva di contraddizioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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