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Maltrattamenti in famiglia: condanna per omissione

Una madre, inizialmente assolta, è stata condannata in appello per il reato di maltrattamenti in famiglia ai danni dei figli minori. La Cassazione ha confermato la condanna, specificando che il reato non richiede solo violenza attiva, ma può configurarsi anche per omissione, ossia per la costante trascuratezza e l’abbandono dei figli. La Corte ha chiarito che è sufficiente il dolo generico, cioè la consapevolezza di persistere in una condotta vessatoria, senza che sia necessario un intento specifico di umiliare le vittime.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Maltrattamenti in Famiglia: Quando la Trascuratezza Diventa Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 8617/2024, offre un’importante chiave di lettura sul reato di maltrattamenti in famiglia, chiarendo che tale delitto non si configura solo attraverso atti di violenza attiva, ma anche mediante condotte omissive che instaurano un regime di vita degradante e vessatorio per le vittime. Il caso analizzato riguarda una madre condannata per aver maltrattato i due figli minori, non solo con percosse, ma anche con una sistematica negligenza e abbandono dovuti alla sua dipendenza dall’alcol.

Il Caso: da un Quadro di Disagio Familiare alla Condanna

La vicenda processuale ha visto un ribaltamento di giudizio tra il primo e il secondo grado. Inizialmente, la madre era stata assolta perché la sua condotta era stata inquadrata come parte di un mero disagio familiare, legato alla sua dipendenza e alla conseguente incapacità di occuparsi adeguatamente dei figli.

La Corte di Appello, tuttavia, ha riformato la sentenza, ritenendo che le prove, in particolare le dichiarazioni dei minori, dimostrassero l’esistenza di un vero e proprio reato. I bambini avevano riferito di essere picchiati frequentemente, costretti a dormire di pomeriggio per poi seguire la madre nei bar fino a tarda notte e, in generale, di essere lasciati a sé stessi, privi di assistenza e cura. Questa situazione, secondo i giudici d’appello, andava oltre il semplice disagio e integrava pienamente la fattispecie dei maltrattamenti.

La Decisione della Cassazione e la Definizione dei Maltrattamenti in Famiglia

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della difesa, confermando la condanna. Il tentativo di contrapporre la sentenza di primo grado a quella d’appello è stato interpretato come una richiesta di rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità. La Cassazione si è concentrata sulla corretta applicazione della legge da parte della Corte di Appello, ritenendone la motivazione logica e priva di vizi.

Le Motivazioni: la Natura dei Maltrattamenti in Famiglia

Le motivazioni della Corte sono cruciali per comprendere i contorni del reato. I giudici hanno ribadito due principi fondamentali.

Il Reato si Configura anche in Forma Omissiva

Il punto centrale è che i maltrattamenti in famiglia possono essere commessi anche attraverso l’omissione. Un genitore che non provvede a garantire al figlio minore le necessarie cure, assistenza e protezione, imponendogli un regime di vita connotato da un generale degrado nell’accudimento, commette questo reato. La condotta non deve necessariamente consistere in singoli atti di violenza, ma può manifestarsi come un’abituale trascuratezza che lede l’integrità fisica e morale del minore.

È Sufficiente il Dolo Generico

La Corte ha inoltre precisato che per la sussistenza del reato non è richiesto il dolo specifico, ovvero l’intenzione di avvilire e sottoporre le vittime a sofferenze. È sufficiente il dolo generico: la consapevolezza dell’agente di persistere in un’attività vessatoria, anche se questa è conseguenza di una condizione personale come l’alcolismo. L’imputata, pur agendo sotto l’effetto dell’abuso di alcol, era consapevole della natura dannosa e continuativa delle sue azioni e omissioni nei confronti dei figli.

Conclusioni: le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza per la tutela dei minori e delle vittime di violenza domestica. Si afferma con chiarezza che la responsabilità genitoriale non si esaurisce nell’astenersi da condotte violente, ma impone un dovere attivo di cura e protezione. La trascuratezza sistematica e l’abbandono, creando un ambiente di degrado e sofferenza, costituiscono maltrattamenti in famiglia a tutti gli effetti. Inoltre, condizioni di disagio personale dell’autore del reato, come la dipendenza da alcol, non costituiscono una scusante automatica se vi è la consapevolezza del carattere vessatorio della propria condotta.

I maltrattamenti in famiglia possono consistere solo in un’omissione, come la trascuratezza verso i figli?
Sì. La sentenza chiarisce che il reato di maltrattamenti in famiglia può essere commesso anche in forma omissiva, quando un genitore non provvede ad assicurare al minore le condotte di cura, assistenza e protezione necessarie, imponendo un regime di vita connotato da un generale degrado nell’accudimento.

Per essere condannati per maltrattamenti in famiglia è necessario avere l’intenzione specifica di umiliare la vittima?
No. La Corte ha ribadito che per questo reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza dell’agente di persistere in un’attività vessatoria. Non è richiesta l’intenzione specifica di sottoporre la vittima a sofferenze fisiche e morali.

Uno stato di difficoltà personale, come la dipendenza da alcol, esclude il reato di maltrattamenti in famiglia?
No. Sebbene la dipendenza da alcol fosse la causa delle condotte della madre, la Corte ha ritenuto che ciò non escludesse il reato, in quanto l’imputata era comunque consapevole del carattere abitualmente vessatorio e dannoso delle sue azioni e omissioni nei confronti dei figli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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