Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 41166 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 41166 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME (CUI 0608LOV), nato a Velletri il 20/05/1979
avverso la sentenza emessa il 24/09/2024 dalla Corte di appello di Roma visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso; udite le conclusioni del difensore, Avvocato NOME COGNOME che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma ha disposto, in esecuzione del mandato di arresto europeo emesso in data 21 maggio 2024 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lisbona, la consegna all’Autorità giudiziaria portoghese di NOME COGNOME per procedere nei suoi confronti per
il reato di traffico internazionale di ingenti quantitativi di cocaina.
L’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME, ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo, con unico motivo, l’inosservanza 18-bis, comma 1, della legge n. 69 del 2005.
Il difensore deduce che la Corte di appello di Roma ha già rifiutato la richiesta di consegna formulata dall’Autorità giudiziaria portoghese con sentenza del 03 maggio 2024, in quanto COGNOME è risultato sottoposto a indagine nel procedimento n. 2290/2023 R.G.N.R. pendente presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, nella fase delle indagini preliminari.
Il difensore ha, inoltre, rilevato che:
la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 3 maggio 2024, ha rigettato la richiesta di consegna emessa in data 21 maggio 2024 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lisbona per procedere nei confronti di COGNOME per il reato di traffico internazionale di ingenti quantitativi di cocaina, in quanto fatto era il medesimo per il quale procede la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria nel predetto procedimento;
la Corte di cassazione, con sentenza del 30 luglio 2024, ha annullato con rinvio l’ordinanza della Corte d’appello di Roma del 4 luglio 2024, che ha applicato la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere disposta nel procedimento incardinato sulla base del mandato di arresto europeo emesso in data 21 maggio 2024 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lisbona.
La Corte di cassazione ha rilevato la carenza di motivazione circa l’identità o meno del fatto reato oggetto del mandato di arresto europeo emesso dall’Autorità giudiziaria portoghese con quello per il quale procede la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, non essendo sufficiente a tal fine il mero richiamo all’astratta qualificazione della rubrica (artt. 73 e 80 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309/90, nel procedimento relativo al mandato di arresto europeo; art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 nel procedimento della Procura della Repubblica di Reggio Calabria).
Il difensore deduce che la sentenza impugnata, nell’affermare apoditticamente la diversità dei fatti, ha ignorato sia le indicazioni contenute nella sentenza della Corte di appello di Roma del 3 maggio 2024, sia le indicazioni contenute nella sentenza della Corte di cassazione del 30 luglio 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
Con unico motivo il ricorrente deduce l’inosservanza dell’art. 18-bis, comma 1, della legge n. 69 del 2005, in quanto pende presso la Procura della
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Repubblica del Tribunale di Reggio Calabria un procedimento penale per i medesimi fatti posti a fondamento del mandato di arresto europeo emesso dall’Autorità giudiziaria portoghese nei confronti di COGNOME e la Corte di appello ha motivato solo apparentemente sul punto.
2. Il motivo è fondato.
2.1. L’art. 18-bis, comma 1, lett. b), della legge n. 69 del 2005 sancisce che «uando il mandato di arresto europeo è stato emesso al fine dell’esercizio di azioni giudiziarie in materia penale, la corte di appello può rifiutare la consegna nei seguenti casi:
b) se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d’arresto europeo, nei confronti della persona ricercata è in corso un procedimento penale».
Tale disposizione, configurando una ipotesi di “litispendenza internazionale”, deve essere letta in stretta connessione con l’art. 54 della Convenzione di applicazione degli Accordi di Schengen del 1990, ratificata in Italia con la Legge n. 388 del 1993, secondo cui «una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta a procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente, a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione o non possa più essere eseguita per le leggi dello Stato di condanna».
La litispendenza è, dunque, causa ostativa alla consegna, in quanto si è inteso evitare che si formi all’estero, in altro Stato membro dell’Unione Europeo, un giudicato che impedisca all’Autorità giudiziaria italiana di procedere per lo stesso fatto in Italia.
La funzione preventiva di questa disposizione è confermata dal rilievo che tale motivo di rifiuto della consegna non è operante in ipotesi di mandato di arresto europeo esecutivo, poiché, in tale situazione, il giudicato nel Paese estero si è già formato e non vi è ragione per impedire la consegna della persona richiesta (in questo senso, anche Sez. F, n. 35285 del 2/9/2008, Ghinea, Rv. 240982).
Perché possa essere applicabile la norma in esame è, perciò, necessario che il fatto di reato oggetto del mandato di arresto europeo sia “lo stesso” di quello per il quale si procede in Italia, tale dovendosi considerare -in ragione dell’inevitabile richiamo all’art. 649 cod. proc. pen.- la medesima vicenda storica, intesa in relazione ai profili temporali, spaziali e modali, indipendentemente dalla qualificazione giuridica che ai fatti sia stata data dalle diverse autorità.
2.2. La Corte di giustizia dell’Unione europea, nella sentenza del 28 settembre 2006, C-150/05, COGNOME ha statuito che l’art. 54 della Convenzione di applicazione degli Accordi di Schengen del 1990 dev’essere interpretato nel senso che: – il criterio pertinente ai fini della sua applicazione
quello dell’identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro indipendentemente dalla qualificazione giuridica di tali fatti o dall’interesse giuridico tutelato; -che, quanto riguarda i reati relativi agli stupefacenti, da un lato, non viene richiesto che siano identici i quantitativi di droga di cui trattasi nei due Stati contraen interessati né i soggetti che si presume abbiano partecipato alla fattispecie nei due Stati.
Secondo la Corte di giustizia, d’altra parte, i fatti punibili consistent nell’esportazione e nell’importazione degli stessi stupefacenti e perseguiti in diversi Stati contraenti della detta Convenzione devono, in via di principio, essere considerati come «i medesimi fatti» ai sensi dell’art. 54, spettando alle autorità nazionali competenti la valutazione definitiva a questo riguardo.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, inoltre, in tema di mandato di arresto europeo, per la configurabilità del motivo di rifiuto della consegna basato sull’ipotesi di “litispendenza internazionale”, è necessario che il fatto di reato oggetto del mandato d’arresto europeo corrisponda alla medesima vicenda storica per la quale si procede in Italia, tenuto conto dei profili spazio-temporali e modali dei fatti, indipendentemente dalla qualificazione giuridica che agli stessi sia stata data dalle diverse autorità (Sez. 6, n. 9765 del 20/02/2014, COGNOME, Rv. 259117 – 01, fattispecie relativa ad un m.a.e. emesso dalle autorità austriache per alcuni reati di furto, mentre il procedimento pendente in Italia riguardava il reato di ricettazione degli stessi beni rubati in Austria; Sez. 6, n. 3504 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 258512 01; Sez. 6, n. 18084 del 10/05/2012, Rv. 252510, COGNOME).
2.3. La Corte di appello di Roma non ha fatto buon governo di questi princìpi, in quanto ha affermato apoditticamente la diversità del fatto posto a fondamento del mandato di arresto europeo da quello ancora pendente presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria e che ha formato oggetto di richiesta di archiviazione.
La Corte di appello, infatti, non ha operato alcuno specifico raffronto tra le condotte contestate nei distinti procedimenti nei loro estremi storico-naturalistici e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona, per come descritte nei provvedimenti agli atti.
Qualora il fatto sia il medesimo, la Corte di appello dovrà, altresì, motivare, stante il carattere facoltativo del motivo di rifiuto di cui all’art. 18-bis, comma 1, della legge n. 69 del 2005, sulle ragioni che, nel caso di specie, eventualmente giustificano il rigetto della consegna o la sua esecuzione.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere accolto e la sentenza deve
essere annullata per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che si uniformerà ai princìpi enunciati da questa Suprema Corte.
La Cancelleria curerà l’espletamento degli incombenti di cui all’art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello r…4 ,2
di Roma. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.11.4.
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Così deciso in Roma, il 6 novembre 2024.