Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32245 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 32245 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Pescia il 10 Aprile 1944 avverso il decreto reso il 6 Febbraio 2025 dal Tribunale di Pistoia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale dell’udienza; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento del decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Pistoia in accoglimento di entrambi i motivi di ricorso; lette le conclusioni degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato il Tribunale di Pistoia ha respinto l’opposizione presentata nell’interesse dell’avv. NOME COGNOME avverso il provvedimento di ammissione dei crediti professionali emesso il 12 luglio 2024 dal Giudice per le indagini preliminari in sede ex art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen. nell’ambito del procedimento di liquidazione dei beni della società RAGIONE_SOCIALE
Il Giudice per le indagini preliminari aveva riconosciuto solo in parte i crediti professionali di cui l’avv. COGNOME domandava l’ammissione allo stato passivo, in relazione a due procedimenti civili e ad una pratica di natura stragiudiziale; il legale ha proposto rituale impugnazione ex art. 59, comma 6, d.lgs. 59/2010, che è stata respinta con il decreto impugnato.
Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso COGNOME deducendo quanto segue:
2.1. Violazione dell’art. 4, commi 1 e 5, del decreto ministeriale 55/2014 e dell’art. 2233 cod. civ. e vizio di motivazione poiché, in riferimento alla richiesta liquidazione relativa alla pratica relativa al contenzioso tra RAGIONE_SOCIALE e COGNOME Giordano, il Tribunale ha ritenuto condivisibile la riduzione del compenso relativo alla fase istruttoria operata dal Giudice per le indagini preliminari, in considerazione della concreta attività difensiva e dell’impegno profuso dal professionista, che in quella fase si era limitato a depositare memorie.
L’articolo 4 comma 1 della Tariffa stabilisce che il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati sino al 50% e possono essere diminuiti non oltre il 50%; in ogni caso la motivazione è doverosa, essendo necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento. La giurisprudenza ha altresì precisato che il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso, in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi. Inoltre, ai fini della liquidazione del compenso vanno considerate anche le richieste di prova e le memorie illustrative delle domande già proposte: ne consegue che il deposito delle memorie è sufficiente a far sì che al professionista sia riconosciuto il compenso per la fase istruttoria.
Nel caso in esame, nella prospettazione difensiva, il Collegio, invece, ha ritenuto corretto la determinazione del compenso sulla base dei valori minimi della tabella, affermando che il ricorrente non avrebbe dimostrato di avere svolto un’attività professionale di maggiore complessità e meritevole di applicazione dei parametri del valore medio; così ha implicitamente riconosciuto a carico del difensore che redige la notula in base ai valori medi, l’onere di dimostrare la particolare complessità dell’attività professionale svolta, mentre non è necessaria questa dimostrazione per ottenere la liquidazione in base ai valori medi, ma è prevista la possibilità per il giudice di ridur fornendo in tal caso una particolare motivazione. Inoltre, nella liquidazione del compenso per la fase decisionale, occorre avere riguardo al valore della domanda e non al minor valore della transazione eventualmente raggiunta sicché il collegio avrebbe dovuto riconoscere il compenso nella misura richiesta nei valori medi senza operare illegittime riduzioni.
2.2. Violazione dell’art. 4, commi 1 e 6, della tariffa citata e dell’articolo 421 cod proc. civ. e motivazione meramente apparente in relazione alla liquidazione dei
compensi relativi alla pratica contro COGNOME NOME. Il Tribunale ha ritenuto che trattandosi di un contenzioso di lavoro, il valore di circa 11.637 euro oggetto della conciliazione tra le parti, fosse sintomatico della modesta complessità della causa di ingiusto licenziamento intentata da controparte, con la conseguenza che si palesa corretta l’applicazione dei parametri ministeriali nei loro valori minimi, considerato peraltro che non vi è stata alcuna attività istruttoria, posto che dopo la memoria di costituzione in giudizio, si è pervenuti alla definizione mediante conciliazione.
Si trattava di causa per licenziamento illegittimo conclusasi in sede di conciliazione e cioè alla prima udienza.
Il ricorrente osserva che il Tribunale non ha considerato le peculiarità del rito del lavoro, in cui la istruzione probatoria viene illustrata e chiesta con l’atto introdutti sicchè la fase deve essere liquidata anche se il giudizio si è concluso transattivamente prima dell’assunzione dei mezzi di prova.
Il Procuratore generale ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso poiché il compenso per il giudizio contro COGNOME Giordano già determinato nei minimi edittali è stato ulteriormente ridotto e ciò non sarebbe legittimo; il compenso liquidato nel giudizio tra RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME sarebbe illegittimo, poiché non è stata liquidata alcuna somma per la fase istruttoria che, invece, trattandosi di rito del lavoro, è ricompresa nella fase introduttiva e va liquidata.
Con memoria trasmessa il 21 luglio 2025 gli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché espone motivi generici e non consentiti.
Al riguardo occorre premettere che, in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa aliorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso (Cass. civ. Sez. 2, ord. n. 14198 del 05/05/2022, Rv. 664685 – 01).
Inoltre, è stato precisato che, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il
compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinché siano controllabili le ragioni che giustificano scostannento e la misura di questo. (Cass. civ. Sez. 3, ord. n. 89 del 07/01/2021, Rv. 660050 – 02).
Le modificazioni al d.m. n. 55 del 2014, introdotte mediante il d.m. n. 147 del 2022, non hanno in alcun modo inciso sull’inderogabilità dei minimi tariffari in sede di liquidazione giudiziale in assenza di diversa convenzione, avendo soppresso le parole “di regola” in tutti i commi in cui esse ricorrono, al fine di ridurre il margin discrezionalità dell’autorità giudiziaria, rendere più omogenea l’applicazione dei parametri e garantire maggiore coesione all’interno della categoria dei professionisti. (Cass. civ. Sez. 2, n. 24993 del 22/08/2023, Rv. 671474 – 01).
2. Con specifico riguardo al caso che ci occupa, è stato affermato che, in tema di misure di prevenzione patrimoniale, laddove nel procedimento incidentale di verifica sia chiesta l’ammissione al passivo di un credito derivante dall’esercizio della professione forense, l’istante non può limitarsi ad allegare la fattura emessa, ma è tenuto a provare la concreta esistenza del proprio diritto, documentando l’effettività e la consistenza dell’attività svolta mediante parcella delle spese sostenute e delle prestazioni rese, debitamente sottoscritta e corredata del parere della competente associazione professionale, atteso che il giudizio sul punto si caratterizza per l’attribuzione al giudic di poteri officiosi di verifica funzionali a contemperare l’esigenza di tutela dei credit con l’interesse pubblico ad evitare la surrettizia precostituzione di crediti di comodo finalizzati a far rientrare il proposto nel possesso della ricchezza di illecita provenienza (Sez. 6, n. 10387 del 06/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287710 – 01).
Ciò posto, con il primo motivo di ricorso, relativo alla liquidazione per la causa COGNOME Giordano, si lamenta che il Giudice per le indagini preliminari abbia applicato i parametri ministeriali nei valori minimi e abbia escluso o ridotto significativamente il compenso della fase istruttoria, ritenendo di scarsa rilevanza l’impegno del professionista, limitato a due memorie.
La censura è inammissibile perché non si confronta con la motivazione resa dal Giudice per le indagini preliminari nel progetto di stato passivo, presente agli atti, e non è sorretta da adeguato interesse ad impugnare: invero, dalla lettura degli atti emerge che, a fronte di un compenso, determinato nel rispetto dei minimi tariffari nella misura di 1388,63 euro, oltre a 276,00 euro per esborsi, oltre Iva e cpa, il difensore aveva già percepito in acconto la cifra di euro 3.714,00 oltre Iva e cpa, e cioè una somma pari ad oltre il doppio del compenso come determinato dal Giudice per le indagini preliminari.
In sostanza, la sua richiesta ammontava ad euro 5.448,08 in relazione ad una causa che lui stesso indica nel valore di 22.000,00 euro, e di fatto ha ricevuto un compenso di euro 3.714,00.
I valori medi sono stabiliti nella tariffa in misura pari al doppio dei valori minimi sicché il ricorrente risulta aver già ricevuto un compenso superiore ai valori medi edittali e, comunque, superiore ai valori minimi, contro cui incentra le sue censure; il motivo non è, pertanto, sostenuto da adeguato e concreto interesse, posto che il ricorrente ha in effetti ricevuto un compenso molto superiore a quello da lui contestato, mentre avrebbe dovuto fare riferimento al compenso effettivamente liquidatogli e allegare il concreto pregiudizio subito nel caso in esame.
Ed infatti, anche per valutare il concreto interesse alla proposizione dell’impugnazione, è onere della parte ricorrente allegare in modo specifico e in relazione alla voce liquidata l’entità dell’importo che risulta non essere stato liquidato in su favore, mentre nel caso in esame le censure sono generiche e astratte.
Anche il secondo motivo è generico, poiché non allega elementi concreti per apprezzare la fondatezza della censura, e non consentito poiché impinge nel potere discrezionale del giudice di merito.
All’avv. COGNOME è stata liquidata la somma complessiva di 4.400,00 euro, oltre Iva e cpa, stabilita nei minimi tariffari e nulla è stato liquidato per la fase istrutt sul rilievo che detta fase non si è svolta, essendosi l’attività defensionale limitata all predisposizione del ricorso, in quanto il giudizio si è concluso in sede di conciliazione.
Come affermato dallo stesso ricorrente, nel giudizio contro NOME COGNOME non vi è stata alcuna istruzione probatoria, in quanto dopo il deposito della memoria di costituzione si è pervenuti alla conciliazione della controversia, sicché il motivo di doglianza relativo alla mancata liquidazione della fase istruttoria non può trovare accoglimento.
A fronte di una conciliazione, all’esito della quale la somma da versare alla controparte è stata determinata in 11.600,00 euro, il Tribunale ha desunto che si trattava di questione non di particolare complessità e ha ritenuto congrua la liquidazione nell’ambito dei minimi tariffari, mentre dall’esame degli atti emerge che la richiesta del difensore era di euro 9.556,00.
Le altre censure risultano generiche poiché il difensore invoca un diritto alla determinazione del compenso nei valori medi, che alla stregua della giurisprudenza riportata nella parte generale risulta inesistente, e censura l’assenza di motivazione del provvedimento che appare invece supportato da succinta argomentazione, idonea a far comprendere le ragioni a suo sostegno.
5. In forza dei principi sopra richiamati e delle argomentazioni sin qui sviluppate il ricorso non supera il vaglio di inammissibilità anche perché, pur deducendo formalmente violazioni di legge, invoca nella sostanza una rivalutazione nel merito degli elementi di fatto presi in considerazione dal provvedimento impugnato, senza peraltro allegare specifici elementi a sostegno della sua prospettazione alternativa.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene congruo liquidare nella misura di euro tremila in ragione del grado di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma 11 settembre 2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME
-//