Limiti al Ricorso in Cassazione Dopo il Patteggiamento: Analisi di un’Ordinanza
L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie principali per la definizione alternativa dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, quali sono le possibilità di contestare la sentenza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui precisi limiti del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi di impugnazione sono ammessi e quali, invece, sono destinati a essere dichiarati inammissibili.
I Fatti di Causa
Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Macerata. L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato tre specifiche censure contro la decisione del GIP, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione.
I Motivi del Ricorso e i limiti del ricorso patteggiamento
Il ricorrente ha fondato la sua impugnazione su tre argomentazioni principali, ritenendo che la sentenza fosse viziata da:
1.  Omessa applicazione dell’art. 129 c.p.p.: Secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto prosciogliere l’imputato per una delle cause di non punibilità previste dalla legge, anziché ratificare l’accordo sulla pena.
2.  Illegalità della pena: La difesa sosteneva che la pena applicata fosse illegale a causa del mancato riconoscimento di un’ipotesi di reato più lieve.
3.  Omessa motivazione sulla pena: Si lamentava la mancanza di una spiegazione adeguata da parte del giudice riguardo alla quantificazione della pena concordata.
Questi motivi, tuttavia, si sono scontrati con le rigide barriere normative che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso integralmente inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, una norma che definisce in modo tassativo i motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa. In primo luogo, ha evidenziato che i motivi relativi all’omessa applicazione dell’art. 129 c.p.p. e alla carenza di motivazione sulla pena non rientrano tra quelli consentiti dalla legge per questo tipo di ricorso. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. stabilisce un elenco chiuso di vizi che possono essere fatti valere, e le questioni sollevate non vi appartengono.
Il punto cruciale della decisione riguarda però la presunta ‘illegalità della pena’. La Corte ha chiarito un principio fondamentale: lamentare il mancato riconoscimento di un’ipotesi di reato meno grave non equivale a denunciare un’illegalità della pena. Tale censura, infatti, implica una richiesta di rivalutazione del fatto, ossia un nuovo esame delle circostanze concrete del reato. Questa attività è preclusa non solo in sede di legittimità, ma anche come motivo di ricorso contro una sentenza di patteggiamento, che si basa proprio sulla rinuncia delle parti a un accertamento dibattimentale completo. L’illegalità della pena che può essere denunciata riguarda vizi strutturali della sanzione (es. una pena non prevista dalla legge), non la sua congruità rispetto al fatto.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce con forza che la scelta del patteggiamento comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. I limiti del ricorso patteggiamento sono netti: non è possibile utilizzare questo strumento per rimettere in discussione la qualificazione giuridica del fatto o la valutazione del giudice sulla congruità della pena concordata. Chi accede a questo rito alternativo deve essere consapevole che la sentenza potrà essere contestata solo per vizi formali e sostanziali ben determinati. La declaratoria di inammissibilità, inoltre, ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende, a monito contro la proposizione di ricorsi privi di fondamento giuridico.
 
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce limiti molto precisi e restrittivi, ammettendo il ricorso solo per specifici motivi espressamente previsti dalla legge.
Sostenere che la pena è ingiusta perché non è stata riconosciuta un’ipotesi di reato più lieve è un motivo valido per il ricorso?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa doglianza non costituisce un’ipotesi di ‘illegalità della pena’, ma una richiesta di rivalutazione dei fatti. Tale attività non è consentita come motivo di ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Cosa accade se il ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso infondato. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in tremila euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34106 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34106  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/03/2025 del GIP TRIBUNALE di MACERATA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso, riguardante la omessa applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., l’illegalità della pena e l’omessa motivazione sulla pena applicata, è proposto per ragioni non consentite dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (la prima e la terza questione), non potendosi sostenere l’illegalità della pena per il mancato riconoscimento della ipotesi lieve, investendo la censura una rivalutazione del fatto;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26.09.2025