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Limiti ricorso Cassazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili due ricorsi contro una sentenza di un tribunale di merito. La decisione si fonda sui rigidi limiti al ricorso per Cassazione previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che non consentono di sollevare questioni relative alla mancata applicazione di cause di non punibilità o al trattamento sanzionatorio, a meno che la pena non sia illegale. I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Limiti al Ricorso per Cassazione: un’Analisi della Recente Ordinanza

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti al ricorso per Cassazione nel sistema processuale penale italiano. Spesso, dopo una sentenza di condanna, si guarda alla Suprema Corte come ultima spiaggia per far valere le proprie ragioni. Tuttavia, l’accesso a questo grado di giudizio è tutt’altro che illimitato. La Corte, con una decisione netta, ha ribadito come la legge ponga paletti invalicabili ai motivi che possono essere portati alla sua attenzione, specialmente in determinati contesti procedurali. Analizziamo insieme questa pronuncia per capire meglio quali sono questi confini.

I Fatti del Caso

Due persone, a seguito di una sentenza emessa dal Tribunale di Monza, hanno deciso di presentare ricorso presso la Corte di Cassazione. Il primo ricorrente lamentava la mancata applicazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, che impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità in ogni stato e grado del processo. Il secondo ricorrente, invece, contestava il trattamento sanzionatorio ricevuto, ritenendolo inadeguato.

La Disciplina dei Limiti al Ricorso per Cassazione

La questione centrale della decisione ruota attorno all’interpretazione e all’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo tassativo quali sono i motivi per cui è possibile presentare ricorso per Cassazione avverso una sentenza emessa in seguito a un giudizio abbreviato o a un patteggiamento. La ratio della legge è quella di deflazionare il carico della Suprema Corte, limitando l’impugnazione a questioni di pura legittimità e a vizi particolarmente gravi.

La Corte ha esaminato entrambi i ricorsi alla luce di questa disposizione e li ha giudicati inammissibili.

La Decisione della Corte Suprema

Con una motivazione sintetica ma incisiva, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di entrambi i ricorsi. Di conseguenza, ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per chi promuove un’impugnazione temeraria o manifestamente infondata.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità. Per il primo ricorso, la Corte ha stabilito che la doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. non rientra tra le ragioni consentite dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Questo significa che il legislatore ha scelto di escludere tale tipo di censura dal novero dei motivi di ricorso in questo specifico ambito.

Per quanto riguarda il secondo ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio, la Corte ha applicato lo stesso principio. La norma consente di contestare la pena solo se essa è ‘illegale’, ovvero quando non è prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato o è stata determinata in violazione di precise disposizioni di legge. Una semplice contestazione sulla ‘congruità’ della pena, invece, non è un motivo valido per adire la Cassazione, in quanto si tradurrebbe in un riesame del merito, precluso alla Suprema Corte. Poiché nel caso di specie la pena non era illegale, anche questo ricorso è stato giudicato inammissibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante sui limiti al ricorso per Cassazione. Ribadisce che l’accesso al terzo grado di giudizio non è un diritto incondizionato, ma è strettamente regolato dalla legge per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e la funzione nomofilattica della Corte Suprema. La decisione sottolinea che le scelte difensive devono tenere conto di questi paletti procedurali per evitare non solo il rigetto del ricorso, ma anche l’imposizione di sanzioni economiche. Gli avvocati e i loro assistiti devono quindi valutare con estrema attenzione i motivi di impugnazione, assicurandosi che rientrino nelle categorie specificamente ammesse dalla legge.

Per quali motivi la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili?
La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili perché i motivi proposti dai ricorrenti non rientravano tra quelli specificamente consentiti dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

È possibile contestare in Cassazione la quantificazione della pena decisa da un giudice di merito?
Secondo questa ordinanza, la contestazione della pena in Cassazione è possibile solo se la pena è ‘illegale’ (cioè non prevista dalla legge o applicata erroneamente), ma non se si contesta la sua adeguatezza o congruità, poiché ciò costituirebbe una valutazione di merito non consentita in sede di legittimità.

Quali sono state le conseguenze economiche per i ricorrenti dopo la dichiarazione di inammissibilità?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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