Limitazione della libertà: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha fornito un importante chiarimento sui presupposti per adire il Magistrato di Sorveglianza in materia di esecuzione delle misure. Il principio chiave ruota attorno alla distinzione fondamentale tra una effettiva limitazione della libertà personale e una mera modalità esecutiva. Comprendere questa differenza è cruciale per stabilire l’ammissibilità di un ricorso.
I fatti del caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso un’ordinanza emessa dal Magistrato di Sorveglianza di Bari. La richiesta del ricorrente verteva, presumibilmente, sulla modifica del luogo di esecuzione di una determinata misura a suo carico. L’interessato, facendo leva su specifiche disposizioni normative, ha portato la questione all’attenzione della Suprema Corte dopo la decisione del magistrato.
La decisione della Corte di Cassazione
La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della richiesta originaria, ma si ferma a un livello preliminare, giudicando l’impugnazione stessa come non proponibile per ragioni procedurali e di diritto. Oltre alla declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi ritenuti infondati in modo manifesto.
Le motivazioni della sentenza sulla limitazione della libertà
Il cuore della decisione risiede nell’analisi giuridica svolta dai giudici di legittimità. La Corte ha chiarito che la competenza del magistrato di sorveglianza a provvedere su istanze relative al luogo di esecuzione di una misura, come previsto dall’art. 69, comma 7, dell’ordinamento penitenziario, è strettamente legata alla natura della misura stessa.
Questa facoltà, che si affianca all’ipotesi specifica dell’art. 97 del regolamento di esecuzione (d.P.R. 230/2000), presuppone inderogabilmente che il provvedimento in questione si riferisca a una limitazione della libertà personale concreta ed effettiva. Non è sufficiente che si tratti di una semplice prescrizione o di una modalità con cui la misura viene eseguita. Se il provvedimento non incide direttamente sulla libertà di movimento della persona, ma ne regola soltanto alcuni aspetti esecutivi, la procedura per la modifica del luogo non può essere attivata. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la richiesta del ricorrente rientrasse proprio in questa seconda categoria, ovvero quella di una mera modalità esecutiva non restrittiva della libertà personale. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato privo del suo presupposto giuridico fondamentale, portando a una inevitabile declaratoria di inammissibilità.
Le conclusioni
La sentenza in esame ribadisce un principio procedurale di notevole importanza pratica: non tutte le prescrizioni imposte da un’autorità giudiziaria possono essere contestate con gli stessi strumenti. È fondamentale distinguere tra misure che limitano la libertà personale e quelle che ne regolano solo le modalità di attuazione. Solo le prime aprono la porta a specifici rimedi giurisdizionali, come la richiesta di modifica del luogo di esecuzione al Magistrato di Sorveglianza. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questa pronuncia serve come monito a valutare attentamente la natura del provvedimento che si intende impugnare, al fine di evitare ricorsi destinati a essere dichiarati inammissibili, con conseguente condanna alle spese.
Quando un ricorso al Magistrato di Sorveglianza può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando si fonda su presupposti giuridici errati. Nel caso specifico, quando la richiesta di modificare il luogo di esecuzione di una misura non riguarda un’effettiva limitazione della libertà, ma una semplice modalità esecutiva.
Qual è la condizione necessaria per poter richiedere di eseguire una misura in un luogo diverso da quello disposto inizialmente?
La condizione indispensabile è che il provvedimento giudiziario si riferisca a una limitazione concreta ed effettiva della libertà personale del soggetto e non a una mera modalità di esecuzione della misura stessa.
Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna a tremila euro.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29422 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29422 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1818/2025 CC – 22/05/2025 R.G.N. 11484/2025
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 24/02/2025 del Magistrato di Sorveglianza di Bari
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
Il magistrato di sorveglianza -oltre alla specifica ipotesi prevista dall’art. 97, comma 7, del regolamento di esecuzione, d.P.R. n. 230 del 2000 che si riferisce alla richiesta di eseguire la misura in luogo diverso da quello nel quale Ł stata disposta- provvede quindi ai sensi dell’art. 69, comma 7, ord. pen.
La praticabilità di tale ipotesi, però, presuppone che il provvedimento si riferisca a una limitazione effettiva della libertà e non a una mera modalità di esecuzione della misura
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME