Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23614 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23614 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Marigliano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 2/2/2023 emessa dalla Corte di appello di Napoli visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli confermava la sentenza di condanna emessa nei confronti del ricorrente, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in quanto trovato in possesso di plurimi involucri contenenti cocaina per un quantitativo complessivo di 61 dosi (con un quantitativo di principio attivo pari a 8,87 gr.), nonché della somma di €183,50.
Avverso tale sentenza, il ricorrente ha formulato due motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione dell’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e vizio della motivazione, ritenendo che erroneamente la Corte di appello aveva negato la derubricazione nell’ipotesi lieve, nonostante il quantitativo di sostanza stupefacente fosse contenuto e non vi fossero ulteriori indici idonei a far ritenere la condotta di apprezzabile gravità.
In particolare, si sottolinea come la sentenza si era limitata ad affermare che «evidentemente» il ricorrente è inserito in un’organizzazione dedita alla gestione di una storica piazza di spaccio, inoltre, era stata valorizzata la dichiarazione confessoria relativa allo svolgimento dell’attività illecita da due settimane.
La Corte di appello considerava quale dato idoneo ad escludere la lieve entità della condotta anche la disponibilità della somma di denaro (€183,50) ritenuta non indifferente.
Sostiene la difesa che del tutto indimostrato è l’inserimento del ricorrente in una struttura organizzativa dedita al traffico di stupefacente, dovendosi invece considerare la marginalità della condotta, peraltro svolta per un periodo temporale limitato, tanto meno era stata presa in considerazione la destinazione di parte dello stupefacente all’uso personale.
2.2. Con il secondo motivo, deduce il vizio di motivazione e violazione di legge in merito alla mancata esclusione della recidiva, ritenuta sussistente unicamente sulla base dell’esistenza di precedenti condanne passate in giudicato, senza valutare in concreto se la nuova condotta delittuosa sia o meno espressione di una personalità proclive alla commissione di reati.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il primo motivo di ricorso deve essere accolto e determina l’assorbimento del secondo.
Per consolidata giurisprudenza, il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, può essere riconosciuto in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze
dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez.U, n. 35737 del 24/06/2010, COGNOME, Rv. 247911; Sez.U, n.17 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216668).
Anche la più recente pronuncia resa da Sez.U, n.51063 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 ha fatto applicazione di tali principi, sia pur con riguardo ad una fattispecie diversa da quella in esame, affermando che la diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’art. 73, comma 5, in quanto l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla disposizione.
2.2. I principi espressi a più riprese dalle Sezioni unite forniscono un parametro interpretativo univoco, essendosi ribadito come nella valutazione della tenuità del fatto ai sensi del comma 5 dell’art. 73, non può assumere, di norma, valenza esclusiva ed assorbente il dato quantitativo, né quello qualitativo con riferimento alla diversità delle sostanze oggetto di cessione.
La valutazione del fatto deve guardare alla complessità dello stesso, valorizzando – in senso positivo o negativo – tutti gli elementi che contraddistinguono quella determinata condotta. Tale criterio di giudizio può subire una flessione solo nel caso in cui il dato ponderale sia di per sé talmente rilevante da determinare l’assorbimento dei restanti aspetti della condotta.
Nel caso di specie, tuttavia, si è in presenza di un dato ponderale che, in mancanza di alcuna specifica motivazione, non appare di per sé particolarmente significativo, ben potendo essere compatibile anche con un’attività di “piccolo spaccio”, comportante disponibilità economica limitata e introiti ridotti, nonché la possibilità di soddisfare un numero circoscritto di assuntori.
2.3. Il ricorrente è stato trovato in possesso di 61 dosi di cocaina che, tuttavia, avevano un quantitativo di principio attivo complessivamente limitato e pari a 8,87 gr.
Anche il dato relativo al presunto ricavo patrimoniale derivante dall’attività di spaccio non è significativo, posto che l’imputato è stato trovato in possesso di €183,00, somma che la Corte di appello ha ritenuto “non indifferente” senza fornire alcuna motivazione in ordine a t.3Ie giudizio, né specificando quale sarebbe stato il presumibile ricavo derivante dalla vendita della droga di cui l’imputato era in possesso.
In buona sostanza, il dato quantitativo ed il correlato aspetto della remuneratività della condotta non appaiono di per sé decisivi, soprattutto se valutati alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale, sempre più incline a ritenere
che un’attività di spaccio, sia pur svolta in modo non occasionale e quindi comportante la disponibilità di sostanza in misura non del tutto irrisoria, non è di per sé incompatibile con il riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5.
Significativa a tal riguardo è la recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 5/10/2022 che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 76, comma 4-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, T.U. spese di giustizia, nella parte in cui presume che coloro che siano già stati condannati per fatti di cui all’art. 73, cit. (ivi compreso l’ipotesi del comma 5), aggravati ai sensi dell’art. 80, dispongano di reddito in misura superiore alla soglia massima per accedere al gratuito patrocinio.
In tale decisione, la Corte costituzionale è partita dal presupposto che i fatti di «piccolo spaccio (quelli “di lieve entità”) si caratterizzano per un’offensività contenuta per essere modesto il quantitativo di sostanze stupefacenti oggetto di cessione. Di qui, non è ragionevole presumere che la “redditività” dell’attività delittuosa sia stata tale da determinare il superamento da parte del reo dei limiti di reddito contemplati dall’art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002 per ottenere l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, senza che a diversa conclusione si possa pervenire in considerazione del fatto che la presunzione opera solo per le condanne aggravate ai sensi dell’art. 80 t.u. stupefacenti».
Afferma la Corte costituzionale che il reato di cui all’art. 73, comma 5, «quand’anche aggravato ai sensi dell’art. 80, è privo dell’idoneità ex se a far presumere un livello di reddito superiore alla (peraltro non esigua) soglia minima dell’art. 76, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002 (id est un reddito IRPEF di circa mille euro al mese), in ragione dei proventi derivanti dall’attività criminosa».
In buona sostanza, la Consulta ha ritenuto che una condotta di spaccio, riconducibile all’ipotesi di cui al quinto comma, sia astrattamente compatibile con guadagni illeciti pari a circa C13.000 l’anno, tale da non comportare il superamento della soglia per ottenere l’ammissione al gratuito patrocinio.
L’indicazione proveniente dalla citata sentenza della Corte costituzionale deve essere adeguatamente valorizzata, dovendosi ritenere che nella nozione di “lieve entità” non possano ricondursi solo !e condotte assolutamente marginali, ma anche quelle svolte con un minimo grado di professionalità e tali da fornire costanti guadagni, non del tutto irrisori, all’autore delle stesse.
2.4. La definitiva conferma di tale assunto, peraltro, è desumibile dalla recente modifica dell’art.73, comma 5, introdotta dall’art.4 del d.l. 15 settembre 2023, n. 123, che ha aggiunto una specifica aggravante nei confronti di «Chiunque commette uno dei fatti previsti dal primo periodo è punito con la pena della reclusione da diciotto mesi a cinque ani – li e della multa da euro 2.500 a euro
10.329, quando la condotta assume caratteri di non occasionalità». COGNOME Tale disposizione, pur non essendo applicabile ratione temporis al caso di specie, fornisce una chiara indicazione interpretativa circa la valutazione delle modalità esecutive dell’attività di spaccio, nell’ottica di stabilirne la compatibilità con l cosiddetta ipotesi lieve.
Del resto, la novella normativa è pienamente in linea con il filone giurisprudenziale che affermava la compatibilità dell’art. 73, comma 5, con lo svolgimento della condotta in modo non occasionale, essendo prevista anche un’ipotesi di associazione “minore” dedita all’esclusiva commissione di fatti di lieve entità (art.74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) (Sez.6, n. 28251 del 9/2/2017, COGNOME, Rv. 270397).
2.5. Alla luce di tali parametri, la motivazione resa dalla Corte di appello risulta carente nella misura in cui ha acriticamente valorizzato il dato quantitativo, escludendo la riconducibilità all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, omettendo di fornire adeguata motivazione, pur a fronte di un dato ponderale che, per le ragioni anzidette, non appare di per sé univocamente in grado di escludere la minor offensività del fatto.
Deve, pertanto, affermarsi il principio secondo cui è astrattamente compatibile con l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, una condotta di cessione di stupefacenti svolta in modo non occasionale e tale da produrre profitti non irrisori, salvck restando la necessità di verificare se le specifiche modalità della condotta siano tali da determinare, in ogni caso, l’esclusione della minore gravità del fatto (Sez. 6, n. 45061 del 3/11/2022, COGNOME, Rv. 284149-02; Sez.6, n.15642 del 27/1/2015, COGNOMECOGNOME Rv.NUMERO_DOCUMENTO).
2.6. A ciò si aggiunge l’ulteriore profilo di criticità della motivazione concernente l’inserimento dell’imputato in un contesto organizzativo dedito alla gestione di una storica piazza di spaccio. Si tratta di un dato meramente enunciato, senza fornire alcuna motivazione idonea a descrivere in concreto il tipo di condotta e il contesto nell’ambito della quale si è svolta. In buona sostanza, si evocano collegamenti con la criminalità organizzata, senza dare contezza degli elementi a sostegno. Sul punto, pertanto, la Corte di appello dovrà rinnovare la valutazione tenendo conto che è legittimo il mancato riconoscimento del delitto di cui all’art. 73, comma 5, nel caso in cui l’attività di spaccio è svolta in un contesto organizzato le cui caratteristiche, quali il controllo di un’apprezzabile zona del territorio, l’impiego di mezzi funzionali a tale scopo, l’accertata reiterazione delle condotte e la disponibilità di tipologie differenziate di sostanze, pur se in quantitativi non rilevanti, sono sintomatiche della capacità dell’autore del reato di diffondere in modo sistematico lo stupefacente (Sez.2, n. 5869 del 28/11/2023,
dep. 2024, Rv. 285997).
Alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli che, nel rivalutare la configurabilità o meno dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, si atterrà ai principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 17 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente