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Lieve entità: quando lo spaccio è reato minore

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23614/2024, ha annullato una condanna per spaccio di stupefacenti, riaffermando i principi per il riconoscimento del reato di lieve entità. Il caso riguardava un individuo trovato in possesso di 61 dosi di cocaina (8,87 gr. di principio attivo) e 183,50 euro. La Suprema Corte ha stabilito che né il dato quantitativo né la somma di denaro sono di per sé sufficienti a escludere la fattispecie attenuata. La motivazione deve essere completa e non può basarsi su mere enunciazioni, come l’inserimento in una ‘piazza di spaccio’, senza fornire prove concrete del contesto organizzativo. La sentenza ribadisce che anche un’attività non occasionale può rientrare nella lieve entità se mancano indici di particolare gravità.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Lieve entità nello spaccio: la Cassazione traccia i confini

La distinzione tra spaccio di stupefacenti e la sua forma di lieve entità rappresenta uno dei nodi cruciali del diritto penale in materia di droga. Con la recente sentenza n. 23614 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri per il riconoscimento di questa fattispecie attenuata, annullando una decisione di merito e ribadendo la necessità di una valutazione complessiva e non superficiale. Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione per operatori del diritto e cittadini, chiarendo che non esistono automatismi basati solo sulla quantità di sostanza sequestrata.

I fatti del caso

Il caso trae origine da una condanna emessa nei confronti di un soggetto, trovato in possesso di 61 involucri contenenti cocaina, per un quantitativo di principio attivo pari a 8,87 grammi, oltre a una somma di 183,50 euro. La Corte di Appello aveva confermato la condanna per il reato di cui all’art. 73 del D.P.R. 309/1990, negando la derubricazione nell’ipotesi di lieve entità prevista dal comma 5 dello stesso articolo.

La difesa dell’imputato aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale aveva erroneamente escluso la fattispecie lieve basandosi su elementi non decisivi e su affermazioni generiche, come l’inserimento dell’imputato in una “storica piazza di spaccio”, senza fornire prove concrete a sostegno di tale tesi.

L’analisi della Cassazione sulla lieve entità

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. La motivazione della sentenza di appello è stata giudicata carente e acritica, in quanto si era limitata a valorizzare il dato quantitativo (il numero di dosi) e la somma di denaro, omettendo una valutazione completa di tutti i parametri indicati dalla legge.

Il dato quantitativo non è l’unico metro

I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: il dato quantitativo e qualitativo della sostanza, pur essendo un indice importante, non può assumere valenza esclusiva e assorbente. Nel caso di specie, 8,87 grammi di principio attivo e 183,50 euro non sono stati ritenuti elementi di per sé talmente rilevanti da escludere a priori la minore offensività del fatto. Tali elementi, infatti, possono essere compatibili con un’attività di “piccolo spaccio”, caratterizzata da disponibilità economica limitata e rivolta a un numero circoscritto di acquirenti.

L’inserimento in contesti organizzati va provato

Un punto cruciale della decisione riguarda l’affermazione della Corte di Appello circa l’inserimento dell’imputato in un contesto organizzativo. La Cassazione ha censurato questa parte della motivazione, definendola un “dato meramente enunciato”. Per negare la lieve entità sulla base del contesto, non è sufficiente evocare collegamenti generici con la criminalità organizzata. È necessario, invece, che il giudice descriva in concreto il tipo di condotta, il contesto operativo e gli elementi specifici che dimostrino un livello di organizzazione tale da superare la soglia della lieve entità (es. controllo del territorio, uso di mezzi specifici, reiterazione sistematica, ecc.).

Le motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione sull’evoluzione giurisprudenziale, incluse le pronunce delle Sezioni Unite e della Corte Costituzionale. È stato sottolineato come anche un’attività di spaccio non occasionale e che genera profitti non del tutto irrisori possa rientrare nell’ipotesi lieve, se mancano altri indicatori di particolare gravità. La recente modifica legislativa (d.l. 123/2023), che ha introdotto un’aggravante specifica per la condotta non occasionale, è stata letta come una conferma interpretativa che la non occasionalità, di per sé, non è incompatibile con la fattispecie del comma 5.

La motivazione della Corte di Appello è stata quindi ritenuta insufficiente perché ha valorizzato acriticamente il dato quantitativo senza spiegare perché esso fosse decisivo e ha affermato l’esistenza di un’organizzazione criminale senza fornire alcun elemento di prova a sostegno. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi espressi dalla Cassazione.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma l’importanza di una valutazione completa e individualizzata per il riconoscimento del reato di lieve entità. Si tratta di una garanzia fondamentale per assicurare che la risposta sanzionatoria sia proporzionata alla reale offensività della condotta. I giudici di merito sono chiamati a motivare in modo approfondito le loro decisioni, evitando automatismi e affermazioni generiche. Per escludere la fattispecie lieve non basta indicare il numero di dosi o il denaro sequestrato, ma occorre analizzare l’intera condotta alla luce di tutti i parametri normativi: mezzi, modalità, circostanze dell’azione e pericolosità complessiva.

Un quantitativo di droga suddiviso in numerose dosi esclude automaticamente l’ipotesi di lieve entità?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che il dato quantitativo, anche se suddiviso in dosi (nel caso di specie 61), e il possesso di una somma di denaro non sono di per sé sufficienti a escludere la lieve entità. È necessaria una valutazione complessiva di tutti gli elementi del caso concreto.

Per negare la lieve entità, è sufficiente affermare che l’imputato è inserito in una piazza di spaccio?
No, non è sufficiente. L’affermazione che l’imputato sia inserito in un contesto organizzativo deve essere supportata da motivazioni concrete che descrivano il tipo di condotta e il contesto specifico. Non può essere una mera enunciazione priva di elementi di prova.

Un’attività di spaccio non occasionale può comunque rientrare nella fattispecie di lieve entità?
Sì. La Corte conferma che anche un’attività di spaccio svolta in modo non occasionale, e che produce profitti non del tutto irrisori, può essere compatibile con l’ipotesi di lieve entità, purché manchino altri indici di particolare gravità come un’organizzazione complessa o il controllo del territorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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