Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28751 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28751 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il 29/12/1993
avverso la sentenza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo emessa in data 23 gennaio 2024 che aveva condannato NOME NOME alla pena di anni 1, mesi 4 di reclusione ed euro 3.400,00 di multa per il reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Ricorre l’imputato avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73, D.P.R. 309/90; con il secondo motivo, violazione di legge in relazione al riconoscimento della recidiva reiterata e specifica; con il terzo motivo, violazione di legge per l’eccessività della pena.
Le ragioni di doglianza riguardanti la mancata riqualificazione della fattispecie in esame sono riproduttive di censure già vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito. La Corte di appello ha negato il riconoscimento del comma quinto dell’art. 73 D.P.R. 309/90 sulla base di una molteplicità di elementi idonei a rivelare l’assenza di connotati di minima offensività nella condotta serbata dall’imputato (possesso di una duplice tipologia di sostanze stupefacenti, dato ponderale, elevato valore del principio attivo, modalità di presentazione della droga già suddivisa in dosi). La decisione è rispettosa dei canoni interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia (cfr. Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo).
Quanto al secondo motivo di ricorso, la Corte di merito ha correttamente ritenuto di disattendere la richiesta difensiva di disapplicazione della recidiva contestata. La sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo sul punto, avendo i giudici posto in evidenza l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, in ragione dei molteplici precedenti penali anche specifici annoverati dallo stesso considerazione della gravità del fatto per cui è intervenuta condanna.
La motivazione è conforme all’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, in base al quale è compito del giudice verificare in concreto se la reiter dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolos suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla dis temporale tra i fatti ed al livello di omogeneità esistente tra loro, all’e occasionalità della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante signific della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez.
35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838; Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, De
Silvio, Rv. 256713; Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv.
270419).
Quanto al trattamento sanzionatorio, la censura riguardante l’eccessività della pena si appalesa del tutto generica. E’ sufficiente rammentare che la
determinazione della misura della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve al compito
motivazionale richiesto anche attraverso il semplice richiamo ai criteri di cui all’art
133 cod. pen.; inoltre, non è necessaria una specifica motivazione ove, come nel caso in esame, la pena sia prossima al minimo edittale.
E’ d’uopo anche rammentare come nel giudizio di cassazione sia inammissibile l censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la
determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez.
5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, COGNOME, Rv. 259142).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 24 giugno 2025.