Lieve entità del fatto: quando la gravità della condotta esclude l’attenuante
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel diritto penale: l’attenuante della lieve entità del fatto non può essere riconosciuta in presenza di una condotta criminale di oggettiva gravità. Il caso analizzato riguarda una rapina commessa con modalità particolarmente allarmanti, che hanno portato i giudici a escludere qualsiasi sconto di pena basato sulla presunta minore gravità del reato.
I Fatti di Causa
Il ricorrente si era rivolto alla Suprema Corte dopo una condanna per rapina emessa dalla Corte d’Appello. Le sue richieste si basavano su due motivi principali. In primo luogo, chiedeva il riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità del fatto, richiamando una pronuncia della Corte Costituzionale sull’articolo 628 del codice penale. In secondo luogo, contestava la determinazione della pena, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione da parte dei giudici di merito.
L’analisi della Corte sulla lieve entità del fatto
La Cassazione ha respinto con fermezza il primo motivo, definendolo ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno sottolineato come la condotta dell’imputato fosse del tutto incompatibile con il concetto di lieve entità del fatto. Gli elementi decisivi per questa valutazione sono stati:
* La gravità oggettiva dell’azione: la rapina è stata perpetrata minacciando il cassiere con una mannaia, un’arma che denota una notevole pericolosità e capacità intimidatoria.
* L’entità del profitto: la somma di denaro sottratta è stata definita ‘ingente’.
* La spiccata capacità criminale: l’imputato ha dimostrato una fredda pianificazione sia nell’esecuzione del reato sia nel comportamento successivo, volto a far perdere le proprie tracce.
Questi fattori, nel loro insieme, delineano un quadro di un reato grave, premeditato e violento, che non lascia spazio a interpretazioni di minore offensività.
La Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena
Anche il secondo motivo di ricorso è stato rigettato. La Corte ha osservato che le censure relative al trattamento sanzionatorio erano una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nel giudizio di appello. La determinazione della pena, come stabilito dagli articoli 132 e 133 del codice penale, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere non può essere sindacato in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria, illogica o priva di motivazione, condizioni che in questo caso non sussistevano.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità evidenziando l’assoluta inconciliabilità tra le modalità della rapina e la richiesta attenuante della lieve entità del fatto. La violenza intrinseca nell’uso di una mannaia, unita alla lucidità criminale dimostrata, costituisce un ostacolo insormontabile per il riconoscimento di qualsiasi beneficio legato a una presunta minore gravità. Inoltre, la Corte ha ribadito che la quantificazione della pena è una prerogativa del giudice di merito, il quale ha esercitato la sua discrezionalità in modo logico e conforme ai principi di legge, rendendo le critiche del ricorrente infondate.
Le Conclusioni
L’ordinanza consolida l’orientamento secondo cui la valutazione della lieve entità del fatto deve basarsi su un’analisi rigorosa degli elementi oggettivi e soggettivi del reato. Non è sufficiente l’assenza di conseguenze ancora più gravi per ottenere uno sconto di pena; al contrario, la brutalità dei mezzi utilizzati e la determinazione nel delinquere sono indicatori chiari di una gravità che la legge non può attenuare. La decisione finale di inammissibilità, con la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, serve da monito sulla serietà con cui vengono valutati i ricorsi palesemente infondati.
Quando si può applicare l’attenuante della lieve entità del fatto in una rapina?
Secondo questa ordinanza, l’attenuante non può essere applicata quando il reato presenta una notevole gravità oggettiva. L’uso di armi pericolose come una mannaia, il furto di una somma ingente e la pianificazione attuata per commettere il crimine e fuggire escludono la possibilità di considerare il fatto di lieve entità.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
Generalmente no. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione è manifestamente illogica, arbitraria o priva di motivazione, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non entra nel merito delle questioni sollevate. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva. Il ricorrente viene inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46062 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46062 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI 05UZP3T) nato il 16/01/2001
avverso la sentenza del 03/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si chiede il riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità del fatto, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale che ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 628 cod. pen., nella parte in cui non prevede una diminuzione di pena qualora il fatto risulti essere di lieve entità, è manifestamente infondato, a fronte della gravità oggettiva della condotta posta in essere dall’imputato e della spiccata capacità criminale dallo stesso dimostrata nella programmazione e attuazione del reato in contestazione (si veda, in particolare, pag. 3 sulle minacce perpetrate nei confronti del cassiere con l’uso di una mannaia e sull’ingente somma sottratta, nonché sul comportamento dell’imputato immediatamente successivo alla commissione del delitto, volto a far perdere le proprie tracce);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si deducono la violazione di legge e il difetto di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio, è riproduttivo di profili di censura già esaminati e puntualmente disattesi dalla Corte di merito e, comunque, non è consentito in sede di legittimità in quanto la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., e sfugge al sindacato di legittimità qualora, come nella specie, non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (si veda, in proposito, pag. 3);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 5 novembre 2024
Il Consigliere estensore –