Liberazione Anticipata: Quando la Genericità del Ricorso Porta all’Inammissibilità
Il beneficio della liberazione anticipata rappresenta un pilastro del sistema penitenziario, finalizzato a incentivare il percorso di rieducazione del condannato. Tuttavia, l’accesso a tale beneficio non è automatico e richiede una dimostrazione concreta di partecipazione al trattamento rieducativo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che un ricorso contro il diniego di questo beneficio, se formulato in modo generico e non specifico, è destinato a essere dichiarato inammissibile.
I Fatti del Caso
Il caso in esame riguarda un detenuto che si è visto respingere la richiesta di liberazione anticipata per il semestre compreso tra dicembre 2022 e giugno 2023. La decisione del Magistrato di Sorveglianza si fondava su due elementi principali: in primo luogo, il richiedente non aveva fornito alcuna prova di aver partecipato attivamente al proprio percorso di rieducazione; in secondo luogo, mentre si trovava agli arresti domiciliari, era stato denunciato per possesso di sostanze stupefacenti per uso personale.
Il Tribunale di Sorveglianza, in sede di reclamo, aveva confermato la decisione, ritenendo il condannato non meritevole del beneficio. Contro questa ordinanza, il detenuto ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa sulla constatazione che le censure mosse dal ricorrente erano del tutto generiche e non autosufficienti. In sostanza, il ricorso si limitava a ripetere le argomentazioni già presentate in sede di reclamo, senza confrontarsi in modo critico e puntuale con le ragioni esposte nell’ordinanza impugnata.
Le Motivazioni della Decisione sulla liberazione anticipata
La Corte ha sottolineato come l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza fosse ben motivata, logica e priva di vizi giuridici. La decisione di negare la liberazione anticipata era solidamente ancorata alla valutazione negativa della condotta del detenuto, che non solo non aveva dimostrato progressi nel percorso rieducativo, ma aveva anche commesso un illecito durante la misura alternativa degli arresti domiciliari.
Il ricorrente, nel suo ricorso, ha tentato di contestare un dettaglio temporale relativo alla notifica del verbale per il possesso di stupefacenti, senza però scalfire il nucleo centrale della motivazione del Tribunale: la non meritevolezza del beneficio. La Cassazione ha ribadito che un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e pertinenti alla decisione impugnata, e non limitarsi a riproporre doglianze generiche. L’assoluta genericità dei motivi ha quindi condotto a una declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni
Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale del diritto processuale: la specificità dei motivi di ricorso. Chi intende impugnare un provvedimento giurisdizionale, specialmente in materie delicate come la concessione di benefici penitenziari, ha l’onere di argomentare in modo dettagliato, criticando punto per punto le motivazioni del giudice e non avanzando lamentele vaghe. La mancata osservanza di questo onere comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Perché è stata negata in primo luogo la liberazione anticipata?
La richiesta è stata respinta perché il condannato non ha offerto alcuna prova di partecipazione all’opera di rieducazione e, inoltre, è stato denunciato per possesso di stupefacenti per uso personale mentre si trovava agli arresti domiciliari.
Qual è il motivo principale per cui la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa della sua assoluta genericità. Le censure sollevate erano vaghe, non autosufficienti e non si confrontavano specificamente con le argomentazioni logiche e giuridiche contenute nell’ordinanza impugnata.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2572 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2572 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VELLETRI il 13/11/1989
avverso l’ordinanza del 31/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME, relative alla violazione di legge e al vizio di motivazione in ordine al rigetto del reclamo proposto in tema di liberazione anticipata, sono del tutto generiche.
L’ordinanza impugnata ha confermato la decisione del Magistrato di sorveglianza di Roma di rigetto della richiesta di liberazione anticipata in relazione al semestre dal 7 dicembre 2022 al 7 giugno 2023, per non avere il reclamante offerto alcuna prova di partecipazione alla propria opera di rieducazione e, in particolare, per essere stato lo stesso, agli arresti domiciliari dal 9 settembre 2022, denunciato il 18 novembre 2023 per possesso di stupefacente per uso personale. Ha ritenuto, invero, condivisibile detta decisione e non meritevole del beneficio il condannato.
A fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici, il ricorso si li a rilevare, come nel reclamo, in modo assolutamente generico e non autosufficiente, che la data cui si riferisce il Magistrato di sorveglianza è relativa alla notifica verbale di verifica narcotest e di contestazione di illecito amministrativo, mentre il sequestro della sostanza sarebbe avvenuto il 7 giugno 2022, senza neppure confrontarsi con l’affermazione di non meritevolezza del beneficio.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.