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Liberazione anticipata reati ostativi: la Cassazione dubita

Un uomo condannato per un reato ostativo si è visto negare la sospensione dell’ordine di carcerazione. La Cassazione ha sollevato una questione di legittimità costituzionale riguardo al divieto di applicare la procedura rapida per la liberazione anticipata per reati ostativi, che avrebbe potuto evitare il suo ingresso in carcere. Il caso è stato rimesso alla Corte Costituzionale per decidere se tale esclusione sia irragionevole e contraria ai principi costituzionali.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione anticipata reati ostativi: la Cassazione rinvia alla Corte Costituzionale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha sollevato un importante dubbio di legittimità costituzionale riguardo alla disciplina della liberazione anticipata per reati ostativi. La questione è cruciale: è giusto negare una procedura accelerata per evitare il carcere a chi, pur avendo commesso un reato grave, potrebbe già averne scontato la relativa pena? Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni che hanno portato i giudici a sospendere il procedimento e a investire della questione la Corte Costituzionale.

I fatti del caso

Un soggetto, condannato per diversi reati tra cui uno di particolare gravità (detenzione a fini di spaccio di un ingente quantitativo di stupefacenti), si è visto recapitare un ordine di esecuzione della pena. La difesa ha immediatamente chiesto la sospensione di tale ordine, sostenendo che, grazie al principio della scissione del cumulo, la pena per il reato ostativo dovesse considerarsi già scontata. Inoltre, se fosse stata concessa la liberazione anticipata maturata durante la custodia cautelare, la pena residua sarebbe scesa al di sotto della soglia che permette la sospensione dell’esecuzione e l’accesso a misure alternative.

Il Giudice dell’esecuzione ha però respinto la richiesta. La motivazione si basa su una norma specifica del codice di procedura penale (art. 656, comma 4-bis), che esclude espressamente i condannati per reati ostativi (quelli elencati nell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario) da una procedura semplificata che consente al Pubblico Ministero di trasmettere subito gli atti al Magistrato di Sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata. Senza questa procedura, l’ordine di carcerazione diventa immediatamente esecutivo.

La questione sulla liberazione anticipata per reati ostativi

La difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che tale esclusione sia irragionevole. L’argomento principale è che il meccanismo previsto dall’art. 656, comma 4-bis, è puramente procedurale e mira a semplificare l’accesso a un beneficio, la liberazione anticipata, che per legge è applicabile anche ai condannati per reati ostativi.

Negare questa semplificazione procedurale solo in base al titolo di reato crea una disparità di trattamento ingiustificata e produce un effetto paradossale: costringere una persona a entrare in carcere, anche solo per un breve periodo, in attesa che un altro giudice (il Magistrato di Sorveglianza) valuti una richiesta che, se accolta, avrebbe potuto evitare l’ingresso stesso. Questo, secondo la difesa, si traduce in un “surplus di afflittività” che non trova giustificazione razionale.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il dubbio di costituzionalità “rilevante e non manifestamente infondato”. Ha quindi sospeso il giudizio e trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su due principi costituzionali fondamentali: il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e la finalità rieducativa della pena (art. 27 Cost.).

I giudici hanno osservato che la liberazione anticipata è un istituto di portata generale, applicabile a tutti i condannati che dimostrino partecipazione al percorso rieducativo, inclusi quelli per reati ostativi. La norma contestata, invece, introduce una diversificazione puramente procedurale basata sul titolo di reato, senza che vi sia una differenza sostanziale nella situazione del condannato. Un soggetto che ha già maturato i presupposti per la liberazione anticipata durante la custodia cautelare e che non è attualmente detenuto, si trova nella stessa condizione di aspirare alla sospensione dell’esecuzione, a prescindere dal reato commesso.

Negare l’accesso alla procedura semplificata significa imporre un pregiudizio “in rito” che può avere conseguenze sostanziali gravi: un transito temporaneo in carcere per un soggetto che, potenzialmente, avrebbe diritto a non entrarci. Questo, secondo la Cassazione, non ha una giustificazione razionale, specialmente perché il soggetto, non essendo sottoposto a misura cautelare, non presenta un attuale pericolo per la società (pericula libertatis) che richieda un’immediata carcerazione.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha messo in discussione un automatismo legislativo che potrebbe generare ingiustizie e violare principi costituzionali. La palla passa ora alla Corte Costituzionale, che dovrà decidere se l’esclusione dei condannati per reati ostativi dalla procedura accelerata di cui all’art. 656, comma 4-bis, cod. proc. pen. sia legittima. Una eventuale dichiarazione di incostituzionalità avrebbe un impatto significativo, aprendo la strada alla sospensione dell’esecuzione per molti soggetti e prevenendo inutili e dannosi ingressi “a porta girevole” nel sistema carcerario, in piena coerenza con la finalità rieducativa della pena.

Qual è il problema giuridico principale sollevato dalla Cassazione?
La Corte di Cassazione ha sollevato una questione di legittimità costituzionale riguardo all’art. 656, comma 4-bis, del codice di procedura penale. La norma esclude i condannati per ‘reati ostativi’ da una procedura semplificata che consente una rapida valutazione della liberazione anticipata per evitare l’ingresso in carcere. La Corte dubita che questa esclusione sia ragionevole e conforme alla Costituzione.

Perché la Corte ritiene che la norma possa essere incostituzionale?
La Corte ritiene che la norma violi il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e la finalità rieducativa della pena (art. 27 Cost.). Essa crea una disparità di trattamento ingiustificata tra condannati in situazioni simili, basata solo sul titolo del reato. Inoltre, costringe a un ‘transito temporaneo in carcere’ persone che potrebbero avere diritto alla sospensione della pena, causando una sofferenza aggiuntiva (‘surplus di afflittività’) senza una valida ragione.

Qual è la conseguenza pratica di questa ordinanza?
La conseguenza immediata è che il processo del ricorrente è sospeso. La decisione più importante, però, spetta ora alla Corte Costituzionale. Se la Corte Costituzionale dichiarerà l’illegittimità della norma, anche i condannati per reati ostativi potranno accedere alla procedura accelerata per la liberazione anticipata, e ciò potrebbe evitare loro l’ingresso in prigione se la pena residua risultasse inferiore a una determinata soglia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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