Liberazione Anticipata: Quando la Condotta del Detenuto Annulla i Benefici
La liberazione anticipata rappresenta uno strumento fondamentale nel percorso di reinserimento sociale del condannato, premiando la sua partecipazione attiva al programma di rieducazione. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva del comportamento del detenuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come anche un singolo episodio negativo possa compromettere l’intero percorso e giustificare il diniego del beneficio.
Il Caso in Esame: Dalla Richiesta al Ricorso in Cassazione
Un detenuto si era visto negare dal Tribunale di Sorveglianza la richiesta di liberazione anticipata per il periodo di detenzione compreso tra agosto 2022 e febbraio 2024. Il diniego era motivato da una grave violazione delle prescrizioni avvenuta durante un permesso. Ritenendo ingiusta la decisione, il detenuto ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge.
La Condotta Contestata
Il punto centrale della vicenda risale a un giorno di maggio del 2023. Il detenuto aveva ottenuto l’autorizzazione a recarsi presso un Centro Diagnostico. Tuttavia, la Polizia di Stato aveva segnalato che, nella stessa data, un individuo alla guida di un motociclo non si era fermato all’alt. I successivi controlli avevano permesso di accertare che:
1. Il veicolo era intestato al padre del ricorrente.
2. Il ricorrente era stato controllato in precedenza sullo stesso veicolo.
3. La Polizia riconosceva con certezza il detenuto come colui che era fuggito al posto di blocco, grazie alla foto sulla patente esibita in passato.
Inoltre, tramite i sistemi di tracciamento, era stato ricostruito il percorso del motociclo, confermando che quel giorno si trovava in un luogo ben lontano dal Centro Diagnostico autorizzato. Questo comportamento è stato giudicato dal Tribunale di Sorveglianza come una grave infrazione, tale da inficiare il percorso rieducativo.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla liberazione anticipata
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici supremi hanno chiarito che le argomentazioni del ricorrente costituivano semplici “doglianze in fatto”, ovvero un tentativo di rimettere in discussione la ricostruzione degli eventi già vagliata correttamente dal giudice di merito. Questo tipo di contestazione non è ammesso in sede di legittimità, dove la Corte si limita a verificare la corretta applicazione delle norme e la coerenza logica della motivazione.
La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale di Sorveglianza fosse completa e logica. La gravità della condotta del detenuto, che non solo ha violato le prescrizioni del permesso ma ha anche eluso un controllo di polizia, è stata considerata un chiaro segnale di inaffidabilità e di mancata adesione al percorso rieducativo. Tale comportamento ha avuto un impatto negativo sulla valutazione complessiva, ripercuotendosi sui periodi di detenzione immediatamente precedenti e successivi all’evento.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: la partecipazione all’opera di rieducazione, necessaria per ottenere la liberazione anticipata, deve essere costante e genuina. Non si tratta di un mero adempimento formale, ma di un cambiamento interiore che si manifesta attraverso un comportamento responsabile e rispettoso delle regole, sia all’interno che all’esterno del carcere. La decisione evidenzia che un singolo atto di grave insubordinazione o inaffidabilità può essere sufficiente a dimostrare che il percorso di risocializzazione non è ancora compiuto, legittimando il diniego di benefici penitenziari. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.
Una singola violazione delle prescrizioni può compromettere la concessione della liberazione anticipata?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che una singola condotta grave, come allontanarsi dal percorso autorizzato e non fermarsi all’alt della polizia, è sufficiente per inficiare il percorso di rieducazione e giustificare il diniego della liberazione anticipata.
L’assoluzione da un’accusa penale collegata (es. evasione) è determinante per la decisione sulla liberazione anticipata?
No, nel caso di specie la Corte ha ritenuto non dirimente l’eventuale assoluzione dall’accusa di evasione. La valutazione del Tribunale di Sorveglianza si basa sul comportamento complessivo del detenuto e sulla sua aderenza al programma rieducativo, indipendentemente dall’esito di un singolo procedimento penale.
È possibile contestare la ricostruzione dei fatti del Tribunale di Sorveglianza in sede di ricorso per Cassazione?
No, il ricorso in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Pertanto, non è possibile presentare censure che mirano a una diversa valutazione dei fatti (“mere doglianze in fatto”). La Corte può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18041 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18041 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SAN GIUSEPPE VESUVIANO il 20/11/1988
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME relative alla violazione di legge e al vizio di motivazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di reclamo su liberazione anticipata in relazione al periodo detentivo sofferto dal 20.08.2022 al 20.02.2024, come, altresì, supportate dalla memoria difensiva che fa leva sul fatto, non dirimente ai fini della valutazione complessiva del comportamento censurato, che COGNOME sarebbe stato assolto dall’evasione perché insussistente, oltre ad essere manifestamente infondate, non sono consentite in sede di legittimità, perché costituite da mere doglianze in fatto.
Considerato, inoltre, che tali doglianze sono meramente riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati dall’ordinanza impugnata. In essa, a fronte del rilievo difensivo di cui al reclamo circa l’omessa motivazione in ordine alla ritenuta gravità della violazione commessa il 04.05.2023, si evidenzia che in tale data Maltese era stato autorizzato a recarsi presso il Centro Diagnostico di Marano, ma che la P.S. di Napoli comunicava che in pari data un soggetto alla guida di un motociclo non si era fermato all’alt e che i controlli successivi consentivano di appurare che detto ciclomotore era intestato al padre del ricorrente e che quest’ultimo era stato controllato a bordo del veicolo in precedenza ed aveva esibito una patente di guida dalla cui foto la P.S. riconosceva con certezza il soggetto che non si era fermato all’alt. Inoltre, si sottolinea che dal sistema SCNTT era stato possibile ricostruire i percorso fatto dal suddetto motociclo la mattina del 4 maggio verificando che era ben lontano dal Centro Diagnostico di Marano. Ritiene, dunque, il Tribunale che la gravità di tale condotta si ripercuota nei periodi immediatamente antecedente e successivo, inficiando il percorso di rieducazione.
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 aprile 2025.