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Liberazione anticipata: condotta grave la nega

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego della liberazione anticipata. La decisione si fonda su una grave violazione commessa durante un permesso: l’uomo, autorizzato a recarsi presso un centro diagnostico, si era allontanato dal percorso stabilito e non si era fermato a un posto di blocco della polizia. Tale comportamento è stato ritenuto sufficiente a interrompere il percorso rieducativo, giustificando il rigetto della richiesta di beneficio.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Anticipata: Quando la Condotta del Detenuto Annulla i Benefici

La liberazione anticipata rappresenta uno strumento fondamentale nel percorso di reinserimento sociale del condannato, premiando la sua partecipazione attiva al programma di rieducazione. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva del comportamento del detenuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come anche un singolo episodio negativo possa compromettere l’intero percorso e giustificare il diniego del beneficio.

Il Caso in Esame: Dalla Richiesta al Ricorso in Cassazione

Un detenuto si era visto negare dal Tribunale di Sorveglianza la richiesta di liberazione anticipata per il periodo di detenzione compreso tra agosto 2022 e febbraio 2024. Il diniego era motivato da una grave violazione delle prescrizioni avvenuta durante un permesso. Ritenendo ingiusta la decisione, il detenuto ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge.

La Condotta Contestata

Il punto centrale della vicenda risale a un giorno di maggio del 2023. Il detenuto aveva ottenuto l’autorizzazione a recarsi presso un Centro Diagnostico. Tuttavia, la Polizia di Stato aveva segnalato che, nella stessa data, un individuo alla guida di un motociclo non si era fermato all’alt. I successivi controlli avevano permesso di accertare che:

1. Il veicolo era intestato al padre del ricorrente.
2. Il ricorrente era stato controllato in precedenza sullo stesso veicolo.
3. La Polizia riconosceva con certezza il detenuto come colui che era fuggito al posto di blocco, grazie alla foto sulla patente esibita in passato.

Inoltre, tramite i sistemi di tracciamento, era stato ricostruito il percorso del motociclo, confermando che quel giorno si trovava in un luogo ben lontano dal Centro Diagnostico autorizzato. Questo comportamento è stato giudicato dal Tribunale di Sorveglianza come una grave infrazione, tale da inficiare il percorso rieducativo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla liberazione anticipata

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici supremi hanno chiarito che le argomentazioni del ricorrente costituivano semplici “doglianze in fatto”, ovvero un tentativo di rimettere in discussione la ricostruzione degli eventi già vagliata correttamente dal giudice di merito. Questo tipo di contestazione non è ammesso in sede di legittimità, dove la Corte si limita a verificare la corretta applicazione delle norme e la coerenza logica della motivazione.

La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale di Sorveglianza fosse completa e logica. La gravità della condotta del detenuto, che non solo ha violato le prescrizioni del permesso ma ha anche eluso un controllo di polizia, è stata considerata un chiaro segnale di inaffidabilità e di mancata adesione al percorso rieducativo. Tale comportamento ha avuto un impatto negativo sulla valutazione complessiva, ripercuotendosi sui periodi di detenzione immediatamente precedenti e successivi all’evento.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: la partecipazione all’opera di rieducazione, necessaria per ottenere la liberazione anticipata, deve essere costante e genuina. Non si tratta di un mero adempimento formale, ma di un cambiamento interiore che si manifesta attraverso un comportamento responsabile e rispettoso delle regole, sia all’interno che all’esterno del carcere. La decisione evidenzia che un singolo atto di grave insubordinazione o inaffidabilità può essere sufficiente a dimostrare che il percorso di risocializzazione non è ancora compiuto, legittimando il diniego di benefici penitenziari. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.

Una singola violazione delle prescrizioni può compromettere la concessione della liberazione anticipata?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che una singola condotta grave, come allontanarsi dal percorso autorizzato e non fermarsi all’alt della polizia, è sufficiente per inficiare il percorso di rieducazione e giustificare il diniego della liberazione anticipata.

L’assoluzione da un’accusa penale collegata (es. evasione) è determinante per la decisione sulla liberazione anticipata?
No, nel caso di specie la Corte ha ritenuto non dirimente l’eventuale assoluzione dall’accusa di evasione. La valutazione del Tribunale di Sorveglianza si basa sul comportamento complessivo del detenuto e sulla sua aderenza al programma rieducativo, indipendentemente dall’esito di un singolo procedimento penale.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti del Tribunale di Sorveglianza in sede di ricorso per Cassazione?
No, il ricorso in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Pertanto, non è possibile presentare censure che mirano a una diversa valutazione dei fatti (“mere doglianze in fatto”). La Corte può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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