Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18146 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18146 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 23/10/1974
avverso la sentenza del 14/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
L-711
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa in data 17 febbraio 2022 dal Tribunale di Napoli in composizione monocratica, con la quale NOME COGNOME era ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 76 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, ed era condannato alla pena di mesi 6 di arresto.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME deducendo violazione degli artt. 178, 420-ter, e 484 cod. proc. pen.
Il difensore si duole della mancata traduzione dell’imputato, detenuto per altra causa, all’udienza di trattazione del giudizio di primo grado e dell’omessa verifica, da parte del primo Giudice, della sussistenza di un legittimo impedimento a comparire. Contesta, quindi, la qualificazione dell’imputato come libero e assente in primo grado, nonché la statuizione al riguardo della Corte territoriale, che, nel disattendere il relativo motivo di gravame, rileva che dagli atti processuali emergeva che l’imputato era detenuto al momento della nomina difensiva, ma non alla data della definizione del giudizio di primo grado, in cui il delegato del difensore nulla rilevava, senza, invece, considerare che spettava allo stesso Giudice di primo grado di verificare, d’ufficio, senza sollecitazione di parte, se l’assenza fosse dovuta allo stato detentivo.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME conclude per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Non è revocabile in dubbio il diritto primario dell’imputato alla partecipazione personale al processo, che deve essere sempre assicurato, salvo inequivocabile rifiuto o legittima assenza volontaria.
Con riguardo, invero, alla previgente disciplina della contumacia, si è affermato che la detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integrava un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e precludeva la celebrazione del
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giudizio in contumacia, anche quando risultasse che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, non essendo configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento (Sez. U, n. 37483 del 26/09/2006, Arena, Rv. 234600 – 01: nella specie, in cui la contumacia, dichiarata in primo grado e censurata con specifico motivo di impugnazione, era stata ritenuta legittima in appello, la Corte ha annullato sia la sentenza di primo grado che quella di secondo grado, rinviando il giudizio al tribunale).
Tuttavia, nel caso in esame i Giudici di appello hanno escluso che l’imputato fosse ancora detenuto alla data di celebrazione e definizione del giudizio di primo grado (17 febbraio 2022), considerato che tale elemento non emergeva dagli atti e che il difensore di fiducia, assente a quell’udienza, ma sostituito da un suo delegato, non aveva eccepito l’omessa traduzione dell’imputato né reso edotto il giudicante del relativo stato di detenzione, e, inoltre, il decreto di citazione a giudizio risultava regolarmente notificato all’imputato in stato di libertà, sicché doveva ritenersi superata la precedente condizione di detenzione risalente al 12 aprile 2021, data di nomina del difensore di fiducia.
Tali argomentazioni sono scevre da vizi logici e giuridici, facendo buon governo del principio, affermato da Sez. U, n. 7635 del 30/09/2021, dep. 2022, Costantino, Rv. 282806 – 01, secondo cui la restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, documentata o, comunque, comunicata al giudice procedente, in qualunque tempo, integra un impedimento legittimo a comparire che impone il rinvio del procedimento ad una nuova udienza e la traduzione dell’imputato stesso. Nella motivazione della suddetta pronuncia è stato precisato che: – si configura in capo all’imputato che abbia reso il giudice edotto del sopravvenuto stato restrittivo per altra causa, il pieno diritto di vedere assicurata la propria presenza al processo mediante la disposizione della traduzione e senza ulteriori oneri a proprio carico; – il procedimento in assenza è legittimo solo qualora vi sia certezza della conoscenza dell’accusa, della data e delle possibilità di accesso all’udienza da parte dell’imputato e vi sia stato a cura del giudice, inoltre, un rigoroso e non equivoco accertamento della volontà dell’interessato di sottrarsi al procedimento poiché, in caso contrario, il giudice deve disporre la sua traduzione al processo; – a conferma di ciò vi è l’espressa previsione di
un obbligo per il giudice di valutare, anche in chiave probabilistica, la sussistenza di un impedimento alla partecipazione, riconducibile al caso
fortuito o alla forza maggiore, imposto dall’art. 420-ter, comma 2, cod.
proc. pen., che dispone che, qualora l’assenza dell’imputato appaia probabile per forza maggiore, il giudice ha il dovere di accertarne le cause
e, in caso di impedimento, di rinviare il processo a nuova udienza.
Proprio tali considerazioni, come ben evidenziato dal P.g. presso questa Corte, confermano la correttezza dell’opzione decisionale del
Giudice di primo grado, validata dai Giudici di appello, essendo evidente che nel caso di specie nessun ragionevole dubbio si è posto circa
l’eventuale esistenza di una causa di forza maggiore ostativa alla presenza in giudizio dell’imputato, stante l’efficacia della citazione a
giudizio, ricevuta dall’imputato in stato di libertà in epoca ben successiva al suo pregresso stato di detenzione, e l’assenza di comunicazione al
riguardo da parte del difensore di fiducia che, del resto, a tutt’oggi non ha comprovato l’asserito stato di detenzione dell’imputato al momento della celebrazione del giudizio di primo grado.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1’11 febbraio 2025.