Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20668 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20668 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Padova il 08/04/1966; COGNOME NOME nato a Padova il 12/10/1973; nel procedimento a carico del medesimo: avverso la ordinanza del 23/10/2024 del tribunale del riesame di Venezia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni del difensore del ricorrente avv.to NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Venezia adito con atto di appello nell’interesse di COGNOME COGNOME e COGNOME NOME quali indagati nel presente procedimento rigettava la domanda.
Avverso la predetta ordinanza COGNOME COGNOME e COGNOME SimoneCOGNOME mediante il proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di impugnazione.
Si rappresenta, con il primo, il vizio di violazione di legge e di mancanza di motivazione, sostenendosi che il tribunale avrebbe apoditticamente ed
implicitamente ritenuto che la disciplina di cui all’art. 185 del DIgs. 152/2000 in tema di terre e rocce da scavo non sarebbe applicabile al caso di specie, al contrario riguardante terre e rocce da scavo come tali correttamente gestite dagli istanti ed estranee alla disciplina dei rifiuti. Il tribunale neppure avrebbe indicato le prescrizioni rilevanti in tema di terre e rocce da scavo che sarebbero state violate evitando altresì di confrontarsi con le osservazioni difensive sul punto.
Con il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge e di mancanza di motivazione, in ordine alla asserita, dal tribunale, irrilevanza delle analisi esperite e alla ritenuta necessità di diverse verifiche sulla composizione delle terre e rocce.
Il ricorso è inammissibile. Esso è presentato dagli indagati, quali soggetti come tali non legittimati alla proposizione del ricorso, piuttosto che nell’interesse della società che abbia la disponibilità delle aree oggetto di sequestro e cui andrebbero restituiti i materiali in vinculis in caso di accoglimento del ricorso. In altri termini, interessata alla restituzione è solo tale ultima società, per cui sol essa, a mezzo di legale rappresentante e mediante conferimento di procura speciale, avrebbe avuto legittimazione a proporre ricorso. Invero, per i soggetti portatori di un interesse meramente civilistico, come allo stato parrebbe essere la società incaricata dei lavori che coinvolgono l’utilizzo dei materiali in questione, vale la regola prevista dall’art. 100 c.p.p. secondo cui “stanno in giudizio con il ministero di un difensore munito di procura speciale” analogamente a quanto previsto per il processo civile dall’art. 83 c.p.c. (sez. 6 n. 13798 del 20/1/2011, Rv. 249873; sez. 2 n. 27037 del 27/3/2012, Rv. 253404; sez. 1 n. 10398 del 29/2/2012, Rv. 252925). E sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha, al riguardo, chiarito che nel procedimento relativo alla restituzione dei beni sequestrati il difensore del terzo interessato, non munito di procura speciale, non è legittimato a proporre istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo (sez. 5 n. 21314 del 9/4/2010, Rv. 247440; sez. 5 n. 10972 del 11/1/2013, Rv. 255186). Nel caso di specie l’unico soggetto astrattamente interessato non è l’autore dei ricorsi, comparendo piuttosto, senza alcuna legittimazione alla invocata revoca del sequestro e conseguente restituzione del materiale, gli indagati.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in
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data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere ch ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione d
causa di inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino la som determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa de
Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
Ammende
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.