Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29858 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29858 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA nei confronti di: COGNOME NOME nato a Gragnano il 25/08/1948
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che si è riportato alla memoria scritta nella quale ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME in sostituzione, per delega orale, dell ‘Avv. NOME COGNOME che si è riportato alla memoria difensiva in atti.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 dicembre 2024, il Tribunale del riesame di Napoli rigettava l’appello cautelare reale proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata avverso l’ordinanza emessa in data 24 luglio 2024 dal GIP del medesimo Tribunale, con cui era stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo del compendio immobiliare sito in Castellammare di Stabia, meglio descritto catastalmente in atti, nell’ambito del procedimento penale pendente nei confronti d i NOME Ruocco quale
legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, proprietaria del predetto compendio, denominato INDIRIZZO , in relazione ai reati di cui agli artt. 44, lett. c), TU Edilizia e 181, comma 1bis , D.lgs. n. 42 del 2004, contestati come commessi secondo le modalità esecutive e spazio -temporali, meglio descritte nei capi di imputazione cautelare.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata, articolando un unico motivo, di seguito sommariamente enunciato ex art. 173, disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 649, cod. proc. pen., e il correlato vizio di manifesta illogicità della motivazione ex art. 325, comma 1, cod. proc. pen., come risultante dal provvedimento impugnato, dalla precedente ordinanza del 30 giugno 2023 e da altri atti del procedimento.
In sintesi, osserva il pubblico ministero come il 10 dicembre 2024 il Tribunale del riesame di Napoli aveva rigettato l’appello cautelare, in particolare ritenendo applicabile al caso in esame l’effetto preclusivo del cosiddetto giudicato cautelare formatosi in riferimento alla precedente decisione del tribunale del riesame del 30 giugno 2023. L’ordinanza del tribunale del riesame non potrebbe condividersi per la non corretta applicazione del principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 649 cod. proc. pen. ed esteso dalla giurisprudenza di legittimità alle decisioni adottate e non impugnate in sede cautelare. Richiamata la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato la possibilità di reiterazione di provvedimenti cautelari reali aventi il medesimo oggetto di quello annullato a seguito delle pronunce della Cassazione o del tribunale in esito al procedimento incidentale di impugnazione della misura cautelare, ove fondate su presupposti diversi, si osserva come, nel caso in esame, con la richiesta di sequestro preventivo del 20 maggio 2024 si era proceduto alla contestazione di un profilo di illegittimità urbanistica nuovo e diverso, non preso in alcun modo in considerazione nelle decisioni precedenti con l’ordinanza impugnata. Infatti, con la precedente richiesta di sequestro preventivo del 12 gennaio 2023 si contestava la illegittimità o invalidità del permesso di costruire n. 10/2020 in quanto rilasciato in violazione dell’articolo 3 del Testo unico dell’edilizia secondo cui ‘ in relazione agli immobili sottoposti a vincoli paesaggistici devono intendersi come ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici o parti di essi eventualmente crollati o demoliti attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza ‘, circostanza questa non verificabile per assenza delle planimetrie catastali relative al progetto originario né desumibile da alcuna documentazione allo stesso allegato. Con la successiva richiesta di sequestro preventivo del 20 maggio 2024 veniva invece contestato il nuovo e diverso profilo di illegittimità o invalidità del predetto permesso di costruire in quanto rilasciato sotto il vigente, all’epoca, articolo 3 del Testo unico edilizia secondo cui dovevano intendersi come ristrutturazione
edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici o parti di essi eventualmente crollati o demoliti attraverso la loro ricostruzione purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Secondo tale previsione normativa rimaneva fermo come, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli paesaggistici, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituivano interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove fosse rispettata la medesima sagoma dell’edificio esistente. Il comma 6 della predetta norma (ossia l’articolo 30, primo comma, lettera a) del decreto-legge n. 69 del 2013), stabiliva che le disposizioni del presente articolo trovavano applicazione dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e, quindi, solo nel caso di edifici crollati o demoliti in epoca successiva all’entrata in vigore della legge n. 98 del 2013, avvenuta in data 21 agosto 2013, circostanza quest’ultima non applicabile al caso in esame in quanto l’edificio era crollato o demolito almeno a far data dal 1976. Tale aspetto, secondo il pubblico ministero, non solo rappresenterebbe un elemento di novità rilevante idoneo a consentire una rivalutazione della precedente decisione, e quindi non precluso dall’eventuale operatività di un effetto preclusivo del giudicato cautelare formatosi sulla precedente ordinanza del tribunale per riesame del 30 giugno 2023, ma rappresenterebbe altresì un argomento fattuale di tipo diverso ed ulteriore, suffragato dal nuovo accertamento tecnico effettuato, sul quale alcuna valutazione o decisione pregressa risultava essere mai stata adottata. La decisione del tribunale del riesame, infatti, argomentava in ordine al diverso profilo di illegittimità del titolo autorizzativo ritenendo dimostrata la preesistente consistenza del fabbricato sulla base di ulteriori elementi probanti diversi dalle informazioni catastali di primo impianto, assenti nel caso di specie, rappresentati dalla perizia giurata del 20 febbraio 1976 con annessa documentazione fotografica. Sulla base di questa argomentazione il tribunale del riesame, con l’ordinanza del 30 giugno 2023, aveva ritenuto insussistente quel profilo di illegittimità del permesso di costruire n. 10/2020 oggetto di contestazione. Pertanto, non potrebbe apoditticamente ritenersi per il pubblico ministero che tale decisione abbia considerato il profilo di illegittimità, oggetto della contestazione provvisoria attuale, quale suo antecedente logico necessario, in quanto siffatto profilo non era oggetto di contestazione e, quindi, non era stato valutato né era valutabile dal tribunale del riesame nella sua precedente decisione. Richiamato il principio giurisprudenziale di cui alla sentenza di questa Corte n. 10255/2019, il pubblico ministero ritiene che, sulla scorta di tale principio, con l’ordinanza del 30 giugno 2023 il tribunale aveva argomentato solo in ordine al profilo di illegittimità oggetto della contestazione a quell’epoca formulata, non procedendo ad alcuna valutazione ulteriore né in fatto né in diritto, nemmeno in termini logico-deduttivi. Tale considerazione consentirebbe di ritenere che nessuna efficacia preclusiva potesse dedursi rispetto all’attuale diverso profilo di illegittimità, oggetto della contestazione provvisoria sopra richiamata.
In data 27/04/2025 sono state trasmesse a questa Corte le conclusioni scritte del Procuratore generale, cui si è riportato in udienza, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso del PM.
Secondo il P.G., il ricorso non è fondato, atteso che non risultano elementi di novità rispetto alla formazione del giudicato cautelare. Ed invero, il mancato rinvenimento delle informazioni catastali ben può essere ritenuto assorbito da altri documenti, esaminati nel provvedimento ed in atti, del tutto probanti la situazione preesistente al rilascio del titolo abilitativo n. 10/2020.
In data 4 aprile 2025, è pervenuta istanza di trattazione orale del ricorso del l’Avv. NOME COGNOME accolta con provvedimento del presidente titolare di questa Sezione. Successivamente, in data 2 maggio 2025, l’Avv. NOME COGNOME nell’interesse dell’indagato, ha fatto pervenire memoria, con cui ha chiesto a questa Corte di dichiarare l’inammissibilità del proposto ricorso ovvero, in subordine, rigettarlo per infondatezza .
Sostiene, in particolare, la difesa l’i nammissibilità del ricorso per cassazione per carenza di legittimazione del P.M. ricorrente, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata. I l pubblico ministero legittimato, ai sensi dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. , ad impugnare l’ordinanza pronunciata nell’ambito del presente procedimento penale dal Tribunale del Riesame di Napoli, in data 10.12.2024, deve essere individuato esclusivamente nell’Ufficio requirente presso il Tri bunale di Napoli. Ne conseguirebbe l’inammissibilità del ricorso proposto dal PM presso il Tribunale di Torre Annunziata, per carenza assoluta di legittimazione ad impugnare del proponente. In ogni caso ed in subordine, si chiede inammissibilità del ricorso nella parte in cui risulta esorbitante rispetto alla censura della violazione di legge e, segnatamente, laddove il PM ricorrente lamenta -nell’ambito dell’unico motivo di ricorso il vizio della manifesta illogicità della motivazione.
Infine, ed in ogni caso, si denuncia l’ infondatezza del ricorso in ordine alla asserita mancata violazione del divieto del bis in idem in ambito cautelare, atteso che sarebbe intervenuta sulla questione giuridica una isolata sentenza del Consiglio di Stato e non certo una pronuncia (né di una singola Sezione, né tantomeno delle Sezioni Unite) della Suprema Corte di Cassazione: la richiesta del Pubblico Ministero difetterebbe del tutto di un qualsivoglia elemento di novità in grado di scalfire o, meglio, di imporre il superamento del giudicato cautelare, ormai consolidatosi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del pubblico ministero è inammissibile.
Ed invero, è assorbente e risolutiv a l’eccezione difensiva afferente al difetto di legittimazione ad impugnare del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata.
2.1. Un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, avallando una lettura sistematica del dettato codicistico, non ha mancato di rimarcare la differente scelta lessicale che connota la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 311 c od. proc. pen., laddove espressamente prevede che legittimati a proporre ricorso per cassazione avverso i provvedimenti di riesame e di appello, in materia di misure cautelari personali, sono sia il pubblico ministero presso il Tribunale che ha pronunciato l’ordinanza impugnata, sia il pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura.
2.2. Tanto premesso, tuttavia, questa Corte ha costantemente affermato il principio, sin dalla decisione assunta dalle Sezioni Unite ‘Bassi’ (Sez. U, n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi ed altri, Rv. 206658 -01), secondo cui la previsione della possibilità di partecipazione del pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura stessa all’udienza del tribunale del riesame non è stata inserita anche con riferimento alla misura cautelare reale. Infatti, gli artt. 324 e 325 cod. proc. pen. non sono stati modificati dal D.L. 23 ottobre 1996 n. 553, convertito in legge 23 dicembre 1996 n. 652, diversamente dall’art. 309 nel quale è stata introdotta tale previsione.
Ne deriva che il pubblico ministero legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale menzionato è soltanto quello presso questo ufficio (Sez. 3, ord. n. 2245 del 15/06/1999, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 214797 -01).
2.3. Trattasi di giurisprudenza che riveste, ancora oggi, carattere di attualità, come del resto dimostrato dalla stessa previsione normativa, contenuta nel comma 8bis dell’art. 309, cod. proc. pen., che espressamente prevede, nella materia delle misure cautelari personali, che ‘ 8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura può partecipare all’udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 ‘.
Ed infatti, quanto alla individuazione del P.M. destinatario della comunicazione, prima della riforma introdotta con l’art. 2, D.L. 23.10.1996, n. 553, convertito, con modificazioni, con L. 23.12.1996, n. 652, stante l’accentramento del giudizio di riesame presso il tribunale del capoluogo di provincia (al riguardo, si veda Corte cost. 7 maggio 1996, n. 147), si riconobbe la legittimità dell’intervento del solo P.M. presso il Tribunale del riesame, anche nell’ipotesi di impugnazione di provvedimento adottato da giudice allocato nel territorio della provincia, su richiesta del competente P.M., ovvero di provvedimento adottato dal giudice delle indagini preliminari presso la pretura circondariale (per tutte: Sez. U, n. 8 del 31/05/1991, Proc. rep. circ. Matera in proc. COGNOME, Rv. 187859 -01).
A seguito della modifica legislativa sovra menzionata, che ha aggiunto all’art. 309, il comma 8bis , individuando il Tribunale del riesame delle misure cautelari personali solo
in quello sito nel capoluogo del distretto giudiziario, l’avviso di fissazione dell’udienza va comunicato sia al P.M. presso il Tribunale del riesame che al P.M. presso il giudice che ha emesso la misura, il quale può, inoltre, partecipare all’udienza di riesame in luogo del primo.
Non altrettanto, si noti, è avvenuto né con riferimento all’art. 322 -bis , cod. proc. pen. (che, nel prevedere, al comma 1bis , che ‘s ull’appello decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento ‘, non ha inserito una previsione analoga a quella del comma 8bis dell’art. 309, cod. proc. pen. , con la conseguenza che il pubblico ministero legittimato a ricevere la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale ed a partecipare all’udienza stessa è (solo) quello competente a svolgere le funzioni presso il tribunale competente per la decisione in merito alla procedura incidentale, anche nel caso in cui i provvedimenti originari siano stati richiesti dal procuratore distrettuale funzionalmente competente allo svolgimento delle indagini per uno dei delitti indicati dall’ art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., in quanto nella disciplina dei procedimenti di riesame od appello delle misure cautelari reali nessuna disposizione rinvia espressamente al disposto dell’art. 309, comma 8-bis (Sez. 5, n. 30100 del 03/06/2010, Credit RAGIONE_SOCIALE, Rv. 247886 -01).
2.4. Allo stesso modo, la disposizione del comma 8bis dell’art. 309 cod. proc. pen. non è stata nemmeno riproposta, per quanto qui rileva, nell’art. 325, cod. proc. pen., che, nel richiamare il ‘pubblico ministero’ come soggetto legittimato all’impugnazione, richiama al comma 3, l’applicabilità delle (sole) ‘ disposizioni dell’articolo 311 commi 3, 4 e 5 ‘ e non quella del comma 1, che, appunto, legittima al ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali ‘il pubblico ministero che ha chiesto l’applicazione della misura’.
2.5. Deve, quindi, essere ribadito il principio secondo cui, quanto all’individuazione del P.M., è ritenuto legittimato a ricorrere contro i provvedimenti del tribunale del riesame soltanto il P.M. presso questo tribunale e non anche quello che ha chiesto l’applicazione della misura (cfr., oltre la già cit. Sez. U, n. 8 del 31/05/1991, Proc. rep. circ. Matera in proc. COGNOME, Rv. 187860 -01, anche Sez. U, n. 5 del 20/06/1990, Corica, Rv. 185283 -01; Sez. 3, n. 3747 del 25/11/1999, dep. 2000, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 215302 -01; Sez. 5, n. 30100 del 03/06/2010, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 247886 -01).
Si è, peraltro, sottolineato che l’eventuale firma per adesione del P.M. competente a ricorrere sul ricorso proposto dal P.M. che aveva richiesto l’applicazione della misura non è sufficiente a rendere ammissibile il ricorso, vertendosi in un’ipotesi di inammissibilità originaria del gravame che, in quanto tale, è inidoneo a produrre l’impulso necessario per originare il giudizio di impugnazione. Inoltre, quand’anche si volesse ritenere integrato in tal modo un ricorso per relationem , in ogni caso lo stesso sarebbe
privo dei necessari requisiti di forma e di sostanza previsti per tale impugnazione, tra cui la specificità (Sez. 3, n. 13969 del 12/02/2004, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 228617 -01).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile stante il difetto di legittimazione ad impugnare del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata.
I l pubblico ministero legittimato, ai sensi dell’art. 325, comma 1 , cod. proc. pen., ad impugnare l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del Riesame di Napoli in data 10 dicembre 2024, andava, dunque, individuato esclusivamente nell’Ufficio requirente presso il Tribunale di Napoli.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso, il 23/05/2025