Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18419 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18419 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN GIORGIO A CREMANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/01/2024 del TRIBUNALE di GENOVA udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso; ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D. L. n
137/2020 e del successivo art. 8 D. L. n. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Genova, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 17/1/2024, dichiarava inammissibile l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova il 28/11/2023 avente ad oggetto il denaro giacente – tra gli altri – sul conto corrente bancario della RAGIONE_SOCIALE, ritenendo NOME COGNOME non legittimato.
L’indagato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione alla ritenuta carenza di interesse a impugnare. Evidenzia, sotto un primo aspetto, come nei motivi aggiunti fosse stato specificato come il COGNOME agisse anche “nella veste di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE“; sotto un differente
aspetto, che, in ogni caso, essendo il ricorrente titolare unico delle quote della predetta società, vantasse anch’egli ed in egual misura lo stesso diritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per essere manifestamente infondato l’unico motivo, sviluppato sotto due profili, al quale è affidato.
1.1 Sotto il primo aspetto, si osserva che con i motivi aggiunti si possono sottoporre al giudice del riesame ulteriori profili di doglianza, anche nuovi, tenuto conto che l’art. 324, comma 4, cod. proc. pen. prevede che fino a prima della discussione le parti possono proporre motivi nuovi, ma certamente non è consentito mutare l’identità soggetto che propone l’istanza di riesame. Oggetto dell’eventuale novum, dunque, è la causa petendi, vale a dire i motivi che giustificano la domanda, non il soggetto legittimato ad impugnare. A tale ultimo fine, la richiesta iniziale, anche se avanzata con la riserva dei motivi, è quella cui occorre fare riferimento al fine di individuare il soggetto che esercita il diri all’impugnazione. Nel caso di specie, risulta dagli atti che l’istanza di riesame è stata avanzata da NOME COGNOME, senza specificare che agiva nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, da ciò desumendosi che abbia agito in proprio.
Peraltro, dall’inammissibilità del motivo originario discende quella del motivo aggiunto. Ed invero, la inammissibilità è una patologia del ricorso irreversibile e non sanabile, come dimostra la circostanza per cui l’art. 585, comma 4, seconda parte, cod. proc. pen. impedisce al ricorso inammissibile di essere rivitalizzato con motivi nuovi, i quali, pur se bene articolati ed eventualmente anche fondati, se accedono ad un ricorso inammissibile, subiscono la stessa sorte (Sezione 5, n. 8439 del 24/1/2020, L., Rv. 278387 – 01).
In altri termini, l’esame del motivo nuovo viene necessariamente a dipendere dall’esito dell’esame dei motivi originari, con la conseguenza che l’inammissibilità dei motivi di ricorso – avendo impedito la regolare instaurazione del rapporto processuale – travolge anche il motivo nuovo (da ultimo, Sezione 3, n. 43917 del 14/10/2021, G., Rv. 282218 – 01).
1.2 Sotto il secondo aspetto, si osserva che la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo sia legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame, che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (tra le tante, Sezione 3, n. 36021 del 1/6/2023, Gabrielli, n.m.; Sezione 3, n. 16352 del 11/1/2021, COGNOME, Rv. 281098 – 01; Sezione 5, n. 35015 del 9/10/2020, COGNOME, Rv. 280005 – 01; Sezione 5, n. 52060 del
30/10/2019, COGNOME, Rv. 277753 – 04; Sezione 1, n. 6779 del 8/1/2019, COGNOME, Rv. 274992 – 01). Sulla base di siffatto principio di diritto, in un caso analogo a quello che si sta scrutinando, è stata ritenuta immune da censure l’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità della richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo di una società a responsabilità limitata, presentata dall’indagato in proprio e non quale legale rappresentante della stessa mediante un difensore munito procura speciale (Sezione 1, n. 6779/2019 cit.). In altri termini, affinché sia legittimato a proporre impugnazione, l’indagato deve reclamare una relazione con la cosa a sostegno della sua pretesa alla cessazione del vincolo, in quanto il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante. In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha avuto cura di specificare che persona avente diritto alla restituzione è non chi abbia un qualsiasi interesse alla restituzione, ma soltanto colui che sia titolare di una posizione giuridica autonomamente protetta, coincidente, quindi con un diritto soggettivo assoluto od anche con un mero rapporto di fatto tutelato dal diritto, di talchè si è affermato che il titola quote sociali non ha un titolo a conseguire il possesso o la detenzione del bene sequestrato alla società (Sezione 6, n. 271 del 5/11/2013, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 257768 01)
Va, poi, evidenziato che è stato condivisibilmente ritenuto che non sussiste contrasto con altri arresti della giurisprudenza di legittimità che hanno ritenuto l’indagato sempre legittimato al riesame indipendentemente dal fatto che i beni siano sottratti alla sua disponibilità o a quella di terzi (segnatamente, Sezione 2, n. 32977 del 14/6/2011, COGNOME, Rv. 251091 – 01 e Sezione 4, n. 21724 del 20/4/2005, COGNOME, Rv. 231374 – 01), atteso che trattasi di pronunce che esprimono in motivazione principi di diritto eccessivamente ampi rispetto alla fattispecie concreta (Sezione 5, n. 35015/2020 cit.). Ed invero, la fattispecie a fondamento dell’affermazione della legittimazione dell’indagato non titolare del bene era il trasferimento fraudolento di beni mediante intestazione fittizia (art. 12 -quinquies, d.l. 306 del 1992), laddove il presupposto del sequestro preventivo risiedeva proprio nel potere di disposizione dell’indagato sui beni fittiziamente intestati (Sezione 2, n. 32977/2011 cit.); di conseguenza, l’interesse alla restituzione dell’indagato, sebbene non titolare formale del bene in sequestro, era fondato sul presupposto fattuale dell’imputazione contestata, ovvero la disponibilità di fatto dei beni in sequestro, in quanto fittiziament intestati.
Dalle premesse poste, discende che, nel caso di specie, il COGNOME non era legittimato a proporre riesame ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., in quanto indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, pacificamente
appartenente alla RAGIONE_SOCIALE e, in particolare, non titolare di una posizione giuridicamente protetta, coincidente quindi con un diritto soggettivo assoluto od anche con un mero rapporto di fatto tutelato dal diritto; che, dunque, l’unica posizione alla quale è ricollegato un interesse alla restituzione non è quella del ricorrente, ma della RAGIONE_SOCIALE, titolare del conto corrente, con la conseguenza che il COGNOME, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, titolare di autonomi interessi giuridici di carattere civilistico, tutelabili col diritto di impugnazione avverso i provvedimenti lesivi tali interessi, avrebbe dovuto, per potere impugnare in nome e per conto della società, conferire procura speciale al difensore per proporre gravame in nome e per conto della società di capitali, unica avente diritto alla restituzione d compendio in sequestro.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 22 marzo 2024.