Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9355 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9355 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato ad Albano Laziale (Rm) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 5/9/2023 del Tribunale del riesame di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che h chiesto l’accoglimento del ricorso, anche con memoria
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5/9/2023, il Tribunale del riesame di Roma confermava il decreto del 20/7/2023 con il quale il Procuratore della Repubblica presso il lo Tribunale aveva disposto la perquisizione della “RAGIONE_SOCIALE“, ed eventuale sequestro, con riguardo al delitto di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen.
Propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, indagato per tale reato, deducendo – con unico motivo – la violazione dell’art. 253 cod. proc. pen. p mancato rispetto dei principi di adeguatezza e di proporzionalità. Nonostante un contestazione limitata ad un solo rifiuto (EER20.01.08), che peraltro costituireb una minima parte di quelli trattati dalla società, sarebbe stato sequestrato un e proprio “gemello digitale” non soltanto dell’ente in ogni aspetto della organizzazione, ma anche dell’intero know how industriale dello stesso e di tutte le altre società appartenenti al gruppo riferibile al ricorrente. Tale misura, du risulterebbe palesemente ingiustificata ed illegittima, nella sua ampiezza, spe considerando che il Pubblico Ministero avrebbe disposto il sequestro di personal computer e materiale informatico specificando che l’estrapolazione dei dati riguardanti il reato per cui si procede sarebbe avvenuta soltanto in un secon momento, in forza di “chiavi di ricerca che verranno successivamente individuate”; il sequestro, dunque, avrebbe avuto una natura meramente esplorativa, con individuazione del materiale utile all’indagine rimessa solo alla polizia giudizia e peraltro non ancora avvenuta a distanza di oltre due mesi. L’evidente violazio dei canoni della proporzione e dell’adeguatezza, peraltro, emergerebbe anche dalla differente condotta di reato riconosciuta dall’ordinanza rispetto a qu ipotizzata dal Pubblico Ministero; in particolare, mentre quest’ultima atterre alla violazione della prescrizione autorizzativa che avrebbe imposto alla società rispetto dei limiti di cui al d. Igs. 29 aprile 2010, n. 75 (ai fini della selez rifiuto da trattare), il Tribunale avrebbe riconosciuto una illegittima applicaz da parte della società, dei limiti stessi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta inammissibile.
L’impugnazione, infatti, è stata proposta dall’COGNOME in proprio, sen spendita di alcuna qualità nella “RAGIONE_SOCIALE” né, soprattutto, produzion di procura speciale dalla stessa rilasciata, nonostante soltanto questa sia la ti dei beni dei quali si chiede la restituzione. L’originario decreto di perquisizi sequestro, infatti, è stato eseguito nei confronti della società, non dell’Alt questi, pertanto, non può vantare – in proprio – alcun interesse, quindi al legittimazione ad agire ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., in q dall’eventuale annullamento dell’ordinanza non seguirebbe la restituzione ricorrente stesso di alcun bene. D’altronde, in nessun passo del ricorso l’indag sostiene di essere il titolare esclusivo di taluno dei documenti informa sequestrati (oggetto dell’unico motivo di ricorso), ma, anzi, precisa (pag. 3 ribadisce (pag. 4) – che il Pubblico Ministero avrebbe appreso il “gemello digit
“non soltanto della Società/azienda in ogni aspetto della sua organizzazione, m anche dell’intero know how industriale della stessa e di tutte le altre Società appartenenti al gruppo industriale riferibile all’odierno ricorrente”. Ebbene, qu assunto non si traduce affatto nell’affermazione di titolarità anche di uno solo documenti in sequestro, così risaltando ulteriormente l’assenza di interess proporre il ricorso, dunque da dichiarare inammissibile.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzional e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della cau di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonc quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2024
igliere estensore
IlPresidénte