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Legittimazione a impugnare del PG: chi ricorre?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale, affermando la sua mancanza di legittimazione a impugnare le ordinanze del giudice dell’esecuzione. Solo il PM che è stato parte del procedimento esecutivo può proporre impugnazione, senza che il Procuratore Generale possa sostituirsi ad esso in tale fase.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittimazione a impugnare: il Procuratore Generale può ricorrere contro le decisioni in fase esecutiva?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare chiarezza su un tema procedurale cruciale: la legittimazione a impugnare del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello avverso i provvedimenti del Giudice dell’esecuzione. La pronuncia sottolinea una rigida distinzione tra la fase di cognizione e quella esecutiva, delineando con precisione i confini dei poteri di impugnazione degli organi della Procura.

Il Fatto in Breve

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Pavia, in funzione di Giudice dell’esecuzione. Questo, accogliendo l’istanza di un condannato, aveva riconosciuto il vincolo della continuazione tra reati giudicati con quattro sentenze definitive. Di conseguenza, aveva rideterminato la pena complessiva in una misura più favorevole al condannato.

Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano proponeva ricorso per cassazione, sollevando tre motivi: l’incompetenza del giudice che aveva emesso l’ordinanza, l’erronea applicazione della legge penale per aver concesso la continuazione su fatti già valutati, e un vizio di motivazione sull’entità degli aumenti di pena.

La Questione della Legittimazione a Impugnare

Il nodo centrale della questione, tuttavia, non risiedeva nel merito dei motivi proposti, ma in un aspetto preliminare: il Procuratore Generale aveva il diritto di presentare quel ricorso? La Corte di Cassazione ha risposto negativamente, dichiarando il ricorso inammissibile perché proposto da un soggetto non legittimato.

La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: nella fase dell’esecuzione penale, l’unico organo del Pubblico Ministero legittimato a impugnare un provvedimento è quello che ha partecipato come ‘parte’ al relativo procedimento. In altre parole, il diritto di ricorrere spetta al Pubblico Ministero presso il giudice che ha emesso la decisione (in questo caso, il PM presso il Tribunale di Pavia), non al suo superiore gerarchico, ovvero il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una netta distinzione tra il giudizio di cognizione (il processo che accerta il reato e commina la pena) e la fase esecutiva (che gestisce l’applicazione della pena dopo la condanna definitiva). Il cosiddetto ‘potere di surroga’, previsto dall’art. 570 del codice di procedura penale, che consente al Procuratore Generale di impugnare una sentenza al posto del Procuratore della Repubblica, è una prerogativa limitata esclusivamente al giudizio di cognizione.

Secondo gli Ermellini, questo potere non può essere esteso per analogia alla fase esecutiva. In questa fase, le parti processuali sono chiaramente identificate e il sistema non prevede un potere di sostituzione generalizzato. Di conseguenza, il Procuratore Generale non ha titolo per intervenire con un proprio ricorso contro le decisioni del Giudice dell’esecuzione, anche qualora lamenti l’incompetenza funzionale di quest’ultimo. La declaratoria di inammissibilità per difetto di legittimazione prevale su qualsiasi altra valutazione, inclusa quella sulla competenza del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.

Le Conclusioni

La decisione riafferma l’importanza del rispetto rigoroso delle regole procedurali in materia di impugnazioni. Stabilisce in modo inequivocabile che la legittimazione a impugnare nella fase esecutiva è circoscritta al Pubblico Ministero che ha effettivamente preso parte al procedimento. Qualsiasi impugnazione proposta da un organo diverso, come il Procuratore Generale, è destinata a essere dichiarata inammissibile, senza che la Corte possa scendere a esaminare il merito delle censure sollevate. Questa pronuncia serve da monito per gli operatori del diritto, ricordando che l’identificazione corretta del soggetto legittimato a impugnare è un presupposto indispensabile per l’accesso alla giustizia nelle fasi successive alla condanna.

Chi è autorizzato a impugnare un’ordinanza del Giudice dell’esecuzione?
Secondo la sentenza, l’unico soggetto del Pubblico Ministero legittimato a proporre impugnazione è quello che ha rivestito il ruolo di parte nel procedimento esecutivo dinanzi al giudice che ha emesso il provvedimento.

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello può sostituirsi al Pubblico Ministero per impugnare in fase esecutiva?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il potere di surroga del Procuratore Generale, previsto dall’art. 570 c.p.p., è limitato al giudizio di cognizione e non si estende alla fase dell’esecuzione penale.

Cosa succede se l’impugnazione è proposta da un soggetto non legittimato?
L’impugnazione viene dichiarata inammissibile. Ciò significa che il ricorso non viene esaminato nel merito e la decisione impugnata diventa definitiva, poiché la mancanza di legittimazione è un vizio procedurale che impedisce qualsiasi valutazione sul contenuto del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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