Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23422 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23422 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GEMONA DEL FRIULI il 16/04/1964
avverso la sentenza del 20/11/2024 del TRIBUNALE di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata nel preambolo il Tribunale di Genova ha assolto NOME COGNOME dal reato di cui all’art. 22, comma , d.lgs. n. 286 del 1998 perché il fatto non costituisce il reato.
A ragione della decisione osserva che, pur essendo stato adeguatamente dimostrato che l’imputato, agendo nella qualità di preposto e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di assicurazioni diverse da quelle sulla vita preposto, aveva occupato alle sue dipendenze presso la sede operativa di Genova, il lavoratore indiano NOME COGNOME in distacco transnazionale, anche in epoca successiva alla scadenza del permesso di soggiorno avvenuta il 7 gennaio 2018 e precisamente fino al 6 aprile dello stesso anno, così come attestato dalle timbrature dl badge, dagli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria presso l’INPS e dalle ammissioni dello stesso imputato.
Osserva il Tribunale che, tuttavia, sono stati raccolti più elementi che fanno ragionevolmente dubitare della sussistenza del dolo richiesto per l’integrazione del reato: il lavoratore, distaccato da una società indiana di un gruppo internazionale, è stato per un lungo periodo regolarmente occupato; la società di cui l’imputato era il legale rappresentate era dotata di un ufficio del personale e di un consulente esterno deputato alla cura delle pratiche inerenti i lavoratori stranieri; COGNOME, ancor prima della scadenza del permesso di soggiorno si era preoccupato di richiedere l’estensione del nulla osta al lavoro alla prefettura di Genova rappresentando che il rapporto di lavoro era ancora in essere. In tale contesto, è ragionevole ipotizzare che le problematiche insorte negli ultimi mesi dopo la scadenza del permesso di soggiorno siano riconducibili a disguidi nella gestione delle pratiche di rinnovo.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME articolando un unico motovo per erronea interpretazione dell’art. 22, comma 12, d.lgs n. 286 del 1998.
La formula assolutoria adottata dal tribunale presuppone la sussunzione del fatto materiale accertato nella fattispecie incriminatrice contestata.
Secondo la difesa invece la corretta interpretazione della norma avrebbe dovuto condurre l’immediata declaratoria di insussistenza del fatto
Dal tenore letterale della norma si evince che, pendente la richiesta di rinnovo di un permesso di soggiorno validamente rilasciato, lo straniero permane legittimamente sul territorio nazionale pur essendo nel frattempo scaduto il permesso originale sino alla data di un’eventuale decisione negativa soltanto a decorrere dalla quale l’interessato risulterà irregolare.
Non è corretta interpretazione del Tribunale secondo la quale il mancato rinnovo del permesso di soggiorno rende illegale la permanenza dell’interessato nel periodo successivo alla scadenza del permesso originale con effetto retroattivo. La norma incriminatrice sanziona, infatti, il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri o privi del permesso di soggiorno o con permesso
scaduto di cui non sia stato chiesto nei termini di legge il rinnovo o con permesso revocato o annullato.
L’interpretazione seguita dal tribunale fa dipendere l’illiceità penale della condotta da una decisione amministrativa successiva anche di parecchi mesi e soggetta a variabili imprevedibili e incontrollabili dalla parte interessata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unica censura dedotta con il ricorso è infondata.
L’art. 22 d.lgs., 25 luglio 1998, n. 286 punisce ‘ Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato ‘.
La norma incriminatrice ha, quindi, riguardo all’assunzione di tutti i cittadini extracomunitari che, per qualsiasi motivo, non hanno un permesso di soggiorno e non soltanto i lavoratori extracomunitari clandestini, perché entrati in Italia senza visto o perché il loro visto sia scaduto (Sez. 1, n. 29149 del 22/02/2011, COGNOME, Rv. 250794 – 01).
La sussistenza del reato è esclusa solamente dalla regolare presenza in Italia dello straniero, che è onere del datore di lavoro verificare indipendentemente dalle asserzioni e aspettative di colui al quale viene data occupazione (Sez. 1, n. 25990 del 17/06/2010 Rv. 247984 – 01 COGNOME; Sez. 1, n. 9882 del 30/11/2010, dep. 2011, Rv. 249867 – 01 COGNOME).
Il concetto di occupazione che figura nella norma predetta si riferisce alla instaurazione di un rapporto di lavoro che già di per sé integra gli estremi di una condotta antigiuridica, qualora il soggetto assunto sia un cittadino extracomunitario privo del citato permesso, indipendentemente da qualunque delimitazione temporale dell’attività in questione
Sostiene la difesa del ricorrente che nel caso in esame, a prescindere dalla insussistenza dell’elemento soggettivo già correttamente rilevata dal Tribunale, il reato non è configurabile perché il datore di lavoro ha continuato ad occupare il cittadino extracomunitario dopo la tempestiva richiesta del rinnovo del permesso di soggiorno ma prima della decisione negativa.
2. L’argomento è erroneo in fatto ed in diritto.
L’art. 5 comma 9-bis del T.U. Immigrazione prevede che ‘ In attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, anche ove non venga rispettato il termine
di sessanta giorni di cui al precedente comma, il lavoratore straniero può legittimamente soggiornare nel territorio dello Stato e svolgere temporaneamente l’attività lavorativa fino ad eventuale comunicazione dell’Autorità di pubblica sicurezza, da notificare anche al datore di lavoro, con l’indicazione dell’esistenza dei motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno ‘ .
Aggiunge che ‘ L’attività di lavoro di cui sopra può svolgersi alle seguenti condizioni:
a) che la richiesta del rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro sia stata effettuata dal lavoratore straniero all’atto della stipula del contratto di soggiorno, secondo le modalità previste nel regolamento d’attuazione, ovvero, nel caso di rinnovo, la richiesta sia stata presentata prima della scadenza del permesso, ai sensi del precedente comma 4, e dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica del 31 agosto 1999 n. 394, o entro sessanta giorni dalla scadenza dello stesso;
b) che sia stata rilasciata dal competente ufficio la ricevuta attestante l’avvenuta presentazione della richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso ‘ .
Risulta dagli atti che la società di cui RAGIONE_SOCIALE era il legale rappresentante non aveva presentato regolare richiesta di rinnovo di permesso di soggiorno: quella presentata in data 9 febbraio 2018, quindi oltre la scadenza, era priva della documentazione attestante la posizione contributiva del lavoratore pur ripetutamente richiesta dalla prefettura; quella presentata allo Sportello unico dell’ immigrazione in data 19-12-2017, avente ad oggetto la richiesta di proroga per ulteriori sei mesi ‘, era stata presentata sulla base di una normativa non applicabile ai lavoratori distaccati da società estere.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma 29 aprile 2025