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Lavoro irregolare: chi è il datore di lavoro di fatto?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9421/2024, chiarisce la figura del datore di lavoro nel reato di impiego di lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno. Anche chi non è formalmente il titolare dell’impresa può essere condannato per lavoro irregolare se gestisce in autonomia i lavoratori, impartendo direttive e pagando la retribuzione. Nel caso specifico, un uomo, pur sostenendo di essere un semplice autista, è stato ritenuto responsabile in quanto reclutava, controllava e pagava due lavoratori clandestini, agendo come un vero e proprio datore di lavoro di fatto.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Lavoro Irregolare: La Cassazione definisce chi è il vero ‘Datore di Lavoro’

La lotta al lavoro irregolare passa anche attraverso una corretta identificazione delle responsabilità. Ma chi è penalmente responsabile quando vengono impiegati lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno? È sufficiente non essere il titolare formale dell’impresa per sfuggire alle conseguenze? A queste domande risponde la Corte di Cassazione, con una recente sentenza che chiarisce il concetto di ‘datore di lavoro di fatto’, delineando contorni di responsabilità molto più ampi di quelli meramente formali.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un uomo condannato sia in primo grado che in appello per aver impiegato due cittadini stranieri privi del permesso di soggiorno. L’imputato si era difeso sostenendo di non essere il datore di lavoro, ma un semplice dipendente con mansioni di autista, regolarmente assunto da un’altra persona. A suo dire, quindi, non poteva essere ritenuto colpevole di un ‘reato proprio’, ovvero un reato che può essere commesso solo da chi riveste la specifica qualifica di datore di lavoro.

La tesi difensiva puntava a scaricare la responsabilità sul suo superiore formale, il committente di un appalto per la distribuzione di volantini pubblicitari. Tuttavia, le prove raccolte, incluse le dichiarazioni di uno dei lavoratori e di un testimone della polizia giudiziaria, dipingevano un quadro ben diverso.

La Questione Giuridica sul Lavoro Irregolare

Il nodo centrale della questione era stabilire chi, ai fini della legge sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998), possa essere considerato ‘datore di lavoro’. La difesa sosteneva un’interpretazione restrittiva e formale: solo chi ha stipulato il contratto di lavoro può essere considerato tale.

La norma, infatti, punisce chi ‘occupa alle proprie dipendenze’ lavoratori stranieri irregolari. L’imputato, non essendo il titolare dell’attività, riteneva di essere estraneo a questa fattispecie. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a decidere se la responsabilità penale per lavoro irregolare si fermi al dato formale o se debba guardare alla sostanza del rapporto.

La Figura del Datore di Lavoro di Fatto

La Corte ha rigettato il ricorso, affermando un principio di natura sostanziale. La qualifica di datore di lavoro, ai fini di questo reato, non dipende dal contratto formale, ma dall’effettivo esercizio dei poteri tipici del datore di lavoro. Non conta solo chi assume, ma anche chi, pur non avendo provveduto direttamente all’assunzione, si avvale della prestazione lavorativa ‘tenendoli alle sue dipendenze’.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici hanno spiegato che l’uso di terze persone o di schemi contrattuali (come l’appalto) non può fungere da ‘schermo’ per eludere le responsabilità penali. La sentenza impugnata aveva correttamente attribuito la qualifica di datore di lavoro all’imputato perché le prove dimostravano che egli agiva in piena autonomia nei confronti dei lavoratori stranieri.

Nello specifico, è stato accertato che l’imputato:

* Reclutava e assumeva direttamente i lavoratori.
* Controllava la loro prestazione lavorativa giorno per giorno.
* Impartiva le direttive necessarie per l’esecuzione del servizio di volantinaggio.
* Corrispondeva la retribuzione al termine di ogni giornata lavorativa.

Questo comportamento, secondo la Corte, integra pienamente la figura del datore di lavoro di fatto, ovvero ‘colui che in concreto si è avvalso, in modo diretto, dell’attività lavorativa dei cittadini privi del permesso di soggiorno’. L’esistenza di un contratto di appalto con un altro soggetto è irrilevante, poiché nei rapporti con i lavoratori irregolari l’imputato operava come un vero e proprio imprenditore autonomo.

Le Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione rafforza un importante principio nella lotta al lavoro irregolare: la responsabilità penale ricade su chi esercita effettivamente il potere direttivo e di controllo sui lavoratori, indipendentemente dalla sua qualifica formale. Non è possibile nascondersi dietro a un ruolo di ‘semplice dipendente’ o a contratti di appalto quando, nei fatti, si agisce come il vero dominus del rapporto di lavoro. La sentenza serve da monito: ciò che conta per la legge è la sostanza dei rapporti e non l’apparenza formale, specialmente quando si tratta di tutelare la regolarità del mercato del lavoro e la dignità dei lavoratori.

Chi è considerato ‘datore di lavoro’ nel reato di impiego di stranieri senza permesso di soggiorno?
Non solo chi assume formalmente il lavoratore, ma anche chi, di fatto, si avvale della sua prestazione tenendolo alle proprie dipendenze, ovvero impartendo direttive, controllandone l’operato e pagandolo.

Un semplice dipendente può essere condannato per aver impiegato lavoratori irregolari?
Sì, se questo dipendente agisce con piena autonomia nella gestione dei lavoratori irregolari, reclutandoli, controllandoli e retribuendoli. In tal caso, viene considerato un ‘datore di lavoro di fatto’ e risponde penalmente del reato.

L’esistenza di un contratto di appalto con un’altra azienda esclude la responsabilità penale per lavoro irregolare?
No, l’esistenza di un appalto non funge da ‘schermo’ per escludere la responsabilità. Se l’appaltatore gestisce in concreto e in autonomia i lavoratori irregolari, risponde direttamente del reato, a prescindere dai suoi rapporti contrattuali con il committente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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