LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Lavoro arresti domiciliari: la Cassazione decide

Un individuo agli arresti domiciliari si è visto negare la possibilità di lavorare. La Corte di Cassazione ha confermato il diniego, stabilendo che il permesso di lavoro arresti domiciliari è concesso solo in caso di ‘assoluta indigenza’ e se compatibile con le esigenze cautelari. Nel caso specifico, la pericolosità del soggetto e le precedenti evasioni hanno reso impossibile la concessione del beneficio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lavoro e arresti domiciliari: quando è possibile ottenere il permesso?

Ottenere l’autorizzazione per svolgere un’attività lavorativa durante il periodo di lavoro arresti domiciliari è una questione complessa, che bilancia il diritto al lavoro con le imprescindibili esigenze di sicurezza pubblica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la severità dei criteri da applicare, chiarendo che non basta avere un’opportunità di impiego per ottenere il permesso. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

Il caso in esame

Un giovane, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, aveva ottenuto dal Giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione a recarsi al lavoro. Il Pubblico Ministero, tuttavia, impugnava tale decisione, e il Tribunale di Bologna accoglieva l’appello, revocando il permesso. Secondo il Tribunale, non sussistevano i presupposti di legge e l’attività lavorativa era incompatibile con le esigenze cautelari.

L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione. Sosteneva che i giudici avessero errato nel valutare il suo stato di indigenza, basandosi unicamente sul reddito dei genitori conviventi. Inoltre, riteneva che il rischio di contatti con l’esterno fosse minimo, dato che sarebbe stato accompagnato dal padre e avrebbe lavorato nell’azienda della madre. Infine, sottolineava di aver mostrato pentimento e di aver risarcito la persona offesa.

I requisiti per il permesso di lavoro arresti domiciliari

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. I giudici supremi hanno colto l’occasione per ribadire i due pilastri su cui si fonda la concessione del permesso di lavoro ex art. 284, comma 3, del codice di procedura penale:

1. Lo stato di assoluta indigenza: Non è sufficiente una generica difficoltà economica. La legge richiede una condizione di ‘assoluta indigenza’, ovvero una situazione oggettiva e documentata che impedisca al soggetto di far fronte in altro modo alle primarie esigenze di sussistenza. Nel caso specifico, l’imputato era stato collocato agli arresti domiciliari proprio perché i genitori si erano offerti di accoglierlo e mantenerlo, facendo così venir meno il presupposto dell’indigenza assoluta.

2. La compatibilità con le esigenze cautelari: L’autorizzazione al lavoro non deve compromettere le finalità della misura cautelare. I giudici devono valutare con particolare rigore se l’allontanamento dal domicilio possa aumentare il rischio di reiterazione del reato. In questa vicenda, la Corte ha dato peso alla ‘significativa pericolosità’ dell’indagato, desunta dalla gravità del reato contestato, dai precedenti e, soprattutto, dal comportamento processuale negativo, culminato in due evasioni dagli stessi arresti domiciliari.

le motivazioni

La Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse motivato in modo logico e coerente. La richiesta di autorizzazione non era supportata da prove concrete dello stato di indigenza. Anzi, la disponibilità dei genitori a sostenere economicamente il figlio contraddiceva tale presupposto. Sul fronte delle esigenze cautelari, la pericolosità sociale del soggetto e il concreto rischio di recidiva, aggravato dalle precedenti evasioni, rendevano l’autorizzazione ad uscire incompatibile con la necessità di tutelare la collettività. I giudici hanno sottolineato che il pentimento mostrato dall’imputato non era sufficiente a far ritenere superato il pericolo di reiterazione del reato. Pertanto, il ricorso è stato giudicato inammissibile in quanto manifestamente infondato, rappresentando un tentativo di ottenere dalla Cassazione una nuova e non consentita valutazione dei fatti.

le conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale: il permesso di lavoro arresti domiciliari non è un diritto, ma un beneficio eccezionale. La sua concessione è subordinata a una verifica estremamente rigorosa che deve dare esito positivo su due fronti distinti e concorrenti: la prova di un’impossibilità assoluta di sostentamento e la piena compatibilità con le esigenze di prevenzione e sicurezza. La pericolosità del soggetto e la sua condotta pregressa assumono un ruolo determinante nella valutazione del giudice, che deve sempre privilegiare la tutela della collettività rispetto alle esigenze lavorative del singolo, quando queste entrano in conflitto.

È sufficiente la disponibilità di un lavoro per ottenere il permesso di uscire dagli arresti domiciliari?
No, la disponibilità di un’offerta di lavoro non è di per sé sufficiente. L’autorizzazione è soggetta alla contemporanea presenza di due rigidi requisiti: uno stato di ‘assoluta indigenza’ e la piena compatibilità dell’attività lavorativa con le esigenze cautelari.

Come viene valutato lo stato di ‘assoluta indigenza’ per concedere il permesso di lavoro arresti domiciliari?
Lo stato di ‘assoluta indigenza’ viene valutato in termini di indispensabilità e assolutezza. Deve emergere una situazione oggettivamente riscontrabile che impedisca alla persona di far fronte in altro modo alle esigenze primarie di sussistenza. La presenza di un supporto economico familiare, come quello fornito dai genitori, può escludere tale stato.

La pericolosità sociale dell’imputato influisce sulla concessione del permesso di lavoro?
Sì, in modo decisivo. Il giudice deve valutare se l’allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari sia compatibile con la necessità di prevenire la commissione di ulteriori reati. Elementi come la gravità del reato, i precedenti penali e soprattutto condotte negative come precedenti evasioni, possono portare a negare il permesso perché il rischio per la collettività è ritenuto troppo elevato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati