Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27232 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27232 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1547/2025
CC – 02/05/2025
R.G.N. 8728/2025
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 23/01/2025 della Corte di Appello di Torino
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
La Corte di Appello di Torino, con sentenza del 23 gennaio 2025, ha confermato la sentenza di condanna a mesi quattro di reclusione ed euro 30.000,00 di multa pronunciata dal Tribunale di Asti il 1° dicembre 2022 nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui agli all’art. 22, comma 12 d.lvo. 286 del 1998.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 42 e 43 cod. pen. con riferimento alla ritenuta consapevolezza della ricorrente quanto all’assunzione delle ragazze, che erano in prova nella loro prima sera e che avevano preso accordi esclusivamente con il direttore del locale.
In data 16 aprile 2025 sono pervenute le conclusioni con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia rigettato.
In data 22 aprile 2025 sono pervenute in cancelleria le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità della ricorrente.
La doglianza Ł infondata.
2.1. Come anche correttamente evidenziato dal Procuratore generale, il reato di assunzione di un lavoratore non comunitario privo del permesso di soggiorno di cui all’art.
22, comma 12, del d.lgs., 25 luglio 1998, n. 286 Ł un reato proprio che può essere commesso solo dal datore di lavoro, e non da un committente ovvero da una terza persona che, a sua volta, ingaggia il lavoratore extracomunitario per conto del titolare del rapporto di lavoro (Sez. 1, n. 12686 del 22/02/2023, COGNOME, Rv. 284352 – 01; Sez. 4, n. 31288 del 16/04/2013, COGNOME, Rv. 255897 – 01)
Sotta tale profilo, pertanto, si deve ribadire che «l’assunzione o l’ingaggio ad opera di terze persone non può fungere da “schermo” per porre il datore di lavoro a riparo da ogni responsabilità e ciò perchØ la fattispecie descrive la condotta illecita come quella di “occupare alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno” e, quindi, non si pretende affatto – per l’integrazione del delitto – che il datore di lavoro abbia personalmente assunto o ingaggiato lo straniero irregolare; cosicchØ risponde del reato di occupazione di lavoratori dipendenti stranieri privi del permesso di soggiorno non soltanto colui che procede all’assunzione di detti lavoratori, ma anche colui che, pur non avendo provveduto direttamente all’assunzione, se ne avvalga tenendoli alle sue dipendenze» (Sez. 1, n. 9421 del 17/01/2024, COGNOME, Rv. 285916 – 01; Sez. 1, n. 25615 del 18/05/2011 dep. 27/06/2011, Fragasso, Rv. 250687 – 01).
2.2. Nel caso di specie la Corte territoriale si Ł correttamente conformata ai principi indicati.
Nella motivazione del provvedimento impugnato, infatti, si dà conto della qualifica di datore di lavoro della ricorrente (coerentemente accertata sulla base delle dichiarazioni rese dai testimoni circa il ruolo di legale rappresentante della Tartufon di Alba, il cui oggetto sociale era concordante con l’attività esercitata nel locale) e della consapevolezza della stessa in ordine all’assunzione e all’attività prestata dalle lavoratrici extracomunitarie. Ciò sia evidenziando come l’imputata partecipasse direttamente alla gestione dell’attività, tanto che il ‘direttore’ ha cercato di contattare l’imputata nel corso stesso del controllo, sia con il riferimento al numero delle dipendenti e alle caratteristiche dell’organizzazione del lavoro delle stesse.
3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 02/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME