Istanza Reiterativa: La Cassazione Conferma l’Inammissibilità del Ricorso
Presentare un ricorso in ambito legale richiede strategia e, soprattutto, novità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: un’istanza reiterativa, ovvero una richiesta meramente riproduttiva di una precedente già rigettata, è destinata all’inammissibilità se non supportata da nuovi elementi. Questo caso offre uno spaccato chiaro sulle conseguenze, anche economiche, di una simile pratica processuale.
I Fatti del Caso: Una Domanda Già Respinta
La vicenda ha origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di Benevento. L’ordinanza impugnata aveva dichiarato inammissibile la sua richiesta di applicazione, in sede esecutiva, della disciplina del reato continuato. Il punto cruciale, emerso dall’analisi del fascicolo, era che una domanda identica era già stata presentata e rigettata dallo stesso giudice dell’esecuzione con un provvedimento depositato appena un mese prima.
Il ricorrente, nel suo appello alla Corte Suprema, si era limitato a contestare genericamente la decisione, senza però fornire alcun nuovo elemento di valutazione che potesse giustificare un riesame della questione.
La Decisione della Corte sull’Istanza Reiterativa
La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato come il ricorrente non si sia minimamente confrontato con la motivazione dell’ordinanza impugnata. Il Tribunale, infatti, aveva correttamente applicato il principio di diritto consolidato secondo cui è inammissibile un’istanza che si limita a riproporre una questione già decisa, senza addurre nuove prove o argomentazioni.
L’appello è stato quindi giudicato come una semplice reiterazione della precedente domanda, privo di qualsiasi elemento di novità che potesse indurre il giudice a riconsiderare la sua posizione. Questa mancanza ha reso il ricorso processualmente inaccettabile.
Le Motivazioni della Condanna
La Corte ha fondato la sua decisione sul principio secondo cui il sistema giudiziario non può essere gravato da richieste ripetitive che non apportano alcun contributo nuovo alla risoluzione della controversia. Il ricorrente, non avendo indicato alcun ‘elemento di novità’ ignorato dal giudice di merito, ha di fatto proposto un ricorso senza fondamento.
Di conseguenza, in applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Cassazione non solo ha dichiarato l’inammissibilità, ma ha anche condannato il ricorrente a due pagamenti:
1. Il pagamento delle spese processuali.
2. Il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa sanzione pecuniaria viene applicata quando, come in questo caso, non sussistono elementi per ritenere che il ricorso sia stato proposto senza colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame è un monito importante per chiunque intenda adire le vie legali. Ripresentare la stessa istanza più volte senza arricchirla con nuovi elementi di fatto o di diritto è una strategia non solo inefficace, ma anche controproducente. La decisione della Cassazione rafforza il principio di economia processuale e di definitività delle decisioni giudiziarie. Per gli operatori del diritto, ciò significa che ogni nuova azione legale deve essere attentamente vagliata per assicurarsi che si fondi su presupposti solidi e, qualora segua un precedente rigetto, su elementi realmente innovativi. In caso contrario, il rischio è quello di incorrere in una declaratoria di inammissibilità e in significative sanzioni economiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era una semplice ripetizione (‘istanza reiterativa’) di una richiesta identica che era già stata esaminata e rigettata in precedenza, senza che il ricorrente avesse introdotto alcun nuovo elemento di fatto o di diritto.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile di questo tipo?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Cosa si intende per ‘elemento di novità’ in un ricorso?
Un ‘elemento di novità’ è un fatto, una prova o un’argomentazione giuridica rilevante che non è stata precedentemente sottoposta all’attenzione del giudice e che ha la potenzialità di portare a una decisione diversa da quella già presa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8434 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8434 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BRESCIA il 10/08/1957
avverso l’ordinanza del 28/06/2024 del TRIBUNALE di BENEVENTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
In tal senso, si evidenzia come il ricorrente non si sia confrontato con l’ordinanza impugnata, nella parte in cui il giudice dell’esecuzione ha correttamente applicato al caso di specie il principio di diritto secondo cui è inammissibile l’istanza di applicazione in sede esecutiva del reato continuato meramente riproduttiva di analoga istanza già respinta (Sez. 1, n. 895 del 03/03/1993, Aversa, Rv. 193932).
Dalla lettura del fascicolo, infatti, era emerso che una medesima istanza era stata rigettata da precedente giudice dell’esecuzione con provvedimento depositato il 27 maggio 2024.
Sul punto, il ricorrente si limita a contestare genericamente il provvedimento impugnato, senza indicare alcun elemento di novità ignorato dal giudice di merito e idoneo a far ritenere che la nuova istanza non fosse meramente reiterativa della precedente domanda già esaminata e rigettata.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024