Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10790 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10790 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 17/07/1997
avverso il decreto del 29/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato decreto, il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Catania ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza proposta da NOME COGNOME intesa all’ammissione alle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale o di semilibertà, in quanto meramente reiterativa di analoga istanza già respinta con provvedimento del 25/09/2024.
COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio della motivazione.
Osserva la difesa come la nuova istanza non fosse identica alla precedente, essendo stata richiesta, in alternativa all”affidamento in prova al servizio sociale, la semilibertà, che costituiva un novum rispetto alla precedente istanza rigettata; anche gli elementi giustificativi posti a fondamento dell’istanza erano diversi, dal momento che con la nuova istanza si era certificato il rapporto di parentela con i fratelli COGNOME, in precedenza sconosciuto ai Giudici, che, sulla base di un’informativa dei CC, ignorando detto legame di parentela, avevano sospettato una vicinanza del COGNOME a sodalizi di stampo mafioso.
Nella requisitoria scritta, il sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME conclude per l’annullamento con ‘rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Preliminarmente, deve osservarsi che il modello procedimentale tipico in materia di sorveglianza, delineato dall’art. 666 cod. proc. pen., al quale rinvia l’art. 678, comma 1 del medesimo codice, si caratterizza per il ricorso alle forme dell’udienza in camera di consiglio con la partecipazione delle parti. Tuttavia, in forza del disposto del comma 2 dell’art. 666 cod. proc. pen., la decisione di inammissibilità dell’istanza, con decreto motivato, è adottata de plano, sentito il pubblico ministero, quando “la richiesta appare manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge” ovvero quando essa “costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi”. Configurandosi, dunque, l’inammissibilità disposta de plano in termini di eccezione alla regola generale del contraddittorio, la giurisprudenza di questa Corte ha ricostruito in termini tassativi e comunque rigorosi le condizioni che consentono l’adozione del relativo decreto. In questa prospettiva, si
è affermato che la richiesta debba essere identica, per oggetto e per elementi giustificativi, ad altra già rigettata ovvero che la valutazione di manifesta infondatezza non debba implicare alcun giudizio di merito e alcun apprezzamento discrezionale (Sez. 1, n. 32279 del 29/03/2018, dep. 13/07/2018, Focoso, Rv. 273714; Sez. 1, n. 53017 del 2/12/2014, Borachuk, Rv. 261662; Sez. 1, n. 35045 del 18/04/2013, Giuffrida, Rv. 257017).
È, quindi, indubbio che anche nel procedimento di esecuzione e di sorveglianza operi il principio della preclusione processuale derivante dal divieto del bis in idem, nel quale, secondo la giurisprudenza di legittimità, s’inquadra la regola dettata dal dall’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., che impone al giudice dell’esecuzione di dichiarare inammissibile la richiesta che sia mera riproposizione, in quanto basata sui «medesimi elementi», di altra già rigettata (Sez. 1, n. 3736 del 15/1/2009, Anello, Rv. 242533).
Per arginare richieste meramente dilatorie, con tale limite si è inteso creare A, un filtro processuale, ritenuto dal legislatoreW~necessario in un’ottica di economia e di efficienza processuale. In questa prospettiva emerge la nozione di «giudicato esecutivo», impiegata in senso atecnico, per rappresentare l’effetto «auto conservativo» di un accertamento rebus sic stantibus: più correttamente, la stabilizzazione giuridica di siffatto accertamento deve essere designata con il termine «preclusione», proprio al fine di rimarcarne le differenze con il concetto tradizionale di giudicato. È, quindi, un dato acquisito, nella giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui, allorquando la precedente richiesta sia stata respinta, è ammissibile la proposizione di una nuova istanza solo quando si fondi su nuovi elementi. Infatti, l’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui consente al giudice la pronuncia di inammissibilità qualora l’istanza costituisca una mera riproposizione di \ richiesta rigettata configura una preclusione allo stato degli atti che, come tale, /non opera quando vengono dedotti fatti o questioni che non hanno formato oggetto della precedente decisione (Sez. 1, n. 19358 del 5/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269841). Il provvedimento del Tribunale di sorveglianza divenuto definitivo, pertanto, preclude una nuova pronuncia sul medesimo petitum non già in maniera assoluta e definitiva, ma rebus sic stantibus, ossia finché non si prospettino nuovi dati di fatto (o nuove questioni giuridiche), per tali intendendosi non solo gli elementi sopravvenuti, ma anche quelli preesistenti dei quali non si sia tenuto conto nella precedente decisione.
GLYPH Ciò premesso, deve osservarsi che, nel caso in esame il Presidente del Tribunale di sorveglianza non avrebbe potuto dichiarare l’inammissibilità della richiesta di COGNOME considerando che nella nuova istanza il condannato aveva introdotto elementi di novità, quali, da un lato, la richiesta, mai prima formulata, di
accesso alla misura alternativa della semilibertà, e dall’altro il rapporto di parentela con i fratelli COGNOME, quale elemento di giustificazione alla, in precedenza, ritenuta contiguità ad ambienti mafiosi.
Il potere di rilevare senza contraddittorio l’inammissibilità per difetto delle condizioni di legge, attribuito al Presidente del Tribunale di sorveglianza dall’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., richiamato dal successivo art. 678 cod. proc. pen., è limitato invece ai casi in cui appaiono insussistenti ictu ()cui/ i presupposti normativi per la concessione del beneficio (Sez. 1, n. 31999 del 6/7/2006, Valfrè, Rv. 234889), sicché deve essere riservata al Collegio, col rito camerale, la delibazione di fondatezza nel merito dell’istanza.
Sulla scorta delle illustrate considerazioni il decreto presidenziale impugnato deve essere annullato senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Catania per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di sorveglianza di Catania per l’ulteriore corso.
Così deciso il 04/03/2025