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Istanza inammissibile: quando riproporla è un errore

La Corte di Cassazione dichiara un’istanza inammissibile perché identica a una precedente già rigettata. La decisione sottolinea che la riproposizione di una richiesta, senza nuovi elementi, comporta la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Istanza Inammissibile: La Cassazione Sancisce l’Impossibilità di Riproporre Richieste Identiche

Nel processo penale, la fase esecutiva rappresenta un momento cruciale in cui la sentenza definitiva trova concreta applicazione. Tuttavia, le iniziative procedurali in questa fase devono rispettare rigorosi criteri di ammissibilità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: non è possibile riproporre un’istanza identica a una già rigettata, pena la dichiarazione di istanza inammissibile. Questo caso offre uno spunto di riflessione sull’importanza della diligenza processuale e sulle conseguenze della sua mancanza.

I Fatti del Caso: La Ripetizione di un’Istanza Già Rigettata

Il caso trae origine dal ricorso presentato dal difensore di un condannato avverso un’ordinanza della Corte di Assise d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione. L’ordinanza impugnata aveva dichiarato inammissibile una richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale.

Il motivo della decisione del giudice dell’esecuzione era semplice e lineare: la richiesta presentata non era altro che la riproposizione di un’istanza di identico tenore che era già stata esaminata e rigettata pochi mesi prima. Di fronte a questa duplicazione, il giudice non ha potuto fare altro che prenderne atto e dichiararne l’inammissibilità.

La Decisione della Cassazione: Confermata l’Istanza Inammissibile

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha confermato in toto la decisione del giudice di merito, ritenendo il ricorso manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno evidenziato due punti cruciali che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità.

L’assenza di elementi di novità

Il primo e fondamentale motivo di rigetto è stata la totale assenza di elementi di novità nella seconda istanza rispetto alla prima. Per poter superare il vaglio di ammissibilità, una nuova richiesta su un tema già deciso deve fondarsi su fatti o argomentazioni giuridiche nuove, non precedentemente valutate. In questo caso, il ricorso non era in grado di indicare alcun nuovo elemento, configurandosi come una mera e semplice ripetizione.

L’irrilevanza della mancata conoscenza del precedente rigetto

Un aspetto interessante del caso è stata la giustificazione addotta dal difensore, il quale ha ammesso di non essere stato a conoscenza del precedente rigetto al momento della presentazione della seconda istanza. La Corte ha considerato tale argomento privo di pregio. Secondo i giudici, il ricorrente non può lamentare l’indisponibilità o la mancata conoscenza di un atto che egli stesso ha formato e presentato. La responsabilità di conoscere lo stato del procedimento e le decisioni già intervenute ricade sulla parte che agisce in giudizio.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa sul principio di preclusione processuale, noto anche come ne bis in idem, che impedisce di giudicare due volte sulla stessa questione. Quando un’istanza viene decisa e rigettata, quella decisione fa stato tra le parti, a meno che non emergano elementi nuovi e rilevanti che possano giustificare una riconsiderazione. Riproporre la medesima richiesta senza novità costituisce un abuso dello strumento processuale, che appesantisce inutilmente il lavoro degli uffici giudiziari e viola il principio di economia processuale. La Corte ha quindi agito per sanzionare un comportamento processuale non corretto, dichiarando l’istanza inammissibile per manifesta infondatezza.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio cardine della procedura penale: non è consentito abusare degli strumenti processuali riproponendo richieste già esaminate e respinte. La conseguenza di tale comportamento non è solo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro. Questa decisione serve da monito sull’importanza di una strategia difensiva attenta e consapevole, che eviti iniziative dilatorie o palesemente infondate, le cui conseguenze ricadono inevitabilmente sull’assistito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato, in quanto l’istanza presentata era una mera riproposizione di una richiesta identica, già esaminata e rigettata in una data precedente, senza l’aggiunta di alcun nuovo elemento.

È possibile presentare una nuova istanza dopo un primo rigetto?
Sì, ma solo se si basa su elementi di novità, ovvero fatti o argomentazioni giuridiche non precedentemente valutati. Ripresentare una richiesta identica senza nuovi elementi porta a una dichiarazione di inammissibilità.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso manifestamente infondato?
La conseguenza è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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