Istanza Inammissibile: La Cassazione Chiarisce Quando Evitare Spese e Sanzioni
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla differenza tra “istanza” e “ricorso”, soprattutto per quanto riguarda le conseguenze economiche di una declaratoria di inammissibilità. La Suprema Corte ha stabilito che in caso di istanza inammissibile, come quella per la restituzione nel termine, il proponente non è tenuto al pagamento delle spese processuali né della sanzione pecuniaria prevista per i ricorsi. Analizziamo la vicenda e le motivazioni di questa decisione.
La Vicenda Processuale: Dalla Condanna alla Rinuncia
Il caso trae origine dalla condanna di un imputato da parte del Tribunale e successivamente della Corte di Appello di Milano per reati legati a false dichiarazioni e violazioni del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. L’imputato, sostenendo di essere venuto a conoscenza della sentenza di appello solo molto tempo dopo la sua emissione, aveva presentato, tramite il suo legale, un’istanza per la restituzione nel termine per poter proporre ricorso per cassazione. La richiesta si fondava sul fatto di non essere mai comparso in udienza e di essere stato assistito da un difensore d’ufficio con cui non aveva avuto contatti, difensore che nel frattempo era stato anche cancellato dall’albo.
Il colpo di scena avviene quando, prima che la Corte si pronunci, lo stesso difensore, munito di procura speciale, rinuncia formalmente all’istanza presentata. A questo punto, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto.
La Decisione della Cassazione sull’Istanza Inammissibile
Di fronte alla rinuncia, la Suprema Corte ha dichiarato l’istanza inammissibile. La parte più significativa della decisione, tuttavia, non risiede in questa ovvia conseguenza, ma in ciò che ne deriva sul piano delle spese. La Corte ha infatti specificato che, nonostante l’inammissibilità, l’imputato non dovesse essere condannato né al pagamento delle spese del procedimento, né al versamento della sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come invece previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Le Motivazioni Giuridiche: La Differenza tra “Istanza” e “Ricorso”
Il cuore della decisione risiede nella distinzione tecnica, ma fondamentale, tra i termini “istanza” e “ricorso”.
La Corte ha chiarito che l’articolo 616 c.p.p., che impone sanzioni in caso di inammissibilità o rigetto, si applica esplicitamente ai “ricorsi”, ovvero ai mezzi di impugnazione veri e propri con cui si contesta la fondatezza di una sentenza (come l’appello o il ricorso per cassazione).
L’istanza di restituzione nel termine, invece, non è un mezzo di impugnazione. È un procedimento incidentale, una richiesta preliminare che mira a riaprire i termini per poter, solo successivamente, esercitare il diritto di impugnazione. Poiché la legge non prevede espressamente l’applicazione di sanzioni per una istanza inammissibile di questo tipo, la Corte ha applicato un’interpretazione restrittiva della norma sanzionatoria. Essendo di natura punitiva, la disposizione non può essere estesa per analogia a casi non esplicitamente contemplati. La Corte ha rafforzato questa interpretazione richiamando un suo precedente specifico (Ordinanza n. 15776 del 2023).
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per la difesa tecnica. Stabilisce un principio di garanzia, affermando che il tentativo di ottenere una restituzione nel termine, seppur fallimentare o rinunciato, non espone l’imputato a conseguenze economiche punitive. La sanzione pecuniaria e l’addebito delle spese sono riservati a chi presenta un mezzo di impugnazione vero e proprio che si rivela inammissibile. In questo modo, si tutela il diritto di difesa, evitando di scoraggiare la presentazione di istanze preliminari che, pur potendo essere respinte, sono funzionali a garantire l’effettivo esercizio dei diritti processuali.
Se un’istanza di restituzione nel termine viene dichiarata inammissibile, il richiedente deve pagare le spese processuali e la sanzione pecuniaria?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la condanna al pagamento delle spese e della sanzione prevista dall’art. 616 c.p.p. si applica solo in caso di inammissibilità di un “ricorso”, non di una “istanza”, poiché quest’ultima non ha natura di mezzo di impugnazione.
Qual è la differenza fondamentale tra “istanza” e “ricorso” ai fini dell’applicazione delle sanzioni processuali?
Il “ricorso” (o mezzo di impugnazione) è l’atto con cui si contesta nel merito una decisione giudiziaria. L'”istanza” di restituzione nel termine, invece, è una richiesta preliminare per essere riammessi a compiere un atto processuale scaduto. La natura sanzionatoria delle norme si applica solo al primo caso.
Perché la Corte ha dichiarato inammissibile l’istanza in questo caso specifico?
L’istanza è stata dichiarata inammissibile perché il difensore, munito di procura speciale, ha presentato un atto di rinuncia alla stessa prima della decisione della Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1696 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 1696 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
ORDINANZA
sulla istanza proposta da NOME COGNOME nato a Gallarate il 24/07/1996 di restituzione nel termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di di appello di Milano del 09/10/2023; visti gli atti e la richiesta; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento della istanza; letta la memoria del difensore, avv. NOME COGNOME che, munito di procura speciale, ha rinunciato all’istanza;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del 2 dicembre 2022 del Tribunale di Milano che aveva affermato la penale responsabilità di NOME per i reati di cui all’art. 495 cod. pen. e all’art. 221 e 294 T.U.L.P.S. e, ritenuta la continuazione tra i reati, l’aveva condannato alla pena di giustizia.
Con istanza del 28 giugno 2024 l’avv. NOME COGNOME munito di
procura speciale rilasciatagli dal condannato, ha avanzato richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la predetta sentenza, assumendo che lo COGNOME ne fosse venuto a conoscenza solo in data 20 giugno 2024, non essendo l’imputato mai comparso in alcuna udienza ed essendo stato difeso da un difensore di ufficio con il quale non aveva instaurato alcun rapporto e che medio tempore era stato cancellato dall’Albo degli avvocati di Busto Arsizio.
Con atto datato 3 ottobre 2024, il difensore, munito di procura speciale, ha rinunciato all’istanza di restituzione nel termine per impugnare, cosicché l’istanza deve essere dichiarata inammissibile.
Sebbene l’istanza sia inammissibile, non deve essere pronunciata condanna di NOME al pagamento delle spese processuali e della sanzione prevista dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
Quanto alla condanna in favore della Cassa delle ammende, deve osservarsi che la disposizione che la prevede, avendo natura sanzionatoria, non può trovare applicazione oltre i casi in essa espressamente previsti e poiché la stessa contempla la possibilità di applicare la sanzione solo nell’ipotesi in cui il «ricorso» sia dichiarato inammissibile o rigettato, essa non può applicarsi nel caso di specie in cui il procedimento innanzi a questa Corte di cassazione è stato attivato con una «richiesta».
Neppure alla declaratoria di inammissibilità della richiesta di restituzione nel termine consegue la condanna al pagamento delle spese del procedimento, non avendo tale richiesta natura di mezzo di impugnazione (Sez. 5, Ordinanza n. 15776 del 16/01/2023, COGNOME, Rv. 284388).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile l’istanza.
Così deciso il 15/10/2024.