Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23124 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23124 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a EBOLI il 09/01/1989
avverso la sentenza del 02/07/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato COGNOME in difesa di COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con il rinvio al giudice di primo grado.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 2/7/2024 con la quale la Corte d’appello di Napoli ha confermato il giudizio di penale responsabilità espresso nei suoi confronti dal Tribunale di Avellino 1’8/6/2022 in ordine al delitto di cui agli artt. 110 e 81 cod. pen., 55, comma 9, D.Lvo 231/2007, con la conseguente condanna alla pena ritenuta di giustizia.
A sostegno del ricorso, con un unico motivo di impugnazione, ha dedotto la violazione di legge, con riferimento agli artt. 178, 185 e 604 cod. proc. pen. e la conseguente nullità della sentenza impugnata, per avere questa rilevato che il giudice di primo grado aveva celebrato l’udienza dell’8/6/2022 in assenza di difensore di fiducia, nonostante la tempestiva e regolare presentazione di istanza di differimento da questo avanzata per contestuale impegno professionale in procedimento a carico di detenuto, ritenendo non determinante l’omessa valutazione di tale istanza, in quanto da rigettare perché non documentata, non risultando indicato nel verbale ad essa allegato né il nome dell’imputato detenuto né quello dell’avv. COGNOME quale unico difensore. In particolare, la difesa deduce che la Corte territoriale, in tal modo, avrebbe compiuto una valutazione di ammissibilità e fondatezza dell’istanza di rinvio che spetterebbe solo al giudice di primo grado, privando così l’imputata di una decisione sul punto nella sede naturale di giudizio.
Con memoria scritta del 12/2/2025 il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorso è inammissibile per la sua manifesta infondatezza.
La ricorrente si duole, infatti, che sia stata la Corte territoriale a supplire ad una motivazione mancante in primo grado su una questione di rito, quale la richiesta di rinvio di un’udienza avanzata dalla difesa della COGNOME.
Giova ricordare, però, che il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile (Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617-01) e che, quando viene sottoposta al giudizio della Corte di cassazione la correttezza di una decisione in rito, la Corte stessa è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla (Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME, Rv. 221322-01).
Fermo quanto precede, rileva il Collegio che – come condivisibilmente evidenziato dalla Procura generale – secondo la medesima giurisprudenza di legittimità, in tema di ricorso per cassazione, qualora sia sottoposta al vaglio del giudice di legittimità la correttezza di una decisione in rito, la Corte di cassazione è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla; ne consegue che la Corte, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione addotta dal giudice “a quo” e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente giustificata o giustificata solo “a posteriori” (cfr., Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636-01; Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 25551501; Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME, Rv. 221322-01).
Da tale principio, correttamente richiamato anche nella motivazione della sentenza impugnata, discende che la Suprema Corte, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione addotta dal Giudice a quo a sostegno della scelta avversata dal ricorrente e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente giustificata o, come nella specie, giustificata solo a posteriori.
Nel caso di specie, la correttezza della decisione impugnata e la conseguente infondatezza della deduzione difensiva si apprezzano in relazione alla motivazione della Corte di merito che rilevava l’incompletezza dell’istanza di legittimo impedimento depositata davanti al Tribunale di Avellino, non essendo indicato nel verbale allegato all’istanza “né il nome dell’imputato per il quale l’avvocato NOME COGNOME risulterebbe unico difensore di fiducia (NOME COGNOME, come indicato nell’istanza, né il nome stesso del difensore istante”. (pag. 4 della sentenza impugnata).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Romani marzo 2025
L’estensore
Il Presidente