Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9285 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 1 Num. 9285 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
vista la richiesta di rimessione proposta da: COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso il provvedimento del 22/11/2023 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, rese con requisitoria scritta rassegnata ai sensi dell’art. 23 dl. n. 137 del 2020 e succ. modd., con cui ha chiesto la declaratoria di inammissibilità della reiterata istanza di rimessione e del ricorso avverso la pronuncia della Quinta Sezione Penale della Corte di cassazione emessa in data 08/11/2023, con le statuizioni conseguenti;
RILEVATO IN FATTO
1. NOME COGNOME, con riguardo al procedimento pendente innanzi al Giudice dell’udienza preliminare contrassegnato dal n. NUMERO_DOCUMENTO e dal n. NUMERO_DOCUMENTO, che vede imputati, oltre a COGNOME, per il reato di atti persecutori, anche NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché, quale parte civile, il magistrato NOME AVV_NOTAIO, ha proposto istanze, datate 1° novembre 2023 e 22 novembre 2023, di rimessione del procedimento stesso, in guisa da comprendere le sue articolazioni pendenti innanzi alla Corte di cassazione per altre istanze di rimessione.
Nei corrispondenti scritti, l’istante ha in premessa dedotto, fra l’altro, che: egli era oggetto di atti discriminatori compiuti da una cordata giudiziaria definita illecita, con esponenti afferenti alle sedi di Salerno, Napoli, Avellino, Montoro e Napoli; sono a individuarsi diversi appartenenti alla magistratura e alle forze dell’ordine che avrebbero determinato l’archiviazione delle sue denunzie e l’apertura di una serie di procedimenti penali evanescenti a suo carico; la cordata, anche a insaputa degli appartenenti, aveva come riferimento il patrimonio del defunto NOME COGNOME, la cui parte immobiliare era stimata in euro 12.000.000,00 e la cui parte mobiliare comprendeva anche beni artistici di valore inestimabile, fra cui un esemplare della NOME, dipinto di NOME, sparito dal domicilio della figlia, NOME.
Quali motivi della rimessione COGNOME ha dedotto che: erano stati compiuti atti discriminatori in suo danno, in quanto in violazione di legge la sua precedente istanza di rinnessione del febbraio 2023 era stata assegnata alla Quinta Sezione della Corte di cassazione, in collegio composto anche da un magistrato segretario dell’associazione RAGIONE_SOCIALE; a causa dell’attività della cordata, il Procuratore aggiunto, a capo della Terza sezione dell’Ufficio inquirente, ossia la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, aveva autorizzato la richiesta di rinvio a giudizio a carico suo e di NOME COGNOME per reati in ordine a cui la suddetta Sezione sembrava incompetente; i suoi procedimenti in Cassazione erano confluiti innanzi alla Quinta Sezione senza comprovate esigenze di suddivisione degli affari e si erano succedute varie udienze, ma quella Sezione era assolutamente incompatibile in quanto suoi componenti agivano dando apporto alla suddetta cordata.
L’istante ha anche segnalato che, in caso di rigetto dell’istanza di rimessione, non avrebbe dovuto pronunciarsi la condanna al pagamento delle spese processuali, non prevista dall’art. 48 cod. proc. pen., perché lo strumento qui azionato non è equiparabile a un’impugnazione ma costituisce un mezzo per scongiurare il pericolo di condizionamento dell’esercizio della funzione giudiziaria.
Infine, l’istante ribadisce le ragioni per le quali avrebbe dovuto ritenersi l’incompatibilità della Quinta Sezione della Corte di cassazione a trattare la questione di rimessione, coinvolgente anche il Pubblico ministero che aveva chiesto l’archiviazione della sua denuncia per calunnia nei confronti di NOME.
Intanto, avendo la Corte di cassazione, Quinta Sezione, emesso, in data 8 novembre 2023, la decisione in ordine ai procedimenti, introdotti da NOME COGNOME, contrassegnati dai nn. 8265/2023 e 10098/2023 R.G., con la declaratoria di inammissibilità del ricorso, COGNOME ha proposto ricorso avverso questa decisione con atto pure allegato alle istanze di rimessione.
Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, rassegnata ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre del 2020, n. 176, come richiamato dall’art. 16 d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, nonché, ulteriormente, dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità delle istanze di rimessione e del ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dalla Corte di cassazione in data 8 novembre 2023, con l’adozione delle statuizioni consequenziali, giacché la complessiva istanza di rimessione era reiterativa della precedente, già definita con l’inammissibilità, senza l’emersione di elementi nuovi, e comunque faceva riferimento a circostanze inidonee a determinare l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 45 cod. proc. pen., mentre il ricorso avverso la sentenza resa dalla Corte di legittimità in data 8 novembre 2023, relativamente al procedimento n. 8265/2023 R.G., risulta affetto da molteplici ragioni di inammissibilità, prima delle quali la natura personale dell’impugnazione.
Con memoria del 21 dicembre 2023, la difesa della parte civile NOME COGNOME ha rassegnato memoria con cui, dopo aver segnalato che, quanto al ricorso avverso la sentenza emessa dalla Quinta Sezione della Corte di cassazione in data 8 novembre 2023, è stato incarclinato un diverso procedimento, fissato innanzi alla Settima Sezione di questa Corte per l’udienza dell’8 febbraio 2024, prospetta la declaratoria di inammissibilità di tutte le richieste formulate da COGNOMECOGNOME anzitutto perché questi non ha effettuato le formalità previste, in punto di notificazioni, dalla legge, e l’emanazione di direttive finalizzate a impedire che il procedimento, ancora pendente innanzi al Giudice dell’udienza preliminare, resti ostacolato dalla presentazione di ulteriori istanze di rimessione aventi lo stesso oggetto.
Non ammessa per tale procedimento la discussione orale, come da
provvedimento emesso dal Presidente di Sezione del 1.9 dicembre 2023, COGNOME, segnalata la nomina di ulteriore difensore di fiducia riferita all’AVV_NOTAIO (in unione con il già nominato AVV_NOTAIO), ha chiesto, con istanza del 22 dicembre 2023, la discussione orale.
Il Presidente di Sezione, con provvedimento del 28 dicembre 2023, ha rigettato tale istanza.
Con atto depositato il 4 gennaio 2024, NOME COGNOME ha personalmente rassegnato un ulteriore scritto, qualificato come integrazione dell’istanza di rimessione, con cui ha chiesto l’assunzione di informazioni, ai sensi dell’art. 48 cod. proc. pen., in riferimento a una serie di procedimenti penali, così articolata: “Elenco procedimenti penali per i quali si chiede di assumere informazioni.
-a pagina 5- Rg 8265-2023 Rg 10098-2023 Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quinta penale
– a pagina 11- rgnr 15477-2021 Procura della Repubblica di Napoli – rggip 22126-2022
– a pagina 11- rgnr 15477-2021 Procura della Repubblica di Napoli – rggip 22126-2022
-a pagina 22- rgnr 8928-22 Procura della Repubblica di Napoli – rggip 1892822
-pagina 50- rg 17-2023 Corte di Appello penale di Napoli
-a pagina 52- rgnr NUMERO_DOCUMENTO Procura della Repubblica di Napoli
-a pagina 66- NUMERO_DOCUMENTO decreto NUMERO_DOCUMENTO, Gip del Tribunale di Napoli
-a pagina 67- rgnr 3451-2021 Procura della Repubblica di Avellino- rggip 243-2022
-a pagina 69- rgnr 3261-2021 Procura della Repubblica di Avellino, rggip 1437-2022;
inoltre, si allegano i seguenti fascicoli di procedimenti penali della Procura della Repubblica di Avellino, tutti condotti ai dedotti fini di depistaggio:
rgnr 2298-2021 Procura della Repubblica di Avellino
NUMERO_DOCUMENTO Procura della Repubblica di Avellino
NUMERO_DOCUMENTO Procura della Repubblica di Avellino
rgnr NUMERO_DOCUMENTO Procura della Repubblica di Avellino”.
Indi, il richiedente ha esposto, per i vari procedimenti, i motivi che ha posto a base della sollecitata rimessione.
In tempo successivo, in data 9 gennaio 2024, l’istante ha fatto pervenire ulteriori atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Vanno, in premessa, richiamati e fatti propri dal Collegio i provvedimenti presidenziali che, in data 19 dicembre 2023 e ulteriormente in data 28 dicembre 2023, non hanno ammesso la discussione orale in ordine a questo procedimento, per la tardività dell’istanza, escludendo anche la concreta possibilità della restituzione della parte interessata nel termine per formulare l’istanza stessa.
Quanto all’impugnazione proposta da COGNOME avverso il provvedimento emesso dalla Corte di cassazione (Sez. 5, n. 50463 del 08/11/2023, dep. 18/12/2023), deve ritenersi che l’acclusione di copia del corrispondente atto a firma dello stesso COGNOME alle suindicate istanze di rimessione abbia svolto, nella prospettiva del depositante, funzione soltanto illustrativa delle ragioni delle medesime: il procedimento incardinato a seguito dell’impugnazione della richiamata decisione di legittimità è stato, infatti, autonomamente incardinato e fissato.
In ordine alle due istanze di rimessione proposte il 1° e il 22 novembre 2023, ferma la giuridica legittimazione da parte dell’imputato nel processo di riferimento alla presentazione delle stesse < personalmente (in tal senso Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017 – dep. 2018, COGNOME, Rv. 272010 – 01, in motivazione, e anche Sez. 5, n. 49483 del 13/11/2019, COGNOME, Rv. 277522 – 01, in ragione della peculiarità dell'atto introduttivo, non integrante un ricorso e, per tale aspetto, sottratto all'ambito applicativo della modificazione apportata agli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103), esse, tuttavia, non superano per altro verso il vaglio di ammissibilità.
Si rileva che il primo profilo di inammissibilità si ricollega a I mancato rispetto da parte del richiedente del precetto ex art. 46, comma 1, cod. proc. pen., che impone la notificazione della richiesta di rimessione da parte di chi l'ha proposta alle altre parti entro il termine di sette giorni, incombente la cui inosservanza è dall'art. 46, comma 4, cod. proc. pen. sanzionata con l'inammissibilità.
Sulla base degli atti presenti nel fascicolo rimesso in questa sede non è dato individuare l'esecuzione tempestiva delle formalità notificatorie da parte di COGNOME alle altre parti processuali. Si è da tempo stabilita la natura non fungibile di tale formalità (Sez. U, n. 6925 del 12/05/1995, COGNOME, Rv. 201300 – 01), il cui assolvimento, pertanto, deve comunque implicare, a pena di inammissibilità, il rigoroso adempimento della notificazione dell'istanza alle altre parti entro sette giorni dal suo deposito in cancelleria.
Nel caso in esame, le parti a cui avrebbe dovuto notificarsi, nel termine stabilito, la richiesta erano il Pubblico ministero (sulla cui qualità di parte anche a questo fine non può sollevarsi dubbio: Sez. U, ord., n. 13687 del 28/01/2003, Berlusconi, Rv. 223640 – 01), la parte civile e i coimputati (giacché anche per questi ulteriori soggetti si impone la rigorosa osservanza delle formalità per la tutela degli interessi delle parti, tra le quali gli imputati diversi dall'istante han certamente un ruolo principale e non secondario o subordinato: così già, nell'interpretazione dell'omologo art. 56, terzo comma, del previgente cod. proc. pen, Sez. 1, n. 1018 del 10/05/1983, Caputo).
Mentre le altre parti non hanno dedotto nel procedimento, la parte civile, nella suindicata memoria, ha segnalato di non aver ricevuto la notificazione della richiesta di rimessione del 1° novembre 2023 e di aver ricevuto all'indirizzo del difensore, ma in modo informale, ossia via Pec e senza le connotazioni stabilite per la notificazione digitale, la richiesta di rimessione del 22 novembre 2023. Nemmeno a detta parte, dunque, pur a voler ritenere utilizzabile anche dall'imputato lo strumento della posta elettronica certificata assicurato al difensore dall'art. 152 cod. proc. pen., post d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, le notificazioni delle richieste di rinnessione possono ritenersi ritualmente effettuate.
Va conclusivamente aggiunto sul punto che non potrebbe sostenersi, ove pure fosse avvenuto, che il deposito in udienza dell'atto integri equipollente idoneo a sostituire la notificazione alle altre parti della richiesta di rimessione del processo: questa formalità costituisce, per l'ordinamento, una condizione indefettibile di ammissibilità e, pertanto, non consente equipollenti del suddetto tipo (Sez. 2, n. 31553 del 26/06/2019, Crescimone, Rv. 276580 – 01).
L'emersione di tale prima causa di inammissibilità esclude che possa farsi luogo all'attività istruttoria, inerente all'assunzione di informazioni, di cui all'a 48 cod. proc. pen. sollecitata dal richiedente.
In ogni caso, quanto alla richiesta di rimessione prirnigenia, avente ad oggetto il procedimento che pendente innanzi al Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli, n. 15477/2021 NUMERO_DOCUMENTO e dal n. 22126/NUMERO_DOCUMENTO, sulla stessa, come ha segnalato anche il Procuratore generale, ha già provveduto, con esito sfavorevole al richiedente, la Corte di cassazione con il ricordato provvedimento (n. 50463 del 08/11/2023, dep. 18/12/2023).
In esso, oltre a rilevarsi l'inammissibilità per il mancato perfezionamento delle formalità notificatorie, si è enunciata un'ulteriore ratio decidendi che pure ha condotto alla declaratoria di inammissibilità della richiesta: si è ritenuta l'insussistenza dei presupposti previsti per la rimessione del processo ad altro giudice, in relazione alla disciplina fondante l'istituto di cui all'art. 45 cod. pro
pen., istituto che comporta un'eccezionale deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, rispetto a cui si impone la necessità di un'interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano.
Si è specificamente affermato – sulla premessa che per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l'ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice, inteso come ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito, o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo, con la precisazione che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi soltanto in presenza di tale grave situazione locale e come conseguenza di essa – che i motivi posti dall'istante a fondamento della richiesta di rimessione di COGNOME hanno, invece, ad oggetto "circostanze prettamente interne alla dinamica processuale, che si concretizzano negli asseriti rapporti di ostilità intercorrenti tra un magistrato già in servizio presso la sede giudiziaria – e persona offesa dal reato per cui si procede e la coimputata del COGNOME (e, in ipotesi e di riflesso, di quest'ultimo)", essendo da riconnettersi, secondo il richiedente, questa circostanza "in maniera intrinseca alle condotte asseritamente persecutorie poste in essere dall'istante, rientrando dunque nei temi che saranno oggetto di disamina giudiziale proprio all'interno del procedimento in corso, senza che ad essa possa essere in alcun modo associato il carattere di estraneità ai fatti di causa".
Si è ritenuta egualmente senza pregio la prospettazione del richiedente volta a "mettere in luce la capacità della persona offesa di influenzare gli esiti del giudizio per aver precedentemente svolto la funzione di G.i.p. nello stesso distretto di Corte d'Appello nel quale è incardinato il presente procedimento", essendosi reputata questa doglianza inammissibile, in quanto è stata ritenuta generica nel momento in cui, nel descrivere gli indici del condizionamento esercitato dal magistrato persona offesa sull'organo giudicante, ha indicato situazioni di fatto reputate dai giudici di legittimità del tutto inidonee a sostenere la tesi prospettata, specialmente perché essa è stata svolta "non precisando ciò in cui si sostanzierebbe la dedotta influenzabilità", in ogni caso non rientrando la circostanza in discussione fra le cause di rimessione del procedimento ex art. 45 cod. proc. pen., siccome "la legge non associa alcun pericolo di turbamento del processo al fatto che un soggetto abbia ivi rivestito il ruolo di magistrato in epoca precedente all'instaurazione del procedimento nel quale è coinvolto".
Conclusivamente, nel provvedimento già emesso, dopo la valutazione delle deduzioni del richiedente, si è affermato che per coltivare utilmente il
procedimento di rimessione "l'istante non avrebbe quindi potuto fermarsi alla mera prospettazione astratta e generica di influenzabilità dei giudicanti ma avrebbe invece dovuto fornire precisi elementi capaci di sostenere in concreto la tesi della capacità della persona offesa di esercitare una persuasione tale da pregiudicare la libera determinazione dei partecipanti al processo o, comunque, di fondare un legittimo sospetto, circostanza in alcun modo riscontrabile con riguardo all'istanza in oggetto".
Orbene, ferma l'assorbente questione di ammissibilità già delibata, essendo, la valutazione compiuta nella decisione pregressa con la richiamata ulteriore ratio decidendi, sostanzialmente ma univocamente basata sulla manifesta infondatezza della richiesta, anche sul corrispondente piano deve rilevarsi che impregiudicato l'esito dell'ulteriore corso dell'impugnazione di tale provvedimento di legittimità proposta da COGNOME – la stessa parte non aveva, a mente dell'art. 49 cod. proc. pen., la giuridica possibilità di riproporre la richiesta di rimessione senza dedurre in modo specifico quali fossero gli elementi nuovi idonei a superare la preclusione fissata dalla norma.
In tale quadro, il fatto dell'elencazione degli atti processuali ritenuti rilevant sul tema, seguito, anche dopo la presentazione delle richieste, dalla progressiva produzione di copie di atti inerenti a tutti i procedimenti man mano indicati, non ha integrato di per sé la prospettazione degli elementi nuovi richiesti dalla norma per la proposizione di un'ulteriore, ammissibile richiesta di rimessione.
Invero, ai fini dell'ammissibilità della richiesta di rimessione del processo a norma degli artt. 45 e segg. cod. proc. pen. che sia fondata su elementi nuovi rispetto a quelli di altra già rigettata o dichiarata inammissibile, per elementi nuovi si intendono – non solo quelli sopravvenuti alla precedente che non sia stato possibile produrre all'udienza di discussione di essa, ma – anche quelli a quest'ultima preesistenti, incolpevolmente ignorati e dei quali l'istante sia venuto a conoscenza dopo l'udienza medesima (Sez. 7, n. 8151 del 15/05/2003, Acampora, Rv. 225609 – 01).
In tale precisa prospettiva, la complessiva deduzione e la, per quanto ammissibile e valutabile, produzione oggetto della nuova iniziativa procedimentale del richiedente, pur con le specificazioni inerenti alle singole vicende da cui si sostiene dovessero trarsi dati di conforto alla tesi propugnata, non avrebbero consentito allo stesso di superare il vaglio di ammissibilità rispetto alle conclusioni già raggiunte, per il complessivo thema, dalla Corte di cassazione nella pregressa, richiamata decisione – ove pure non si fosse imposta la, ancora preliminare, rilevazione della succitata ragione di inammissibilità della nuova istanza di rimessione relativa al procedimento n. NUMERO_DOCUMENTO e dal n. NUMERO_DOCUMENTO.
Appare utile, in tale snodo, ribadire, in relazione alla natura delle prospettazioni formulate dal richiedente, che, anche per ciò che concerne i motivi di legittimo sospetto suscettibili di rilevare con riguardo all'istituto del rimessione del processo, essi possono configurarsi soltanto in presenza di una grave situazione locale tale da turbare il processo, che investa l'ufficio giudiziario nel suo complesso, non i singoli giudici o i singoli magistrati del pubblico ministero, giacché, in quest'ultima eventualità, l'osservanza delle regole del giusto processo può essere assicurata mediante l'astensione e la ricusazione, senza necessità del trasferimento del processo ad altro ufficio giudiziario (Sez. 6, n. 13419 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 275366 – 01).
Per quanto concerne, poi, la parte delle richieste di rimessione volta a prospettare l'applicazione dell'istituto di cui agli artt. 45 e ss. cod. proc. pen. una delle Sezioni della Corte di cassazione, ossia alla Quinta Sezione, che ha esaminato le precedenti richieste, deve ritenersene egualmente l'inammissibilità.
La Corte di cassazione è organo contrassegnato dalla sua strutturale natura di ufficio avente giurisdizione nazionale.
Rispetto a questo organo giudiziario e, quindi, alle sue articolazioni sezionali non possono, pertanto, riferirsi le gravi situazioni "locali" tali da turbare l svolgimento del processo, così da pregiudicare la libera determinazione di coloro che partecipano al processo o da determinare motivi di legittimo sospetto costituenti il presupposto necessario per determinare la rimessione.
In coerenza con tale rilievo, alla Corte di cassazione non si attaglia il meccanismo, previsto dall'art. 11 cod. proc. pen., come richiamato dall'art. 45 cit., di individuazione del giudice competente all'esito della valutazione, ove in ipotesi formulata in senso adesivo alla prospettazione del richiedente, con l'accoglimento della richiesta di rimessione.
6. Sotto tutti i profili, le richieste di rinnessione non risultano ammissibili.
Alla conseguente declaratoria deve pervenire la Corte limitandosi ad essa: invece, per ciò che concerne la preoccupazione della sopravvenienza di ulteriori richieste di rimessione esternata dalla difesa della parte civile e la connessa sollecitazione a dare indicazioni al giudice del processo di merito in ordine al regime sospensivo, si osserva che ciò non compete al giudice di legittimità, appartenendo al giudice procedente di compiere le scelte ritenute congrue applicando la disciplina processuale che regola in modo articolato l'istituto.
Tale essendo l'esito, il richiedente deve essere, ad avviso del Collegio, condannato, ai sensi dell'art. 48 e, per quanto di ragione, dell'art. 616 cod. proc.
pen., al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma – che si ritiene congrua in rapporto alle questioni trattate, al processo a cui esse accedono e alle individuate cause di inammissibilità – di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Per quanto concerne precipuamente il punto relativo alla possibilità di emettere, con il provvedimento che dichiara inammissibile la richiesta di rimessione, la condanna del privato richiedente al pagamento delle spese processuali, si prende atto della tesi negativa a cui l'istante ha conformato la sua posizione trattando l'argomento nei suoi scritti.
Occorre dare atto che non mancano decisioni di legittimità, anche molto recenti, che hanno negato in modo argomentato tale possibilità, avendo esse concluso che la declaratoria di inammissibilità della richiesta non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, in quanto nulla prevede al riguardo l'art. 48, comma 6, cod. proc. pen., non potendosi integrare tale disposizione – in considerazione della peculiare natura dell'istituto e dell'atto introduttivo del relativo procedimento incidentale, suscettibile di essere presentato dalla parte personalmente (a differenza del ricorso) – con la previsione generale di cui all'art. 616 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 43540 del 19/09/2023, COGNOME, Rv. 285359 – 01, e, fra le altre decisioni, anche non nnassimate, Sez. 5, n. 16553 del 18/01/2023, COGNOME, Rv. 284451 – 01)
Altri arresti sono, invece, pervenuti alla soluzione opposta affermando che nell'ipotesi di rigetto o di dichiarazione di inammissibilità della richiesta d rimessione presentata dall'imputato consegue, nonostante la sua natura di atto non impugnatorio, la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento, oltre – eventualmente, in relazione al disposto dell'art. 48, comma 6, cod. proc. pen. – al pagamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, muovendo da presupposto che, quando si verte in tema di procedimenti incidentali, trova applicazione il principio generale, fissato per tutti i giudizi da celebrarsi davanti alla Corte di cassazione (ivi compresi quelli riservati alla sua competenza funzionale) dall'art. 616 cod. proc. pen , prima parte, per cui le spese processuali, anticipate dallo Stato, vanno poste a carico di chi ha dato infondatamente luogo al relativo incidente (Sez. 5, n. 33226 del 16/04/2019, Urgo, Rv. 276929 – 01, e, fra le altre dec:isioni, anche non massinnate, Sez. 5, n. 49692 del 04/10/2017, C., Rv. 271438 01).
Questa tesi valorizza la previsione della condanna al pagamento delle spese del procedimento stabilita dalla prima parte dell'art. 616 cod, proc. pen., quale statuizione accessoria dei provvedimenti della Corte di cassazione che rivestano il carattere della definitività, in tal senso sostenendo l'immanenza anche per il regolamento delle spese nel procedimento in esame del principio di soccombenza
10 COGNOME
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(per altri aspetti affermato a suo tempo da Sez. U, n. 26 del 05/07/1995, Galletto, Rv. 202015 – 01), da ritenersi inerente a tutti i provvedimenti che hanno la funzione di concludere il procedimento o subproceclimento incardinato, in relazione all’esigenza di sistema che la parte privata che abbia incardinato in modo infondato il procedimento stesso risenta del costo affrontato dallo Stato per il suo svolgimento; disciplina a fronte della quale quella di cui all’art. 48, comma 6, cod. proc. pen. (resa più severa dalla modifica introdotta con l’art. 1 della legge 23 giugno 2017, n. 103) stabilisce una previsione speciale in ordine all’an e al quantum della somma oggetto di condanna in favore della Cassa delle ammende, senza però privare la norma del Capo III del ‘Titolo III della sua specifica e generale valenza afferente alle decisioni della Corte di cassazione.
Esposte in modo sintetico le due tesi, il Collegio, pur non sottovalutando gli argomenti offerti dal primo orientamento anche lì dove sottclinea la funzione di garanzia che svolge l’istituto della rimessione, ritiene, tuttavia, di aderire al secondo orientamento: la stessa funzione di garanzia perseguita dall’ordinamento con il conferimento alle parti del processo del delicato strumento della rimessione, idoneo a incidere su valori di primaria grandezza, quali la tutela dell’imparzialità della funzione giurisdizionale e il principio de giudice naturale precostituito per legge, non sembra sotto il profilo logico escludere la conseguenza per la parte che abbia innescato anche quel procedimento innanzi alla Corte di cassazione in modo poi risultato infondato debba risentire del carico delle spese sostenute dall’erario per lo svolgimento di esso; essenziale resta il rilievo che il provvedimento di rigetto o di inammissibilità della richiesta di rimessione pronunciato dalla Corte di cassazione, pur con la veste dell’ordinanza, si connota per il carattere della definitività e determina l’effetto della soccombenza, non mancando anche nell’attuale assetto i casi in cui l’adizione personale della parte alla domanda di giustizia è seguita, in caso di sua infondatezza, dalla collocazione a suo carico delle spese processuali. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
P . Q . M .
o COGNOME Dichiara inammissibile l’istanza e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore alla Cassa delle – .
Così deciso il 12 gennaio 2024
Il Consig ere estensore