Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43438 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43438 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME, nato a Gallipoli il DATA_NASCITA
avverso il provvedimento del 13/06/2024 della’Corte di appello di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento sopra indicato la Corte di appello di Potenzacompetente ai sensi dell’art. 40, comma 1, cod. proc. pen. – dichiarava con provvedimento de plano la inammissibilità della istanza di ricusazione formulata nei confronti del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Potenza.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore e procuratore speciale, il quale ha dedotto:
la violazione di legge, in relazione all’art. 37 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello ritenuto tardiva l’istanza di ricusazione, nonostante il Giudice non avesse ancora pronunciato il rinvio a giudizio;
la violazione di legge, in relazione all’art. 41 cod. proc. pen., per avere la Corte distrettuale deciso inaudita altera parte e senza previa istaurazione del contradditorio, benché avesse valutato nel merito l’istanza;
la violazione di legge, in relazione all’art. 38, comma 2, cod. proc. pen. e all’art. 172 cod. proc. pen., per avere la Corte erroneamente ritenuto tardiva la proposizione della istanza di ricusazione, nonostante essa fosse stata depositata in cancelleria entro il termine perentorio ex lege previsto (i.e. tre giorni successiv la udienza);
la violazione di legge, in relazione all’art. 38 cod. proc. pen., non potendo l’udienza preliminare ritenersi conclusa nel corso della udienza del 16 aprile del 2024.
Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive modifiche legislative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile perché manifestamente infondato.
Anticipando per ragioni di ordine logico la trattazione del secondo motivo di ricorso, si osserva che – a tenore dell’art. 41, comma 1, cod. proc. pen. – il ricorso alla procedura de plano è ammissibile, laddove l’istanza di ricusazione sia proposta «da chi non ne aveva diritto, senza l’osservanza delle forme e dei termini previsti dall’art. 38 cod. proc. pen. ovvero quando i motivi addotti siano manifestamente infondati».
Nel caso in esame, è stata dunque correttamente attivata la procedura de plano ex art. 611 cod. proc. pen., per avere la Corte distrettuale ritenuto tardiva l’istanza e per avere, in linea con il costante orientamento di legittimità, esposto le ragioni per le quali essa fosse “manifestamente infondata”.
Si segnalava a tal riguardo nel gravato provvedimento ( pagg. 2 e 3) come il Giudice della udienza preliminare avesse rigettato la richiesta di incidente
probatorio, avente ad oggetto la perizia trascrittiva di intercettazioni ambientali e telefoniche, sul presupposto della assenza «di ragioni di urgenza e della non prevedibile sospensione del dibattimento per oltre sessanta giorni » : una tale decisione dunque non si traduceva in una indebita e non consentita anticipazione di valutazioni sul merito della res iudicanda. E tanto sulla base del costante principio di diritto (v., ex multis, Sez. 3, n 27996 del 09/03/2021, COGNOME, P.v. P_IVA), secondo cui, in tema di ricusazione, costituisce indebita manifestazione del proprio convincimento da parte del giudice, rilevante ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’anticipazione di valutazioni sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato in ordine ai fatti oggetto del processo, compiuta, sia all’interno del medesimo procedimento che in un procedimento diverso, senza che tali valutazioni siano imposte o giustificate dalle sequenze procedimentali previste dalla legge o allorché esse invadano, senza necessità e senza nesso funzionale con l’atto da compiere, l’ambito della decisione finale di merito, anticipandone in tutto o in parte gli esiti.
In ordine agli ulteriori tre motivi – che possono essere trattat congiuntamente involgendo essi la medesima quaestio iuris della tempestività della istanza – la Corte distrettuale, nel premettere in fatto che la conoscenza della dedotta causa di ricusazione fosse sorta e divenuta nota nel corso della udienza del 16 maggio del 2024, allorquando il Giudice per l’udienza preliminare aveva emesso il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio, riteneva in diritto che l’istanza di ricusazione, presentata fuori udienza e con deposito in cancelleria il successivo 20 maggio del 2024, fosse stata proposta oltre il termine perentorio previsto dall’art. 38 cod. proc. pen.
3.1. Il decisum è stato contestato dal ricorrente, il quale – premesso che l’ordinanza di rigetto dell’incidente probatorio non era stata letta in udienza – ha opposto l’avvenuto tempestivo deposito della istanza sia per la mancata emissione del decreto di rinvio a giudizio alla data del 20 maggio del 2024 e sia perché l’udienza preliminare, essendo stata rinviata, non era terminata ma era ancora in itinere.
3.2. Le ragioni di censura sono in parte generiche e in parte manifestamente infondate.
La doglianza – secondo cui il testo dell’ordinanza, da cui sarebbe sorta la causa di ricusazione, non fu reso noto ai difensori nel corso della udienza del 16/05/2024 perché oggetto di lettura parziale – è aspecifica ed assertiva non essendo stato allegato alcun atto o documento a supporto di tale prospettazione.
Quanto alle ulteriori questioni va richiamato il consolidato e condiviso orientamento di questa Corte (v. ex multis, Sez. U, n. 36847 del 26/06/2014,
COGNOME, Rv. 260096; Sez. 3, n. 12983 del 18/12/2014, Fiesoli, Rv. 262998) secondo cui, in tema di ricusazione, qualora la relativa causa sia sorta nel corso dell’udienza, la parte ha solo l’onere di formulare la dichiarazione di ricusazione con esplicita riserva di formalizzare tale dichiarazione nel termine di tre giorni previsto dall’art. 38, comma secondo, cod. proc. pen. prima della chiusura dell’udienza, laddove il concetto di udienza è di stretta interpretazione: esso identificabile con quello di unità quotidiana di lavoro, svolto alla presenza delle parti nel singolo procedimento.
Sulla scorta di detto principio, è stata ritenuta la tardività dell’istanza ricusazione proposta in una successiva udienza, sebbene disposta a seguito di mero rinvio (cfr Sez.2, n.34055 del 09/10/2020, Ferrara, Rv. 280307)
La fattispecie in oggetto è riportabile nei casi ora menzionati e già decisi da questa Corte: essendo la prospettata causa di ricusazione insorta durante l’udienza preliminare del 16 aprile 2024, era onere della parte quanto meno dedurre a verbale detta causa prima della conclusione dell’udienza, formulando apposita riserva.
Tale riserva non è stata, tuttavia, avanzata, essendo stata l’istanza di ricusazione depositata direttamente in cancelleria nei tre giorni successivi l’udienza (il 20 maggio del 2024 essendo il terzo giorno festivo e dunque prorogato ex lege), ma senza alcuna anticipazione formale prima della chiusura del verbale.
4. Alla inammissibilità del ricorso segue – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma a favore della cassa delle ammende, che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende..
Così deciso il 30/10/2024