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Istanza di continuazione: inammissibile senza novità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un condannato relativo a un’istanza di continuazione. La richiesta è stata ritenuta una mera ripetizione di istanze precedenti, già respinte, in quanto priva di reali elementi di novità fattuali o giuridici che potessero giustificare una nuova valutazione.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Istanza di continuazione: No a richieste ripetitive senza novità

Presentare una istanza di continuazione è uno strumento cruciale nella fase di esecuzione della pena, ma non può trasformarsi in un tentativo infinito di ottenere una decisione favorevole. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: una volta che il giudice si è pronunciato, non è possibile ripresentare la stessa richiesta a meno che non emergano elementi realmente nuovi. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato con quattro sentenze distinte, presentava al Giudice dell’Esecuzione una richiesta per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati. L’obiettivo era unificare le pene in un’unica, più mite, sanzione. Il Tribunale, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile, considerandola una semplice riproposizione di una precedente richiesta già respinta.

Il condannato decideva di ricorrere in Cassazione, sostenendo che la sua ultima istanza non era affatto ripetitiva. A suo dire, introduceva una ‘nuova questione giuridica’: la necessità di una valutazione unitaria e complessiva di tutte le sentenze, mentre le precedenti decisioni del giudice le avevano esaminate separatamente. Secondo la difesa, questa diversa prospettiva doveva essere considerata un ‘novum’ capace di superare la preclusione di una precedente decisione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Istanza di Continuazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto irrevocabile, preclude una nuova pronuncia sullo stesso oggetto (‘petitum’). Questo principio, sancito dall’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale, può essere derogato solo in presenza di elementi concretamente nuovi.

Nel caso specifico, il ricorrente si era limitato a riproporre la medesima richiesta, seppur con una diversa argomentazione, senza però introdurre alcun elemento di fatto o di diritto che non fosse già stato valutato nelle precedenti ordinanze. Una semplice ‘diversa prospettazione’ non è sufficiente a integrare quel ‘novum’ richiesto dalla legge per superare il giudicato esecutivo.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra una novità sostanziale e una meramente formale. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che, per superare la preclusione del giudicato, occorrono ‘nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatto, sopravvenuti ovvero preesistenti, che non abbiano già formato oggetto di valutazione’.

La Corte ha specificato che il tentativo del ricorrente di presentare come nuova la richiesta di una ‘valutazione unitaria’ era infondato. I fatti oggetto delle sentenze erano già stati tutti esaminati dal Giudice dell’Esecuzione con due precedenti ordinanze che avevano respinto le istanze relative. Ripresentare la stessa richiesta, semplicemente chiedendo al giudice di guardarla da un’angolazione diversa, non costituisce un elemento di novità. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per la proposizione di un’impugnazione palesemente infondata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza il principio di stabilità delle decisioni giudiziarie anche nella fase esecutiva. Per poter riaprire una questione già decisa, come un’istanza di continuazione già respinta, non basta un cambio di strategia difensiva o una nuova argomentazione. È indispensabile presentare fatti concreti o profili giuridici che non siano mai stati sottoposti al vaglio del giudice. In assenza di un autentico ‘novum’, ogni ulteriore tentativo sarà destinato all’inammissibilità, con le conseguenti sanzioni processuali. La decisione serve da monito contro l’abuso degli strumenti processuali e a tutela della certezza del diritto.

È possibile presentare una nuova istanza di continuazione dopo che una precedente è stata respinta?
Sì, ma solo a condizione che si prospettino elementi di fatto o questioni giuridiche realmente nuovi, che non siano già stati oggetto di valutazione nella decisione precedente. Non è sufficiente riproporre gli stessi argomenti con una diversa argomentazione.

Cosa si intende per ‘nuovi elementi’ che giustificano una nuova istanza?
Per ‘nuovi elementi’ si intendono fatti o questioni giuridiche, preesistenti o sopravvenuti, che non abbiano già formato oggetto di valutazione ai fini della precedente decisione. Devono avere un significato sostanziale e non rappresentare una mera modifica formale della richiesta.

Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, data la colpa nella proposizione dell’impugnazione, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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