Istanza di continuazione: No a richieste ripetitive senza novità
Presentare una istanza di continuazione è uno strumento cruciale nella fase di esecuzione della pena, ma non può trasformarsi in un tentativo infinito di ottenere una decisione favorevole. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: una volta che il giudice si è pronunciato, non è possibile ripresentare la stessa richiesta a meno che non emergano elementi realmente nuovi. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato con quattro sentenze distinte, presentava al Giudice dell’Esecuzione una richiesta per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati. L’obiettivo era unificare le pene in un’unica, più mite, sanzione. Il Tribunale, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile, considerandola una semplice riproposizione di una precedente richiesta già respinta.
Il condannato decideva di ricorrere in Cassazione, sostenendo che la sua ultima istanza non era affatto ripetitiva. A suo dire, introduceva una ‘nuova questione giuridica’: la necessità di una valutazione unitaria e complessiva di tutte le sentenze, mentre le precedenti decisioni del giudice le avevano esaminate separatamente. Secondo la difesa, questa diversa prospettiva doveva essere considerata un ‘novum’ capace di superare la preclusione di una precedente decisione.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Istanza di Continuazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto irrevocabile, preclude una nuova pronuncia sullo stesso oggetto (‘petitum’). Questo principio, sancito dall’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale, può essere derogato solo in presenza di elementi concretamente nuovi.
Nel caso specifico, il ricorrente si era limitato a riproporre la medesima richiesta, seppur con una diversa argomentazione, senza però introdurre alcun elemento di fatto o di diritto che non fosse già stato valutato nelle precedenti ordinanze. Una semplice ‘diversa prospettazione’ non è sufficiente a integrare quel ‘novum’ richiesto dalla legge per superare il giudicato esecutivo.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra una novità sostanziale e una meramente formale. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che, per superare la preclusione del giudicato, occorrono ‘nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatto, sopravvenuti ovvero preesistenti, che non abbiano già formato oggetto di valutazione’.
La Corte ha specificato che il tentativo del ricorrente di presentare come nuova la richiesta di una ‘valutazione unitaria’ era infondato. I fatti oggetto delle sentenze erano già stati tutti esaminati dal Giudice dell’Esecuzione con due precedenti ordinanze che avevano respinto le istanze relative. Ripresentare la stessa richiesta, semplicemente chiedendo al giudice di guardarla da un’angolazione diversa, non costituisce un elemento di novità. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per la proposizione di un’impugnazione palesemente infondata.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rafforza il principio di stabilità delle decisioni giudiziarie anche nella fase esecutiva. Per poter riaprire una questione già decisa, come un’istanza di continuazione già respinta, non basta un cambio di strategia difensiva o una nuova argomentazione. È indispensabile presentare fatti concreti o profili giuridici che non siano mai stati sottoposti al vaglio del giudice. In assenza di un autentico ‘novum’, ogni ulteriore tentativo sarà destinato all’inammissibilità, con le conseguenti sanzioni processuali. La decisione serve da monito contro l’abuso degli strumenti processuali e a tutela della certezza del diritto.
È possibile presentare una nuova istanza di continuazione dopo che una precedente è stata respinta?
Sì, ma solo a condizione che si prospettino elementi di fatto o questioni giuridiche realmente nuovi, che non siano già stati oggetto di valutazione nella decisione precedente. Non è sufficiente riproporre gli stessi argomenti con una diversa argomentazione.
Cosa si intende per ‘nuovi elementi’ che giustificano una nuova istanza?
Per ‘nuovi elementi’ si intendono fatti o questioni giuridiche, preesistenti o sopravvenuti, che non abbiano già formato oggetto di valutazione ai fini della precedente decisione. Devono avere un significato sostanziale e non rappresentare una mera modifica formale della richiesta.
Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, data la colpa nella proposizione dell’impugnazione, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10732 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10732 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AGRIGENTO il 28/11/1954
avverso l’ordinanza del 21/11/2024 del TRIBUNALE di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza formulata nell’interesse di NOME COGNOME volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra quattro sentenze, in quanto meramente reiterativa di altra già respinta.
Propone ricorso per cassazione il condannato, deducendo manifesta illogicità della motivazione dal momento che con l’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. da ultimo presentata si era prospettata una nuova questione giuridica, atteso che veniva richiesto al G.E. di compiere una valutazione unitaria di tutte le sentenze, che precedentemente erano stata già valutare separatamente con due ordinanze, sicché doveva ritenersi sussistere il novum legittimante la proposizione della richiesta.
Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte di legittimità ha infatti chiarito che il provvedimento del giudice dell’esecuzione divenuto formalmente irrevocabile preclude, ai sensi dell’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., una nuova pronuncia sul medesimo “petitum” finché non si prospettino elementi che, riguardati per il loro significato sostanziale e non per l’apparente novità della veste formale, possono essere effettivamente qualificati come nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatto, sopravvenuti ovvero preesistenti, che non abbiano già formato oggetto di valutazione ai fini della precedente decisione (Sez. 3, n. 50005 del 01/07/2014, COGNOME, Rv. 261394 – 01).
Nel caso di specie, tuttavia, la novità degli elementi è solo asserita, dal momento che il ricorrente non deduce alcun nuovo elementi di valutazione, ma rappresenta esclusivamente di avere riproposto un’unitaria richiesta di riconoscimento della continuazione tra fatti che tuttavia sono già stati, tutti, valutati dal G.E. con le ordinanze del 28/05/2014 (che ha respinto l’istanza con riferimento alle sentenze sub 2,3 e 4), e del 22/06/2019 (che ha respinto l’istanza con riferimento alle sentenze sub 1 e 2). Va infatti osservato come una diversa prospettazione dei medesimi argomenti, svolti a sostegno dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. riproposta in relazione alle medesime sentenze, non possa integrare quell’elemento di novità necessario per superare la censura di inammissibilità derivante dal chiaro disposto di cui all’art. 666 comma 2 cod. proc. pen..
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, anche di una somma di denaro da versare alla Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 20/02/2025