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Irreperibilità condannato: no all’affidamento in prova

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare l’affidamento in prova a un soggetto che si era reso irreperibile. L’irreperibilità del condannato ha reso impossibile la predisposizione di un programma di risocializzazione e ha dimostrato un totale disinteresse verso la procedura, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Irreperibilità del condannato: la Cassazione chiude le porte all’affidamento in prova

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nell’ambito dell’esecuzione penale: le conseguenze derivanti dalla irreperibilità del condannato che richiede una misura alternativa alla detenzione. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha stabilito che l’impossibilità di rintracciare il richiedente costituisce un ostacolo insormontabile all’accoglimento dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, in quanto impedisce la valutazione dei presupposti necessari e dimostra un palese disinteresse del soggetto.

I fatti del caso

Un soggetto condannato presentava, tramite il suo difensore, ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che aveva respinto la sua richiesta di affidamento in prova al servizio sociale. La ragione del rigetto era semplice e diretta: il condannato era di fatto irreperibile. Non era stato possibile rintracciarlo né da parte del suo stesso difensore né, soprattutto, da parte dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE). Di conseguenza, non era stato allegato alcun programma di trattamento risocializzante né era stato indicato un domicilio dove poter svolgere la misura.

I motivi del ricorso e l’impatto della irreperibilità del condannato

Il ricorrente, attraverso il suo legale, sosteneva che il Tribunale avesse errato nel considerare la semplice irreperibilità del condannato come motivo sufficiente per il rigetto. Secondo la tesi difensiva, l’irreperibilità dovrebbe essere valutata solo come un sintomo di disinteresse verso il percorso di risocializzazione, una condizione che, a suo dire, non sussisteva nel caso specifico.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato completamente questa interpretazione. I giudici hanno chiarito che l’irreperibilità non è un mero dettaglio formale, ma un impedimento sostanziale. L’affidamento in prova richiede un contatto diretto e costante con l’UEPE, finalizzato non solo a predisporre un programma di trattamento individualizzato, ma anche a controllarne la corretta esecuzione. Se il soggetto non è rintracciabile, l’intero meccanismo della misura alternativa viene meno alla base.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Il ragionamento del Tribunale di Sorveglianza è stato ritenuto del tutto logico e non contraddittorio. L’impossibilità di rintracciare l’interessato ha impedito di predisporre qualsiasi tipo di trattamento risocializzante. Questa condizione, protrattasi per l’intero procedimento, è stata interpretata come una chiara dimostrazione del totale disinteresse del soggetto non solo verso il beneficio richiesto, ma verso l’intera procedura esecutiva.

La Suprema Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata (Sez. 1, n. 2242 del 17/01/2019 e Sez. 1, n. 23236 del 08/06/2021), ribadendo che l’irreperibilità dell’istante può legittimamente condurre al rigetto della domanda quando, come nel caso di specie, impedisce la verifica dei presupposti per l’accoglimento della misura. Senza un contatto diretto, è impossibile per l’UEPE raccogliere le informazioni necessarie e stilare il programma che è il cuore dell’affidamento in prova.

Conclusioni

La decisione riafferma un principio fondamentale: chi aspira a beneficiare di una misura alternativa alla detenzione deve assumere un ruolo attivo e collaborativo. L’irreperibilità del condannato non è una semplice difficoltà procedurale, ma una circostanza che vanifica lo scopo rieducativo della pena e rende inattuabile il percorso di reinserimento sociale. Per la giustizia, essere presenti e rintracciabili non è solo un dovere, ma il primo, indispensabile passo per dimostrare una reale volontà di cambiamento e accedere a benefici come l’affidamento in prova.

L’irreperibilità di un condannato è un motivo sufficiente per respingere la richiesta di affidamento in prova?
Sì, secondo l’ordinanza, l’irreperibilità è un motivo sufficiente per il rigetto quando impedisce la predisposizione di un programma di trattamento risocializzante e la verifica dei presupposti per la concessione del beneficio, dimostrando inoltre un totale disinteresse del soggetto alla procedura.

Quali sono gli elementi essenziali che il condannato deve fornire per la richiesta di affidamento in prova?
Il condannato deve essere reperibile e rintracciabile per consentire un contatto diretto con l’UEPE. Deve inoltre allegare alla sua richiesta un programma risocializzante e indicare un domicilio dove poter svolgere il trattamento.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione e quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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