Ipotesi lieve stupefacenti: quando i giudici la escludono?
L’applicazione della cosiddetta ipotesi lieve stupefacenti, prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli stupefacenti, rappresenta un punto cruciale in molti processi penali. Questa norma consente di applicare una pena notevolmente più mite quando il fatto, per una serie di indicatori, risulta di minore gravità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per chiarire quali elementi i giudici considerano determinanti per escludere tale beneficio, delineando il confine tra spaccio occasionale e attività strutturata.
I Fatti di Causa
Il caso analizzato trae origine dalla decisione della Corte d’Appello di Bologna, che aveva condannato un soggetto per reati legati agli stupefacenti. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi lieve stupefacenti. A suo avviso, la condotta contestata avrebbe dovuto beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite, data la presunta scarsa offensività del fatto. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già respinto questa tesi, ritenendo la condotta ben più grave di un semplice episodio occasionale.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla fattispecie dell’ipotesi lieve
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una motivazione di carattere procedurale ma con importanti implicazioni sostanziali. I giudici di legittimità hanno osservato che i motivi del ricorso non erano altro che una sterile riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione, quindi, non ha ravvisato vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata, confermandone l’impianto accusatorio e la correttezza della valutazione effettuata.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte d’Appello, e di riflesso la Cassazione, ha escluso l’applicazione dell’ipotesi lieve stupefacenti. I giudici hanno valorizzato tre elementi fattuali specifici, considerandoli nel loro insieme come prova di un’attività tutt’altro che sporadica:
1. Il dato ponderale: La quantità di sostanza stupefacente sequestrata (nella specie, eroina e cocaina) è stata giudicata ‘significativa’. Un quantitativo importante è spesso il primo indice che allontana il fatto dall’area della lieve entità.
2. Le modalità della condotta: Anche se il provvedimento non le specifica nel dettaglio, le ‘modalità della condotta’ sono state ritenute indicative di una certa organizzazione e non di un’azione estemporanea. Questo può includere aspetti come il confezionamento delle dosi, i contatti con gli acquirenti o l’uso di strumenti per l’attività di spaccio.
3. Il rinvenimento di una significativa somma di denaro: La scoperta di una cospicua somma di denaro, ritenuta provento dell’attività illecita, è stata l’ulteriore elemento che ha convinto i giudici. Tale somma è stata interpretata come un indicatore della redditività e della continuità dell’attività di spaccio.
La Corte ha stabilito che la valutazione congiunta di questi tre elementi ha correttamente portato a ritenere l’attività ‘non occasionale’, impedendo così di qualificare il fatto come di lieve entità.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: la valutazione per l’applicazione dell’ipotesi lieve stupefacenti non è atomistica, ma globale e sintetica. Non basta, ad esempio, che la quantità di droga sia appena sopra la soglia minima se altri elementi, come le modalità organizzate e i profitti accumulati, disegnano un quadro di professionalità criminale. La decisione chiarisce che il ricorso in Cassazione non può limitarsi a ripetere doglianze già respinte, ma deve individuare specifici errori di diritto nella sentenza impugnata. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questo significa che la qualificazione di un fatto di spaccio dipende da un’analisi complessiva di tutti gli indizi disponibili, i quali, letti insieme, raccontano la vera natura dell’attività illecita.
Quali elementi possono escludere l’applicazione dell’ipotesi lieve per reati di droga?
Secondo la sentenza, l’ipotesi lieve può essere esclusa quando la valutazione complessiva di elementi come la quantità significativa di stupefacenti (in questo caso eroina e cocaina), le modalità della condotta e il ritrovamento di una cospicua somma di denaro indicano che l’attività non era occasionale.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto una mera riproposizione delle stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi e validi motivi di diritto contro la decisione impugnata.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6193 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6193 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di NOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui si contesta la mancata riqualificazione della condotta ne ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 è riproduttivo di i censura adeguatamente confutata dalla Corte di appello che ha assegnato rilevanza al dato ponderale significativo della sostanza stupefacente (eroina e cocaina), alle modalità de condotta e del rinvenimento di una significativa somma di denaro, elementi che hanno fatto ritenere l’attività non occasionale;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 08/01/2024.