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Ipotesi lieve: quando non si applica allo spaccio

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso, confermando la decisione di non applicare l’ipotesi lieve a un caso di spaccio di sostanze stupefacenti. La decisione si fonda sulla gravità complessiva della condotta, caratterizzata da un elevato numero di clienti, una costante capacità di approvvigionamento, lo sfruttamento della tossicodipendenza altrui e la cessione di quantitativi apprezzabili di droga protratta nel tempo.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Ipotesi Lieve nello Spaccio: la Cassazione Conferma i Limiti di Applicabilità

L’applicazione dell’ipotesi lieve nei reati legati agli stupefacenti è uno dei temi più dibattuti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta i criteri per escludere tale attenuante, sottolineando l’importanza di una valutazione complessiva della condotta dell’imputato. Vediamo nel dettaglio come i giudici sono giunti a dichiarare inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un soggetto che ha presentato ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello che non aveva riconosciuto la fattispecie di lieve entità per la sua attività di spaccio. Dalla ricostruzione dei fatti era emerso un quadro tutt’altro che marginale: l’imputato gestiva un’attività di cessione di cocaina protratta per diversi anni, servendo un numero elevato di acquirenti. La sua condotta era caratterizzata da una notevole capacità di approvvigionamento, che gli consentiva di disporre costantemente di quantitativi apprezzabili di sostanza stupefacente. Inoltre, è stato accertato che l’imputato sfruttava la condizione di tossicodipendenza di almeno uno degli acquirenti, un elemento che aggrava ulteriormente il quadro accusatorio.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’ipotesi lieve

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso “genericamente proposto” e “manifestamente infondato”. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito nel negare l’applicazione dell’ipotesi lieve. La Corte ha ribadito che la valutazione per il riconoscimento di tale attenuante non può basarsi su un singolo elemento, come la quantità di droga ceduta in una singola occasione, ma deve tenere conto di tutti gli indici sintomatici della gravità del fatto.
Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si allineano a un orientamento giurisprudenziale consolidato, in particolare quello delle Sezioni Unite (sentenza Murolo). I giudici hanno evidenziato che la valutazione della lieve entità del fatto richiede un’analisi globale che consideri:

1. Il numero di assuntori: L’elevato numero di clienti che si rivolgevano al ricorrente è stato un chiaro indice di un’attività non occasionale ma ben radicata.
2. La capacità di approvvigionamento: La disponibilità costante di cocaina in quantità significative dimostra una professionalità e un’organizzazione che sono incompatibili con un fatto di lieve entità.
3. Lo sfruttamento della dipendenza: Approfittare della condizione di tossicodipendenza di un acquirente è un comportamento particolarmente grave che esclude la possibilità di qualificare il fatto come lieve.
4. La durata della condotta: L’attività illecita, protrattasi per più anni, ha confermato la sistematicità e la pericolosità sociale della condotta.

La combinazione di questi elementi ha portato la Corte a concludere che la condotta del ricorrente era del tutto incompatibile con i presupposti dell’ipotesi lieve, giustificando pienamente la decisione dei giudici di merito.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: l’attenuante del fatto di lieve entità non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione rigorosa e complessiva di tutti gli aspetti della condotta illecita. La professionalità nell’attività di spaccio, desumibile da indici come il numero di clienti, la frequenza delle cessioni e la quantità di stupefacente gestita, preclude l’accesso a questo beneficio. La decisione serve come monito sul fatto che un’attività di spaccio strutturata e continuativa, anche se non riguarda quantitativi da narcotraffico internazionale, non può essere considerata di lieve entità.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata un’ipotesi lieve?
Secondo la decisione, un’attività di spaccio non rientra nell’ipotesi lieve quando la valutazione complessiva della condotta rivela una certa gravità, basata su elementi come l’elevato numero di clienti, una costante capacità di approvvigionamento di sostanze, lo sfruttamento della tossicodipendenza degli acquirenti e il carattere pluriennale dell’attività illecita.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto genericamente proposto e manifestamente infondato, in quanto le ragioni addotte non erano in grado di scalfire la correttezza della motivazione della sentenza impugnata, che aveva escluso l’ipotesi lieve sulla base di una valutazione completa e conforme alla giurisprudenza consolidata.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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