Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21092 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21092 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
SENTENZA
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 19 aprile 2023 della Corte di cassazione; ricorso.
RITENUTO IN FATTO
AVV_NOTAIO, nell’interesse del condannato NOME COGNOME, propone ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza n. 24492 del 2023 con la quale la Seconda sezione di questa Corte ha rigettato il ricorso proposto – tra gli altri – dall’imputato avverso
sentenza del 1 dicembre 2021 emessa dalla Corte d’assise di appello di Napoli, che ha condannato il ricorrente alla pena di trent’anni di reclusione per i delitti d omicidio e tentato omicidio commessi in Napoli il 23 dicembre 2016.
Il difensore deduce due motivi di ricorso e, segnatamente, chiede:
1) l’annullamento della sentenza, ai sensi degli art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., in relazione ai delitti contestati ai capi 1), 5), 6), 7) dell’imputazione, in quanto la Corte ha utilizzato ai fini del giudizio di responsabilità i risultati delle intercettazioni di cui ai decreti n. 3835/16 Rit. e n. 4108/16 Rit violazione degli artt. 55, 384 352 e 244 cod. proc. pen., nonc:hé degli artt. 13 e 15 Cost., 8 CEDU, 117 Cost, e ha omesso la motivazione sul punto;
2) l’annullamento della sentenza, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) c) ed e), cod. proc. pen., in quanto sarebbe affetta da nullità assoluta l’attività ispettiva del telefono cellulare in uso ad NOME COGNOME eseguita in data 30 gennaio 2016, e finalizzata all’estrapolazione della scheda telefoniche dei componenti del “gruppo” COGNOME; la violazione degli artt. 348, 356, 370, 364, 244 e 178, comma 1, lett. c), e 179 cod. proc. pen., 144 disp att. cod. proc. pen. e l’inutilizzabilità delle intercettazioni disposte con i decreti mi. 4108/16 Rit., 4133/16 Rit. e n. 4144/16 Rit.
2.1. Il difensore premette che la polizia giudiziaria, in occasione del controllo effettuato nei riguardi di NOME COGNOME e altri soggetti in data 11 novembre 2016, ha acquisito, dalla consultazione informale del telefono cellulare dello stesso, i numeri telefonici poi sottoposti ad intercettazione; tale attività, consisti in una perquisizione o comunque in un’ispezione, non sarebbe stata espletata nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dal codice di procedura penale.
Analogamente, il secondo decreto di intercettazione ha avuto ad oggetto un’utenza riferibile ad NOME COGNOME identificata dalla polizia giudiziaria in maniera del tutto «riservata»; tale attività di indagine è, dunque, stata eseguita con violazione delle norme stabilite in tema di attività ispettiva o di perquisizione, che avrebbero imposto l’adozione di un decreto motivato dal pubblico ministero.
2.2. Il difensore deduce che la Corte di cassazione ha errato nel ritenere applicabili al caso di specie i principi stabiliti dalla sentenza Lanzetta della Corte d cassazione (Sez. 4, n. 3435 del 08/05/2003 (dep. 2004), Lanzetta, Rv. 23006001), in quanto la stessa riguarda la diversa fattispecie dell’apprensione da parte della polizia giudiziaria di un dato apparso sul display del telefono cellulare e non, come nella specie, direttamente carpito dagli investigatori.
Ad avviso del difensore, l’attività compiuta, consistita nell’estrapolazione del numero di utenza cellulare, infatti, non sarebbe meramente statica, ma comporterebbe un’intrusione nella sfera privata ai sensi dell’art. 8 CEDU, che deve
ritenersi ammessa solo subordinatamente all’emissione di un decreto di perquisizione o di ispezione da parte del pubblico ministero.
La Corte di cassazione avrebbe ancora errato, in quanto l’art. 348 cod. proc. pen. non può legittimare un’attività illegale.
L’illegittimità del procedimento acquisitivo delle utenze, inoltre, si comunicherebbe ai successivi decreti autorizzativi delle intercettazioni disposti sull’utenza del COGNOME e utilizzate per affermare la responsabilità di COGNOME.
2.3. Il difensore aggiunge, inoltre, che la Corte di cassazione avrebbe omesso di valutare il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse dell’imputato – volto ad evidenziare che l’attività di polizia giudiziaria sul telefoni dovesse essere considerata al pari di una ispezione ex artt. 348, 358, 370, 244 e 364 cod. proc. pen., in quanto compiuta quando il pubblico ministero ha già assunto la direzione delle indagini.
Secondo quanto statuito dalla sentenza n. 24219 del 2013 della Corte di cassazione (Sez. 1, n. 24219 del 13/03/2013, Romeo, Rv. 255973 – 01), è necessario distinguere tra le attività di polizia giudiziaria compiute prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, e quelle compiute dopo tale momento – con la conseguenza che, riguardo questa seconda fase, le operazioni di individuazione dei dati presenti sul display dei cellulari degli indagati richiederebbe il provvedimento autorizzatorio dell’autorità giudiziaria.
Erroneamente, inoltre, la Seconda sezione avrebbe ritenuto che le questioni difensive in ordine all’inutilizzabilità delle intercettazioni fossero ormai coperte da giudicato cautelare, che invece non copriva la seconda questione, sollevata per la prima volta solo successivamente alla pronuncia della Carte di cassazione sull’impugnazione cautelare.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 18 gennaio 2024, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto i motivi proposti sono manifestamente infondati.
Il ricorrente, con entrambi i motivi proposti, deduce congiuntamente che la Corte di cassazione ha motivato in modo solo apparente sulle censure dedotte in ordine all’utilizzazione delle intercettazioni eseguite su numeri di utenze cellulari carpire nel corso delle indagini.
I motivi proposti sono manifestamente infondati, in quanto i vizi dedotti non sono ascrivibili alla nozione di «errore materiale o di fatto» accolta dall’art. 625-bis, comma 1, cod. proc. pen., ma costituiscono inammissibili censure in diritto alle statuizioni della Corte di cassazione nella sentenza impugnata.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, il ricorso straordinario per errore di fatto è inammissibile quando il preteso errore in cui sarebbe incorsa la Corte di cassazione derivi da una valutazione giuridica relativa a circostanze di fatto correttamente percepite (Sez, 6, n. 28424 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283667 – 01; Sez. 2, n. 53657 del 17/11/2016, COGNOME, Rv. 268981 – 01).
In tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, dunque, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686 – 01; Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, COGNOME, Rv. 221280 01; conf. Sez. 2, n. 41782 del 30/09/2015, Cofano, Rv. 265248 – 01).
3.1. Non vi è, peraltro, alcun difetto di motivazione o motivazione solo apparente, in quanto la Seconda sezione ha motivato su tutte le censure proposte dal ricorrente.
La Seconda sezione della Corte, nella motivazione della sentenza impugnata (alle pagg. 13-17 della sentenza impugnata), ha, infatti, espressamente valutato i diversi profili di inutilizzabilità argomentati dal difensore, pervenendo a convincimento della loro infondatezza.
La Corte di cassazione non ha, inoltre, omesso l’esame del secondo motivo di ricorso, in quanto ha ritenuto irrilevante la distinzione, operata dal ricorrente sulla base di un’opinabile lettura di un precedente (Sez. 1, n. 24219 del 13/03/2013, Romeo, Rv. 255973 – 01), tra attività di esame del cellulare svolta dalla polizia giudiziaria prima o dopo che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini.
La sentenza citata dal ricorrente si limita, peraltro, ad affermare che la rilevazione del numero dell’utenza contattata, conservato nella memoria di un telefono cellulare, non è operazione assimilabile all’acquisizione dei dati di traffico conservati presso il gestore dei servizi telefonici e non istituisce alcuna distinzione (quale quella operata dal ricorrente) tra rilevazioni di dati compiute prima o dopo l’assunzione della direzione delle indagini da parte del pubblico ministero.
Parimenti, la sentenza n. 11581 del 2018, invocata dal ricorrente, rileva che «se anche – per mera ipotesi -fosse già intervenuto il P.M. (dando disposizioni o
delegando attività alla P.G.), è evidente che la rilevazione dei dati contenuti in un telefono portatile è attività che rientra tra gli atti urgenti demandati agli organi d Polizia giudiziaria, ai sensi degli artt. 55 e 348 cod. proc. penale.
La giurisprudenza di legittimità in proposito ha, tuttavia, più volte affermato che l’utilizzazione dei dati segnalati sul display di un apparecchio di telefonia mobile non necessita del decreto di autorizzazione del Giudice per le indagini preliminari, in quanto tali elementi non sono assimilabili al contenuto di conversazioni o comunicazioni telefoniche, la cui utilizzazione è disciplinata dagli artt. 266 e ss. cod. proc. pen.» (pag. 7 della motivazione).
La sentenza impugnata ha, comunque, confutato la censura proposta dal ricorrente, escludendo ogni profilo di inutilizzabilità derivata. La Seconda Sezione ha, infatti, rilevato che: «tuttavia, anche a voler ammettere che il controllo eseguito sui cellulari (…) fu illegittimo (…), da ciò n deriverebbe comunque la conseguenza della illegittimità dei successivi decreti autorizzativi e la inutilizzabilità delle intercettazioni poi disposte, invocata d difensori ricorrenti; al proposito deve essere ricordato come il principio della invalidità derivata ricavato dalla teoria del common law dei frutti dell’albero avvelenato (…) sia estraneo all’ordinamento italiano, come già ripetutamente affermato in diversi interventi sia di questa Corte di Cassazione che del giudice delle leggi chiamato ripetutamente a pronunciarsi sul punto. (…) l’applicazione del sopra esposto principio comporta affermare che non sussistendo un principio AVV_NOTAIO della invalidità derivata, anche a voler ammettere che l’operazione di acquisizione delle utenze contattate dai cellulari in uso a COGNOME e COGNOME da parte della polizia sia avvenuta illegittimamente perché effettuata in violazione dei citati articoli del codice di rito, da ciò non deriverebbe però l’inutilizzabilità de successive attività di captazione degli sms effettuate in forza di autonomi decreti di intercettazione privi di qualsiasi vizio. Così che quelle acquisizioni non potrebbero inficiare l’utilizzabilità delle successive intercettazioni effettuate sul utenze identificate a seguito delle analisi del traffico cellulare e dei contatti present nelle rispettive rubriche». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.2. Gli errori di fatto denunciati dal ricorrente sono, dunque, insussistenti.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.