Interruzione Pubblico Servizio: La Cassazione Conferma la Condanna per Chi si Ostina a Bordo
L’interruzione pubblico servizio è un reato che può essere commesso anche senza una volontà diretta di creare un danno, ma per semplice ostinazione. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, confermando la condanna di un passeggero che, con il suo comportamento, aveva bloccato la corsa di un mezzo pubblico. Analizziamo insieme questa decisione per capire i confini di questa fattispecie di reato.
I Fatti del Caso: un Viaggio Interrotto
Il caso riguarda un uomo salito a bordo di un mezzo pubblico portando con sé una bicicletta e un cane. Alla richiesta del personale di munirsi di un titolo di viaggio anche per l’animale, l’uomo si rifiutava. Non solo, nonostante gli fosse stato fatto presente che la sua permanenza a bordo in quelle condizioni avrebbe causato un’interruzione pubblico servizio, egli persisteva nel suo comportamento, rifiutandosi di scendere. La situazione si è protratta fino all’intervento delle forze dell’ordine, causando di fatto l’interruzione della corsa.
Per questi fatti, l’uomo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 340 del codice penale. Egli decideva quindi di presentare ricorso in Cassazione.
La Decisione della Corte: l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, le censure sollevate dal ricorrente erano mere riproduzioni di argomentazioni già correttamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale relativo all’interruzione pubblico servizio.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si concentra sull’elemento psicologico del reato. Per la configurabilità del delitto di interruzione di un pubblico servizio, non è necessario che l’agente abbia agito con il fine specifico di interrompere o turbare il servizio. È invece sufficiente che abbia la consapevolezza che il proprio comportamento possa provocare tale effetto e che, ciononostante, accetti tale rischio, proseguendo nella sua condotta.
Nel caso specifico, all’imputato era stato esplicitamente comunicato che la sua persistenza a bordo avrebbe determinato l’interruzione del servizio. Nonostante questo avvertimento, egli aveva scelto di ‘perseverare nella insistente presenza a bordo’, dimostrando di aver accettato il rischio che il servizio venisse effettivamente bloccato. Questo atteggiamento mentale, noto come dolo eventuale, è stato ritenuto sufficiente a integrare l’elemento psicologico richiesto dalla norma.
Conclusioni
La decisione della Corte di Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Ci insegna che il rispetto delle regole sui mezzi pubblici non è solo una questione di educazione, ma ha anche rilevanza penale. Ignorare le disposizioni del personale di servizio e ostinarsi in un comportamento non consentito può portare a una condanna per interruzione pubblico servizio. Non ci si può difendere sostenendo di non ‘voler’ interrompere la corsa; la semplice consapevolezza di poter causare il disservizio e la scelta di correre il rischio sono sufficienti per essere ritenuti responsabili. La sentenza ribadisce quindi il principio di responsabilità individuale e il dovere di collaborazione dei cittadini per garantire il regolare svolgimento dei servizi essenziali.
Quando si configura il reato di interruzione di pubblico servizio secondo questa ordinanza?
Il reato si configura quando un soggetto, con il proprio comportamento, causa un’interruzione o un turbamento nella regolarità di un servizio pubblico o di pubblica necessità.
È necessario avere l’intenzione specifica di bloccare il servizio per essere condannati?
No. Secondo la Corte, non è necessaria l’intenzione diretta di interrompere il servizio. È sufficiente la consapevolezza che la propria condotta possa causare tale interruzione e l’accettazione di tale rischio, proseguendo nel comportamento.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente in questo caso?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso e lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6140 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6140 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BIELLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso, in relazione a condanna per il reato di cui all’art. 340 cod. pen. è inammissibile perché svolto in fatto e riproduttivo di censure già adeguatamente vagliate e disattese, con corretti argomenti giuridici, dalla Corte di appello sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato ad integrare il quale è sufficiente che il soggetto attivo sia consapevole che il proprio comportamento possa determinare l’interruzione o il turbamento del pubblico ufficio o servizio, accettando ed assumendone il relativo rischio: all’imputato fu rappresentato che non scendendo dal mezzo pubblico su quale si trovava e persistendo nella sua richiesta illegittima (avendo caricato a seguito una bicicletta e pretendendo di non munirsi di titolo di viaggio per il cane), avrebbe determinato la interruzione del servizio ma, cionondimeno, l’imputato aveva perseverato nella insistente presenza a bordo del mezzo fino all’arrivo delle forze dell’ordine;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 8 gennaio 2024
Il Consigliere relatore
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