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Interruzione di pubblico servizio: basta il dolo eventuale

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per interruzione di pubblico servizio a un individuo che, in stato di ebbrezza su un autobus, ha minacciato i passeggeri, costringendo l’autista a fermarsi. La Corte ha stabilito che per questo reato è sufficiente il dolo eventuale, ovvero la consapevolezza che la propria condotta possa causare l’interruzione, accettandone il rischio.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Interruzione di Pubblico Servizio: Quando Accettare il Rischio Diventa Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 35226/2025) offre un importante chiarimento sul reato di interruzione di pubblico servizio, previsto dall’art. 340 del codice penale. Il caso analizzato riguarda una condotta aggressiva su un autobus che ha portato al blocco del mezzo, sollevando la questione sulla natura dell’intento necessario per configurare il delitto. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: non è richiesta la volontà diretta di interrompere il servizio, essendo sufficiente la consapevole accettazione del rischio che ciò accada.

I Fatti: Aggressione su un Autobus e Servizio Bloccato

La vicenda ha origine da un episodio avvenuto su un autobus di linea a Bologna. Un passeggero, in evidente stato di ebbrezza, ha iniziato a ingiuriare, sputare e minacciare gli altri viaggiatori, arrivando a brandire il martelletto rompivetro in dotazione al veicolo. Di fronte a tale condotta aggressiva, l’autista è stato costretto a fermare la marcia per tutelare l’incolumità dei presenti.

L’interruzione del servizio si è protratta per circa trenta minuti, aggravata dall’intervento della Polizia Municipale, chiamata per identificare e fermare l’individuo. La resistenza opposta da quest’ultimo agli agenti ha ulteriormente prolungato il blocco del mezzo pubblico, causando un significativo ritardo.

La Difesa dell’Imputato

Nei gradi di giudizio precedenti, l’uomo era stato condannato sia per resistenza a pubblico ufficiale che per interruzione di pubblico servizio. Nel suo ricorso in Cassazione, la difesa ha sostenuto l’assenza dell’elemento psicologico (il dolo) per quest’ultimo reato. Secondo la tesi difensiva, l’intenzione dell’imputato era unicamente quella di fuggire, non di interrompere il servizio di trasporto. L’effettivo prolungamento del disservizio, a suo dire, sarebbe stato causato solo dai controlli degli agenti intervenuti e non dalla sua volontà diretta.

La Decisione della Cassazione sull’Interruzione di Pubblico Servizio

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, giudicandolo infondato. I giudici hanno chiarito che la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di Appello era completa e coerente. L’interruzione del trasporto pubblico era dipesa inequivocabilmente dalla condotta dell’imputato, sia nella fase iniziale di aggressione ai passeggeri, sia nella fase successiva di resistenza agli agenti.

Le Motivazioni: la Sufficienza del Dolo Eventuale

Il punto centrale della sentenza risiede nella disamina dell’elemento psicologico del reato. La Suprema Corte, richiamando un proprio precedente orientamento (sentenza n. 39219/2013), ha affermato che per la configurabilità del delitto di cui all’art. 340 c.p. non è necessario il dolo intenzionale, ovvero che l’agente agisca con il fine specifico di interrompere o turbare il servizio.

È invece sufficiente il cosiddetto dolo eventuale. Questo significa che il reato si configura quando l’agente, pur non volendo direttamente l’evento, è consapevole che la propria condotta potrebbe cagionarlo e ne accetta il rischio. Nel caso specifico, l’imputato, nonostante lo stato di ebbrezza, aveva la perfetta contezza che le sue azioni aggressive e la successiva resistenza avrebbero inevitabilmente determinato il blocco del mezzo. Accettando questo rischio, ha integrato l’elemento psicologico richiesto dalla norma.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione in esame consolida un principio di notevole importanza pratica. Stabilisce che chiunque ponga in essere condotte illecite all’interno di un contesto di pubblico servizio (come un mezzo di trasporto, un ufficio pubblico, un ospedale) risponde dell’interruzione che ne deriva, anche se questo non era il suo obiettivo primario. La legge non richiede una volontà mirata, ma punisce anche chi, con il proprio comportamento, si rappresenta la possibilità di un disservizio e, ciononostante, prosegue nella sua azione. Questa interpretazione estende la tutela penale a un’ampia gamma di comportamenti che, pur non essendo direttamente volti a sabotare il servizio, ne compromettono di fatto la regolarità e la fruibilità da parte della collettività.

Per commettere il reato di interruzione di pubblico servizio è necessario voler intenzionalmente bloccare il servizio?
No, secondo la sentenza non è richiesta l’intenzione diretta di provocare l’interruzione. È sufficiente il dolo eventuale, ovvero la consapevolezza che la propria condotta possa causare tale risultato e l’accettazione di questo rischio.

Una condotta aggressiva verso i passeggeri di un autobus può integrare il reato di interruzione di pubblico servizio?
Sì. Se tale condotta costringe il conducente a interrompere la marcia per tutelare i passeggeri, si determina un’interruzione del servizio pubblico che, sulla base dei principi espressi dalla Corte, è penalmente rilevante a carico di chi l’ha causata.

Lo stato di ebbrezza può escludere la colpevolezza per questo reato?
No, la sentenza chiarisce che lo stato di ebbrezza non esclude la consapevolezza dell’imputato riguardo alle conseguenze delle proprie azioni. L’agente era perfettamente conscio che il suo comportamento avrebbe determinato il blocco del mezzo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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